L’assessore Palmeri: “Ho scelto il CPI di Napoli- Scampia per far emergere la capacità di fare orientamento anche in un territori complessi”
Oggi, 17 febbraio 2017 presenza dei funzionari dell’OCSE e della Commissione Europea al Centro per l’Impiego di Scampia, nel corso della visita italiana per il Progetto “Faces of Joblessness“, in corso di realizzazione da parte dell’OCSE.
Il progetto europeo si propone di far luce sulle barriere che gli individui devono affrontare per trovare posti di lavoro di buona qualità. L’obiettivo principale è quello di fornire assistenza ai policymakers nel progettare, adattare e indirizzare politiche di attivazione e di sostegno all’occupazione.
Lo scopo della valutazione di policy e di dialogo con i paesi europei partecipanti al progetto è quello di illustrare i possibili usi di “Faces of Joblessness”.
Il confronto con gli ospiti e ricercatori stranieri è stato franco e diretto: “Vogliono conoscere i freni all’occupazione? Gli abbiamo raccontato ogni minimo dettaglio, dalla desertificazione produttiva alla mole di legislazione sul lavoro che confonde gli operatori-afferma l’Assessore al Lavoro Sonia Palmeri –Gli abbiamo mostrato anche le nostre misure e ciò che stiamo facendo per ogni singola fascia. Registriamo dati ancora affannati nell’occupazione femminile, ma nuove misure al vaglio potranno essere d’aiuto.
Ho scelto il CPI di Napoli- Scampia–sottolinea l’assessore– per far comprendere come si possa fare orientamento e incrocio tra domanda ed offerta di lavoro anche in un territorio complicato come questo.
Ho preferito che portassero con se’ l’idea di una Regione con grandi difficoltà ma con un enorme desiderio di riscatto e affermazione!” –conclude l’Assessore.
Continua l’impegno della Regione Campania nell’innovazione e pianificazione strategica dei servizi per l’orientamento e l’impiego. Un lavoro complesso ma fattibile e che sta già dando ottimi risultati.

Comicità, dramma, canzoni inedite portano lo spettatore ad immergersi in una storia comica che via, via diventa tragica. Il ritmo frenetico con gli attori che ogni tanto si estraneano per raccontare il proprio “io” perché fino alla fine, in questo testo, ognuno è sempre alla ricerca di se stesso, per conoscersi realmente. Su telo bianco vengono proiettate immagini, il mondo ci arriva attraverso le proiezioni che invadono le pareti, facendo si che lo spettatore venga catapultato in un mondo fatto di realtà e finzione, ma che ogni cosa equivale al vero. Il ritmo della messinscena, i tempi, la recitazione si fondono con una direzione quasi cinematografica.
È lei a raccontare la felicità prima della guerra, la guerra stessa, la carestia, la soluzione trovata dagli uomini per sopravvivere. La quotidianità, lentamente, si riduce al mangiare o essere mangiati e non c’è tempo per i sentimenti. Tranne, forse, quelli per il fratello, unico legame con il suo passato da “essere umano”. La scelta di utilizzare la lingua napoletana nasce dal suo essere, per Gretel, lingua madre, più viscerale dell’italiano imparato a scuola e, quindi, più naturale. Da una bocca ormai abituata a masticare carne cruda i suoni nascono ancora più sporchi, quasi animali. “Carne” è una favola di quelle che fanno paura, che lasciano un brivido, e proprio per questo fanno venire voglia di vedere come andrà a finire.
