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OMS sul coronavirus avverte: «La pandemia è lontana dalla fine»

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Secondo l’OMS la pandemia è tutt’altro che finita, bisogna rimanere vigili. «La seconda ondata è nelle nostre mani», avverte l’Organizzazione.

Ieri 27 aprile le prime riaperture in Campania, dopo un lungo periodo di quarantena serrata. Dopo nemmeno 24 ore, però, già le prime polemiche. Troppe persone in giro, in alcuni casi senza mascherina e senza mantenere le distanze di sicurezza.  Un comportamento irresponsabile, secondo il governatore della regione Campania, che scrive: «È evidente a tutti che se non c’è da parte di ogni singolo cittadino senso di responsabilità, si rischia di prolungare all’infinito l’emergenza e la sofferenza di tutti, soprattutto dei bambini». Ma ad appellarsi all’azione pronta e consapevole dei governi e al senso di responsabilità dei cittadini è anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

«La pandemia è tutt’altro che finita»

«Man mano che le chiusure in Europa si attenuano con il calo del numero di nuovi casi di Covid-19, continuiamo a sollecitare i Paesi a trovare, isolare, testare e trattare tutti i casi e tracciare ogni contatto, per garantire che queste tendenze in calo continuino» – dichiara il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante il briefing sul coronavirus a Ginevra. «Ma voglio ricordare e ripetere che la pandemia è lontana dalla fine», avvisa il direttore generale.

In particolare, l’OMS continua ad essere preoccupata per la situazione in Africa, nei Paesi dell’Europa orientale e dell’America Latina, e in alcuni Paesi asiatici, dove i trend dei contagi sono in salita. «Come in tutte le regioni – specifica il direttore generale – i casi e i decessi sono sottostimati nei paesi di queste regioni a causa della bassa capacità di test».

L’invito alla prudenza dell’OMS

«Se allentiamo le misure troppo presto, il virus riemergerà. E non sappiamo quanto velocemente», ha avvertito Michael J. Ryan, direttore esecutivo del programma Emergenze Sanitarie dell’OMS, in riferimento all’allentamento delle misure e al pericolo di una risalita dei contagi. «Ogni governo deve considerare nel proprio contesto l’impatto positivo di alcune aperture a livello economico, ma anche l’impatto negativo del potenziale riemergere del virus».

«Nulla è certo in questo momento» – ha continuato Ryan – Perciò stiamo osservando da vicino ogni Paese per capire quale sia la lezione da imparare. E ci assicureremo che queste lezioni vengano condivise. Paesi diversi fanno cose anche molto diverse fra loro in questo momento». Secondo il direttore esecutivo, questa diversità di approcci rappresenterebbe una possibilità di apprendimento e di scambio di conoscenze.

Non ci sono specifiche prescrizioni da parte dell’OMS sulle azioni da intraprendere, anche se alcuni comportamenti, come assembramenti, restano chiaramente da evitare per limitare il contagio. Tuttavia, come chiarisce Ryan, ci si aspetta dai Paesi un approccio misurato e graduale, una sorta di patto sociale con i propri cittadini su distanziamento sociale, igiene personale, e partecipazione alla vita di comunità, e un significativo rafforzamento degli investimenti sul sistema sanitario.

Il ruolo degli Stati e l’appello all’unità

«Il ruolo della politica è fondamentale, soprattutto quello dei parlamenti» – dichiara il direttore generale dell’OMS. Ghebreyesus, poi, sottolinea come l’ultima decisione sia affidata ai singoli Stati che, quindi, sono responsabili delle proprie scelte e azioni. «L’OMS continuerà a dare consigli basandosi sulla scienza e sull’evidenza, ma sta a ogni Paese accettarli o rifiutarli».

Contro questa pandemia sono necessarie unità e solidarietà, altrimenti il virus «continuerà a creare caos», spiega il direttore Ghebreyesus nel suo appello. «Possiamo sconfiggere questo virus solo attraverso l’unità a livello nazionale e attraverso solidarietà genuina a livello globale».

Una seconda ondata?

