venerdì, Novembre 14, 2025
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Sigilli ad impianto di trattamento rifiuti nel casertano, probabile inquinamento e smaltimento nel Rio Lanzi: indagato titolare

Sigilli ad un impianto di smaltimento rifiuti non pericolosi e trattamento fanghi nel Casertano, a Sparanise nella zona Asi (via SS Appia km 188).

Ad eseguire il sequestro di convalida del sequestro di urgenza, emesso dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, sono stati i militari appartenenti al Nucleo carabinieri Forestale di Calvi Risorta e personale del Comando della polizia locale di Sparanise.

Il gip sammaritano ha infatti ritenuto sussistenti – sebbene nella fase embrionale delle indagini preliminari – i reati di inquinamento ambientale e di smaltimento illecito di reflui confermando la tesi accusatoria avanzata dalla procura guidata da Pierpaolo Bruni.

Le attività investigative coordinate dalla procura e svolte dai carabinieri Forestale di Calvi Risorta unitamente al Comando della polizia locale di Sparanise, con l’ausilio dei tecnici del Dipartimento Arpac di Caserta, hanno evidenziato che il complesso aziendale operava nel rispetto solo formale degli adempimenti prescritti dall’Aia, e che la negligenza gestionale del suo titolare determinava un danno ambientale.

Le indagini hanno avuto inizio a seguito di numerose segnalazioni effettuate dai cittadini del Comune di Sparanise, allarmati da miasmi provenienti dalle acque del Rio Lanzi nonché da un evidente peggioramento delle acque dello stesso Rio Lanzi, nel tratto della SS7 che incrocia il predetto canale; tali segnalazioni si sono protratte nel tempo, dall’anno 2023 fino alla metà dell’anno 2024, fino ad indurre la polizia giudiziaria ad effettuare dei sopralluoghi sul campo, grazie ai quali si verificava empiricamente l’effettiva compromissione delle acque del Rio Lanzi, di colore scuro e maleodoranti in modo anomalo.

L’attività investigativa consentiva di mappare la vasta rete di collettamento fognario Asi confluente nel Rio Lanzi individuando i tratti fognari effettivamente utilizzati da ciascuna attività imprenditoriale ubicata nell’area industriale e risalendo, anche attraverso molteplici campionamenti, a quelli attraversati dai reflui inquinanti. Tale attività permetteva di individuare l’effettiva responsabilità degli illeciti in capo allo stabilimento della società in questione operante nel trattamento dei rifiuti liquidi, sito a circa 800 metri in linea d’aria dal punto di scarico nel Rio Lanzi.

Si procedeva allora ad ispezione disposta con decreto della procura sammaritana dell’impianto effettuando anche prelievi sugli scarichi e da pozzetti della ditta, poi analizzati dall’Arpac; dal confronto tra i risultati delle analisi sui campionamenti con i risultati delle analisi effettuate sui prelievi fatti nelle acque del Rio Lanzi, sui sedimenti del terreno del Rio e sugli la scarichi, si ricavava – sebbene nella fase embrionale delle indagini preliminari compatibilità tra i primi e i secondi.

Si accertava allora che la società in maniera abusiva, ed in spregio alle prescrizioni contenute nell’Aia sul contenimento dei livelli di concentrazione di azoto ammoniacale in caso di superamento dei limiti di emissione contenuti nei reflui, determinava l’inquinamento dei reflui presenti nel pozzetto di ispezione e delle acque reflue scaricate dalla ditta e di conseguenza immettendo regolarmente questi reflui derivanti dall’attività di smaltimento rifiuti nel punto di immissione finale della rete di scarichi consortile Asi, situato in contrada Lanzi, cagionando una compromissione ed un deterioramento significativo e misurabile delle acque del Rio Lanzi (corpo idrico superficiale ricettore) che presentavano valori ampiamente oltre limite di legge di colore, solidi sospesi, BODS, COD, azoto nitroso, azoto ammoniacale, alluminio, fosforo e ferro nonché del terreno di sedimento immediatamente a valle dello scarico finale e per successivi due chilometri del corso d’acqua, adiacente ai terreni agricoli, che veniva pregiudicato dalla presenza delle predette sostanze inquinanti.

La ditta, inoltre, smaltiva illecitamente tonnellate di rifiuti, non essendovi traccia del loro regolare smaltimento e per la totale approssimazione e incongruenza nella registrazione contabile degli stoccaggi.

Il titolare della società veniva indagato, dunque, per i reati di cui agli articoli 452 bis c.p. e 256 del D.Lgs. 152/2006. Per impedire il protrarsi delle condotte illecite, nei confronti del gestore della società veniva disposto il sequestro preventivo d’urgenza dell’intero impianto.

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