«La seconda ondata è nelle nostre mani. Se agiremo bene potremo evitarla. Ma nel farlo sono necessari interventi non solo nazionali, ma anche regionali e globali» evidenzia il direttore generale dell’OMS. «La seconda ondata dipende da noi», aggiunge Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico dell’OMS per il coronavirus, sottolineando l’importanza dei test sierologici nel tracciamento del virus.

«Stiamo imparando ogni giorno qualcosa su questo virus – spiega Van Kerkhove – ma una cosa molto importante sono i primi dati che ci vengono dagli studi siero-epidemiologici condotti in alcuni Paesi, che segnalano come una larga fetta della popolazione sia ancora suscettibile al virus. Ci sono ancora molte persone che possono essere infettate».

È fondamentale, dunque, comprendere che mentre si intensificano o si allentano le misure per il lockdown, «è importante rimanere vigili per identificare quanto prima i nuovi casi», avvisa Kerkhove.

Pericolo vaccini

Un altro problema evidenziato da Ghebreyesus riguarda una fascia fragile di popolazione, ovvero i bambini. Si tratta, in particolare, delle conseguenze del Covid-19 sui vaccini. «Quando la copertura vaccinale diminuisce – spiega il direttore generale dell’OMS – altre epidemie sono in agguato con possibili focolai di malattie potenzialmente letali come morbillo e poliomielite».

«Ogni anno vengono vaccinati oltre 116 milioni di neonati, pari all’86% di tutti i bambini nati nel mondo. Ma ci sono ancora più di 13 milioni di bambini in tutto il mondo che non vengono immunizzati», ha ammonito il direttore generale. Questa situazione è destinata, purtroppo, a peggiorare a causa del Covid-19 e alla disinformazione.

«Sappiamo che quel numero aumenterà a causa di Covid-19 –sottolinea Ghebreyesus – Anche quando i servizi sono in funzione, alcuni genitori e operatori sanitari evitano di vaccinare i piccoli a causa delle preoccupazioni su Covid-19. Miti e disinformazione sui vaccini stanno aggiungendo fuoco al fuoco, mettendo a rischio le persone vulnerabili».

In Italia si prepara la Fase 2

Intanto, in Italia dal 4 maggio partirà la Fase 2 dell’emergenza, come anticipato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza di domenica 26 aprile. Prudenza e cautela restano prioritarie da parte di tutti per evitare di vanificare gli sforzi di questi mesi. E per scongiurare l’incubo del ritorno alla Fase 1.

 

Qui lo streaming sul canale YouTube della conferenza dell’OMS, disponibile in lingua inglese.

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De Magistris sulla Fase 2: “Non rendere vano il lavoro fatto, non abbiamo ancora vinto”

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Il sindaco di Napoli De Magistris ha ribadito, in vista della cosiddetta Fase 2, che “il virus è stato indebolito ma non ancora sconfitto. Non abbiamo ancora vinto la guerra alla pandemia” e che “ciò non significa affatto ritorno alla vita di prima”.

Il sindaco De Magistris dice la sua in vista della graduale riapertura prevista dalla tanto discussa Fase 2 che allenterà leggermente il lockdown.

Il primo cittadino affida dunque ad un post, apparso stamattina (28 Marzo 2020) sul suo profilo Facebook, le sue considerazioni sul nuovo lockdown “soft”.

Sono due mesi che noi napoletani, come la maggior parte degli italiani, stiamo facendo sacrifici, mai immaginabili prima, per salvare la salute nostra, delle persone care e del prossimo. I nostri sacrifici e la nostra responsabilità, maturità e il rispetto delle prescrizioni di cautela, sono stati determinanti per arginare l’avanzata del terribile virus. Purtroppo il virus è stato indebolito ma non ancora sconfitto. Non abbiamo ancora vinto la guerra alla pandemia. Grazie ai nostri comportamenti pazienti e virtuosi si avvicina la cosiddetta fase 2. Badate bene, ciò non significa affatto ritorno alla vita di prima. Ci vuole, purtroppo, ancora tempo per ritornare ad abbracciarci tutti, a vivere quel senso di mescolanza che tanto ci manca.

Il post continua:

Da lunedì 4 maggio si può ricominciare a respirare, ad intravedere la luce fuori dal tunnel dell’incubo. È fondamentale non rendere vano l’immenso lavoro che abbiamo fatto fino ad ora. Lo dobbiamo soprattutto ai medici, agli infermieri, al personale sanitario tutto, ai pazienti, alla memoria dei morti […]  Violare le prescrizioni sanitarie, uscire come se nulla fosse, non rispettare la distanza di sicurezza, non indossare la mascherina quando necessario, significa buttare a mare, come diciamo noi, tutto quello che di straordinariamente decisivo è stato fatto sinora. La nostra città ha dato un grande esempio di maturità fino ad ora, ma ci vuole ancora pazienza, forza e coraggio per vincere prima la guerra e rivivere al più presto il gusto semplice e gioioso della libertà.

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Al via la collaborazione tra il Pascale e un ospedale francese per la sperimentazione del Tocilizumab

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I risultati della cura Ascierto sono sotto gli occhi del mondo. Il direttore della medicina interna dell’Ospedale di Foch a Suresnes, città sita vicino Parigi, ha scritto una lettera ad Attilio Bianci, direttore Generale del Pascale, per avviare una collaborazione tra i due istituti.

Da più di un mese anche in Francia stanno sperimentando la cura con il Tocilizumab e i risultati sono stati fin da subito molto promettenti. Adesso ha preso vita la collaborazione scientifica tra i due istituti.

Felix Ackerman, medico dell’istituto Francese, ha fatto sapere al direttore del Pascale di essere pronti per una cooperazione per massimizzare l’atteggiamento terapeutico.

La risposta di Attilio Bianchi non si è fatta attendere: “Questa è una guerra planetaria, non si vince con le opzioni localistiche. 1+1=3 vuol dire proprio questo”.

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Brusciano, pusher minaccia la polizia con una siringa

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Scena pulp a Brusciano, dove durante un blitz nel rione “219”, provocato da atteggiamenti sospetti, è nata un’estenuante e pericolosa colluttazione.

I militari stavano operando secondo le direttive del comando provinciale di Napoli, intinti in una manovra antidroga presso i caseggiati dell’area circostante al rione. Dopo aver controllato la zona, però, un uomo sulla cinquantina ha manifestato un comportamento sospetto, catturando l’attenzione degli agenti. Nella fuga l’uomo ha lanciato via un borsello, per poi allontanarsi, seguito dalle forze dell’ordine. Il frenetico inseguimento si è concluso sul tetto di un edificio popolare, dove il pusher, già noto alla polizia per precedenti crimini, ha tentato di opporre resistenza all’arresto. Il 52enne aveva con sè una siringa, con cui ha provato a minacciare gli agenti. Messo alle strette, però, ha rivolto l’arma improvvisata su di sè e ha iniettato il contenuto della siringa nel braccio.

L’arresto

L’uomo è stato arrestato per detenzione di droga a fini di spaccio e resistenza a pubblico ufficiale. Nella borsa lasciata in preda al panico, i soldati hanno trovato 27 dosi di droga già pronte per lo smercio: 22 grammi di hashish e 17 grammi di marijuana, oltre a 130 euro in contante ritenuto provento illecito.  Attualmente il pusher è costretto ai domiciliari, in attesa di giudizio.

Napoli, delivery bloccato per alcune attività, come Puok e Tortora: facciamo chiarezza

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Napoli: la poca chiarezza dell’ordinanza 39 della regione Campania ha creato un po’ di caos ieri sera per la parziale riapertura delle attività di ristoro. Facciamo chiarezza.

Napoli, 27 aprile ore 19: pub, pizzerie, ristoranti tutti pronti a riaprire per il delivery. Qualcosa però va storto. Alcune attività, ovvero quelle considerate rosticcerie e che quindi non hanno posti a sedere al loro interno, a quanto pare non sono incluse nell’ordinanza. O meglio sono incluse nel punto 3.1: le attività di questo genere infatti potrebbero rimanere aperte solo fino alle 14. Tale blocco, ieri sera, ha fermato le consegne dei locali di via Cilea come Puok e Fermopizza o di Mario Tortora, a viale Michelangelo (Napoli, quartiere Vomero).

Egidio Cerrone, meglio conosciuto come Puok, sul profilo instagram della sua attività (Puokburger) ha subito reso nota la situazione a tutti i suoi followers, già con l’acquolina alla bocca in attesa dei suoi panini. Dopo aver sanificato il locale e preso tutte le dovute precauzioni per effettuare le consegne a domicilio, il proprietario di Puok si mostra visibilmente dispiacuto:

«Abbiamo fatto tutto, abbiamo chiamato alcuni ragazzi dalla cassa integrazione, i rider di Uber erano pronti. Neanche un’ora prima della riapertura, i vigili ci fermano perché, a quanto pare, avrebbero potuto riaprire solo pizzerie e ristoranti con i tavoli. (…) Noi siamo nati per il delivery, per fare cibo da asporto. Come è possibile?»

Agli stessi vigili pare che la risposta non sia chiara. Egidio allora si è mosso per fare chiarezza sulla situazione, evitando di rispondere a troppe domande perchè, come ha lui stesso dichiarato, “in questo momento non c’è da fare uno show, ma è necessario risolvere il problema“.

Con l’aiuto del deputato Andrea Caso, del giornalista Lorenzo Crea e dell’assessore Alessandra Clemente, è stato lo stesso proprietario di Puok a dare maggiori informazioni anche a tutti i napoletani che volessero usufruire delle consegne a domicilio. Ognuno infatti si chiederebbe: “da quali attività posso ordinare il cibo? Da quali invece no?”. Facciamo chiarezza.

A quanto pare c’è stato un errore materiale nella stesura della seconda ordinanza di questa settimana. Il Comune di Napoli sembra infatti che ora abbia garantito che attività come Puok, Fermopizza e Tortora possano effettuare il delivery di sera.

Sorgono però altre domande: possono fare consegne solo la sera oppure anche per ora di pranzo?

In attesa di ulteriori chiarimenti, ogni locale a quanto pare può scegliere come agire. Alcuni attenderanno ulteriori chiarimenti prima di riaprire, altri aspetteranno il 4 maggio, altri ancora partiranno finalmente con le consegne già da stasera.

 

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La commovente lettera della figlia di un collega di Pasquale Apicella: “Tremo per notti intere”

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La notizia della morte di Pasquale Apicella, il poliziotto rimasto ucciso ieri notte nel tentativo di sventare un furto in banca a Napoli, ha lasciato nello sconforti tutti.

Fa commuovere e riflettere la lettera che la figlia 16enne di un collega di Pasquale Apicella, anche lui poliziotto al commissariato di Secondigliano, ha scritto per condividere il suo dolore ma anche le sue paure.

Scusami. Scusatemi tutti, resterei in silenzio se solo l’ansia non mi divorasse e le mani non mi tremassero. È così da 16 anni ormai, ma oggi tutti i brutti pensieri che mi tormentavano quando ero piccola, sono diventati realtà“, inizia così il suo sfogo così come riportato dal sito Adnkronos.

“Poche persone in questo momento si sentono come mi sento io, c’è chi è mortificato, chi non fa altro che piangere, c’è chi ha già dimenticato tutto e chi non li dimenticherà mai. Io tremo, come ogni volta che squilla il telefono di casa quando papà è a lavoro, tremo quando non torna in orario, quando parte in anticipo. Tremo per notti intere quando ha il turno serale, e per lunghe mattinate date dalle notti insonni. Voi non lo sapete cosa significhi aspettare due minuti al telefono perché dall’altra parte nessuno risponde, magari era in bagno o a prendere un caffè, ma i figli delle forze dell’ordine non pensano mai a queste cose. Io sono cresciuta così”.

“Mio padre era presente a tutti i compleanni, è sempre riuscito a dividere lavoro e famiglia, ma io avrei voluto che a lavoro non ci tornasse mai – continua – I miei amici lo guardavano sempre pietrificati quando veniva a prendermi a scuola in divisa, era l’eroe delle fiabe che tutti ammiravano, per me invece era un po’ come la nonna di Cappuccetto Rosso, per quanto cercasse di salvare la nipotina, il lupo ebbe la meglio su di lei. È sempre toccato a me difendere il suo mestiere davanti a quei quattro cretini che mi urlavano: ‘Stai zitta tuo padre fa lo sbirro’, Se quella notte avevano dormito tranquilli nel loro letto, era grazie agli sbirri. Se i loro genitori avevano ritrovato il portafoglio rubato, era grazie agli sbirri. Se non erano morti per droga o alcol, o se la zia spaventata era tornata a casa sana e salva, era solo grazie agli sbirri”.

“Scusatemi se ancora parlo – scrive ancora la ragazza – ma se smettessi probabilmente non ricorderei nemmeno il mio nome. Stanotte è morto un poliziotto, è morto un uomo che lavorava insieme a mio padre. Io non lo conoscevo, non avevo mai sentito parlare di lui. So che aveva 37 anni, che aveva deciso di tornare a Napoli per la sua famiglia, che fino a poco tempo fa lavorava al centralino. So che sua madre non era molto felice quando ha saputo che voleva fare il poliziotto, e che la moglie stanotte non riusciva a dormire. So che il bambino di tre mesi non ricorderà nulla del padre, e quello di sei anni non riuscirà mai a dimenticare i suoi abbracci”.

Continua la 16enne: “So che si chiamava Pasquale, e che ha dato la sua vita al lavoro per un misero stipendio a fine mese. Non voglio parlare di soldi, per noi i soldi sono solo una presa in giro. Nessuno vuole diventare poliziotto, carabiniere, finanziere o vigile del fuoco per denaro o fama, ma tutti da giovani desideravano cambiare il mondo, senza rendersi conto che sarebbe stato il mondo a cambiare loro. Scusami se ancora parlo, ma stanotte Pasquale è morto. I suoi colleghi non trovano le parole adatte e tu nemmeno ti ricordi come si fa a parlare, forse in questa storia sono l’unica che abbia veramente il diritto di dire qualcosa”.

“In quella macchina – conclude poteva esserci mio padre, sarebbe sceso ieri sera alle 20,30 e non sarebbe più tornato, io avrei sentito giornalisti, medici, testimoni parlare di lui, ma nessuno sapeva cosa stessi passando io, non so cosa tu stia passando, ma per tutte le volte che ho immaginato succedesse a me, quasi riesco a sentire il tuo dolore. Non è giusto, perché io ho 16 anni e ho ancora la speranza di credere al lieto fine, perché ho 16 anni ed ho ancora l’ingenuità di credere in questo paese. Sono arrabbiata, ma non so con chi esserlo, quasi odio mio padre. Voglio urlare, ma nessuno capirebbe le mie grida. Non so se riuscirò mai a stare tranquilla quando papà non è a casa, Secondigliano mi mette più paura della Siria, forse perché questa sarà per sempre la mia guerra, stanotte Pasquale l’ha persa. Mi ha ricordato di quanto sia importante abbracciare mio padre prima di scendere, guardarlo per avere sempre i suoi occhi dentro i miei. Sono mortificata, non smetto di piangere, l’ho già dimenticato o non lo dimenticherò mai? Scusami,scusatemi tutti”.

 

A chiedere scusa non dovrebbe essere lei ma i criminali che hanno distrutto la famiglia di Pasquale Apicella privando i suoi figli della sua protezione e di una delle parole più belle al mondo: “papà”.

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L’ira di De Luca: “O c’è responsabilità o si torna tutti a casa”

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Riferendosi probabilmente alle immagini del lungomare di Napoli invaso da runners, e non solo, il governatore De Luca ha lanciato un nuovo appello ai cittadini. Un appello, che ne suoi ormai soliti toni, richiama alla responsabilità collettiva:

 

???? COVID-19, APPELLO AI CITTADINI:
O C’È RESPONSABILITÀ O SI TORNA TUTTI A CASA
Oggi, lunedì 27 aprile, dopo molte settimane si è consentita la mobilità in due fasce orarie, dalle 6,30 alle 8,30 e dalle 19 alle 22. È stata una misura presa per dare respiro soprattutto alle famiglie con bambini.
Abbiamo verificato per strada un eccesso di persone senza mascherine, senza distanziamento sociale, con assembramenti pericolosi. È indispensabile ribadire che l’ordinanza vigente rende obbligatorio:
1️⃣ uso delle mascherine;
2️⃣ distanziamento sociale;
3️⃣ mobilità solo nelle vicinanze della propria abitazione.
Non è assolutamente consentita una mobilità senza limiti, non protetta, disordinata.
Le Forze dell’Ordine, le Polizie Municipali, sono invitate a garantire il rispetto rigoroso dell’ordinanza.
Il diffondersi di comportamenti irresponsabili, produrrebbe una ripresa forte del contagio e renderebbe inevitabile il ripristino immediato del divieto di mobilità.
È evidente a tutti che se non c’è da parte di ogni singolo cittadino senso di responsabilità, si rischia di prolungare all’infinito l’emergenza e la sofferenza di tutti, soprattutto dei bambini.

Oltre 200 i sindaci NO – 5G in Italia: ecco quanto ci costerà la paura

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Cresce il numero dei Sindaci dichiaratamente contro la tecnologia 5G: tra bufale più volte smentite, innovazioni tecnologiche e danni economici, ecco la fotografia della paradossale situazione italiana.

L’Italia, l’Europa e il 5G

Sebbene la tecnologia del 5G – cioè della quinta generazione di rete – in potenza potrebbe portare ad una vera e propria rivoluzione non è stata salutata entusiasticamente dalla popolazione Europea ed Italiana.

Non è bastato infatti smentire notizie riguardanti la pericolosità del 5G e nemmeno la promessa che con questa nuova rete si sarebbe potuti arrivare a collegare migliaia e migliaia di dispositivi senza per dissipare le paure, spesso irrazionali e basate su Fake News o dati incompleti, che spingono alcuni a boicottare il progresso tecnologico.

In Italia sono oltre 200 i sindaci apertamente contro la rete 5G che a suon di ordinanze cercano di non permettere l’installazione delle nuove antenne. A costituire la maggioranza dei comuni che contrastano questa innovazione sono, come sottolinea l’AssTel, proprio quei piccoli centri che avrebbero maggior bisogno di migliorare i propri servizi di rete.

Non è solo l’Italia ad essere parzialmente ostile all’installazione delle nuove antenne; in Gran Bretagna le ostilità sono forse ancora più veementi di quelle manifestate nel Bel Paese. L’ostilità, montata nei cittadini UK soprattutto per via di notizie false è stata così violenta da spingere alcune importanti testate internazionali, come il New York Times, ad indagare a riguardo di queste pericolose Fake News.

Le indagini dei giornalisti hanno condotto all’ipotesi che queste notizie assolutamente non vere siano diffuse da paesi stranieri che non vedrebbero di buon occhio il potenziamento della rete – e di conseguenza della potenza tecnologica – europea.

L’Italia non è un paese per antenne

In Italia e nel Regno Unito la paura e la rabbia hanno condotto alcuni individui a compiere atti vandalici ed ad incendiare alcune di queste antenne.

La prova che questi “obiettori” del 5G non abbiano ben chiaro il funzionamento delle reti e che forse non abbiano proprio idea di ciò contro cui si scagliano con tanta foga è data dal fatto che, come vi abbiamo raccontato qui, spesso sono state date alle fiamme antenne 4G e 3G, cioè quelle attualmente in uso.

Il risultato? Intere zone, migliaia di abitanti senza più rete; un danno economico per le compagnie telefoniche; un danno decisamente grave per i cittadini che non hanno più potuto usufruire dei servizi della rete, ancor più prezioso in questo periodo di pandemia e quarantene.

Esistono rischi per la salute legati al 5G?

Vedendo con quale violenza certi individui combattano contro la rete 5G viene spontaneo chiedersi se effettivamente esistano rischi per la nostra salute legati a questa nuova tecnologia (ve ne abbiamo parlato qui).

Come vi abbiamo già raccontato, al momento non esistono prove secondo cui la quinta generazione di rete dovrebbe avere effetti negativi per la salute.

Le onde elettromagnetiche che utilizza il 5G sono più alte ma meno forti di quelle che utilizzano attualmente i nostri dispositivi, senza contare che alcune delle frequenze che la nuova rete utilizzerebbe sarebbero le stesse già utilizzate dalle televisioni che possediamo oggi.

Non esistono, quindi, evidenze scientifiche che provino che il 5G sia nocivo per il nostro organismo.

La paura ci costa miliardi

Se dai dati attuali emerge quindi che la nostra salute è al sicuro, non altrettanto si può dire per le nostre tasche: a causa dell’irrazionale fobia riguardante il 5G l’Italia rischia di perdere miliardi.

Uno studio della Luiss Business School ed Unindustria rivela infatti che solo la città di Roma beneficerebbe, installando la rete 5G, di un profitto di oltre 30 miliardi.

Perché mai rinunciare ad una tecnologia definita dagli studi come pulita e sicura che ci permetterebbe di migliorare le performance dei nostri dispositivi e di arricchirci attraverso il suo utilizzo? Perché contrastare un progresso che, allo stato attuale, non sembra riservare alcun pericolo? 

Non resta che sperare che i nuovi studi in corso confermino ancora una volta ciò che già oggi suggeriscono i dati disponibili e che anche i 200 sindaci contrari all’installazione delle nuove antenne si persuadano della bontà e della necessità di questo progresso.

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Napoli, riaperto il Tribunale, controllo delle temperatura all’entrata

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Sono dieci i volontari della Croce Rossa Italiana di Napoli che dalla mattinata di oggi, e per i prossimi giorni, sono impegnati nel rilevamento , della temperatura a coloro che accederanno alla sede giudiziaria del Nuovo Palazzo di Giustizia e della Procura della Repubblica, al Centro direzionale, a Napoli.

Il rilevamento, in via sperimentale, che sarà effettuato con termo laser, avviene, come detto, grazie alla collaborazione della Croce Rossa Italiana e della Protezione Civile.

In campo vi saranno due infermiere del Corpo delle infermiere volontarie, un Volontario del Soccorso e sette uomini del Naapro di Napoli, coordinato dal tenente Raffaele De Rosa, del Corpo militare volontario della Cri.

I volontari della Cri saranno impegnati in due turni di servizio. Il primo dalle 7 alle 14 ed il secondo dalle 14 alle 18.

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Feltri dopo “Meridionali inferiori” vorrebbe chiarire? Risponde il presidente Verna

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Feltri, dopo “Meridionali inferiori”, vorrebbe un chiarimento? Risponde il presidente del Cnog, Carlo Verna che ricorda l’unione necessaria di tutti i giornalisti.

Enorme è l’indignazione e l’insofferenza del Meridione nei confronti delle assurde parole di razzismo e odio pronunciate da Vittorio Feltri in una trasmissione di Mediaset, condotta da Mario Giordano. Ciò che fa indignare ancora di più è che durante le numerose ospitate di Feltri, susseguenti alla sua uscita inclassificabile secondo cui:

“I meridionali sono inferiori”,

il concetto viene addirittura difeso, da chi le ha pronunciate e da altri ospiti (incommentabili).

Il presidente del Cnog, Carlo Verna, scrive al Corriere della Sera che su Vittorio Feltri aveva parlato di un “chiarimento” da parte di quest’ultimo:

“Devo difendere la categoria cui appartengono tanti giornalisti in questi giorni al fronte, ovvero negli ospedali dove si combatte il covid e ho la responsabilità di unire. Non tanto difendendo il Sud ma spiegando che Feltri non è Milano, cui deve arrivare soltanto affetto da tutto il Paese”.

Il presidente Verna, parla quindi della necessaria unione tra giornalisti di Nord e Sud, tutti accomunati dalla passione per il proprio, difficile, lavoro soprattutto in questo periodo di emergenza, come base di lavoro per opporsi alle parole di Feltri.

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