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L’ultima idea di De Luca: “Serve un’unica azienda di trasporto regionale”

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Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, si è così espresso circa la sua idea di unificare i trasporti regionali sotto un’unica azienda: “Credo che sia maturo il tempo per fare almeno uno studio per un piano industriale unitario, tradotto in termini semplici su un’azienda unica regionale di trasporto. Dobbiamo adottare un modello come quello di Milano, senza demagogia, senza vendere illusioni perché non possiamo affossare le aziende risanate. Serve un piano industriale, avere tranquillità finanziaria e se il piano regge, se abbiamo le risorse credo che possiamo avviarci anche in quella direzione”.

Nella Regione Campania c’è una grande anomalia, – continua poi De Luca – in quanto la nostra competenza, che è esclusivamente su EAV e su servizi con Trenitalia, sta portando buoni frutti. EAV presenta un bilancio in attivo, fa assunzioni, acquista pullman e mette in circolazione sui binari nuovi convogli, il problema è legato alle altre aziende, e cioè Anm e Ctp, a cui non possiamo più far fronte anche perché EAV ha già dato una mano ad Anm a sanare alcuni crediti che quest’ultima aveva con l’azienda”.

Sulla vicenda è intervenuto, ai microfoni di Radio Crc, anche il sindaco di Napoli Luigi De Magistris: “Già abbiamo compiuto un miracolo, pochissimo tempo fa, salvando un’azienda sull’orlo del fallimento. Ora, o l’Anm, dagli amministratori ai dipendenti, si mette in cammino per innalzare la qualità del servizio, o chiuderemo l’azienda. Al cittadino non interessa se abbiamo salvato o meno l’Anm se non garantisce uno standard di servizi. Se la metro non arriva, se le funicolari non aprono la sera perché i dipendenti si mettono in malattia, se qualcuno si fa la stanzetta per dormire all’interno del luogo di lavoro, noi Anm che la salviamo a fare?”. Con ciò, il sindaco ha voluto dire la sua anche su quanto avvenuto ieri con il rifiuto, da parte di 63 conducenti di autobus dell’Anm, società dei trasporti del Comune, di uscire dallo stazionamento, probabilmente a mo’ di rappresaglia per l’azione disciplinare nei confronti di un dipendente sorpreso a dormire in orario di lavoro e che aveva allestito una stanza personale in un vano nel Parcheggio Brin.

 

 

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Wet Floor al Piccolo Bellini: la trappola dell’informazione?

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Al Piccolo Bellini è in scena, fino al 12 gennaio 2020, Wet Floor, una riflessione sui paradossi dell’informazione e sul giornalismo ai tempi di Internet. Ecco la recensione.

Wet floor è uno spettacolo impegnato, che vuole riappropriarsi della lettura e dell’interpretazione della contemporaneità. Ci riesce molto bene, perché le parole dei protagonisti rispecchiano gli interrogativi di molti sulla manipolazione mediatica.

Ecco il paradosso della comunicazione: in un mondo in cui ci crediamo iper-connessi e iper-informati, alla fine non lo siamo affatto. «Oggi se non leggi i giornali sei disinformato, se invece li leggi sei informato male» – questa la critica di Ruth (Antimo Casertano). In questo contesto, dove l’informazione è, in alcuni casi, fuorviante, i tempi di azione si restringono e, a volte, proprio questo rischia di viziare il concetto stesso di verità.

Dal titolo emblematico, poiché richiama un pavimento scivoloso che imprigiona metaforicamente la comunicazione (in realtà il giornalista), Wet Floor si basa su un testo di Fabio Pisano ed è diretto da Lello Serao, con l’interpretazione di Antimo Casertano (Ruth, l’inserviente) e Fabio Cocifoglia (Ben, il giornalista), e la partecipazione in video di Angela Bertamino e Gianluca Cangiano.

Realtà o verità?

Attraverso un’alternanza di comicità e tensione comunicativa, Wet Floor propone una riflessione sul giornalismo, sulla divulgazione ai tempi dei social, e su quei princìpi che dovrebbero, in teoria, regolare il processo di condivisione dell’informazione. Indirizzato a chi con le parole lavora, questo testo suona anche come un campanello d’allarme generale. Viviamo in un mondo dove l’informazione è a portata di click. Ma può essere vuota, a volte deviante, spesso recepita in modo passivo. Trovare la verità è, perciò, sempre più difficile.

Wet Floor non fornisce risposte; semmai, crea domande. Cos’è vero, falso, reale? Realtà e verità non sempre coincidono. Ma, alla fine, è davvero la verità la cosa più importante?

La scena

Tutto inizia in medias res. Ben (Fabio Cocifoglia), il giornalista, si presenta al pubblico con un paio di telefonate che già dipingono chiaramente il suo carattere. Ruth (Antimo Casertano) prosegue le pulizie, intrattenendosi con Ben con simpatici scambi di battute (la trama in dettaglio qui). Tuttavia, l’attenzione degli spettatori viene polarizzata anche verso un terzo protagonista: lo schermo che proietta immagini e notizie reali attraverso Breaking News 24, un canale all-news per un pubblico affamato d’informazione.

Poi, colpo di scena, Ruth è ‘presumibilmente’ l’autore di quei ‘forse’ sequestri le cui vittime ‘sarebbero’ tre giornalisti. Inizialmente attribuito alla sete di verità, il motivo del sequestro è, in realtà, più complesso, in una trama efficacemente intrecciata che lascia un finale aperto.

I due protagonisti occupano il palco, leggermente rialzato rispetto alla platea. La scena non è statica, grazie alle frequenti interazioni con l’esterno, attraverso voci fuori campo e l’immancabile schermo TV. Poi, la discussione tra Ruth e Ben alle 18 – l’ora della diretta – assume i tratti di una comunicazione di massa.

Cos’è reale?

Lo spettacolo non è tragico in sé – sebbene compaiano elementi chiave, come la pistola, la bomba, la polizia, il sequestro. Lo è, piuttosto, nel modo in cui entrambi gli attori, le cui performance sono state brillanti e coinvolgenti, sparano sul pubblico le proprie idee nei momenti di consapevolezza.

L’inserviente si scopre carnefice. O vittima? Il giornalista sembra non essere ‘innocente’. Di chi è la colpa della deriva dell’informazione? Chi costringe realmente chi a comportarsi in un determinato modo? Ne deduciamo che non tutto ciò che ‘sembra’ vero, in fondo, lo è, e questo viene evidenziato durante l’intera performance, raggiungendo l’apice nel momento della (reale?) detonazione.

La diretta in onda sullo schermo alle spalle di Ben è, poi, uno stratagemma geniale che introduce un’anomala quarta parete. La realtà è proiettata in ‘mondovisione’, mentre il pubblico assiste allo svolgimento della finzione teatrale. Non a caso, il vero momento di tensione verbale è il live.

«Si affonda in superficie»

Lo spettacolo mette in dubbio l’intero processo di informazione. Ruth incarna la figura del folle, quel personaggio che, in quanto outcast, può dire il vero. La sua prospettiva, però, sembra ‘atemporale’. Perché? Ben ci svela, forse, la dura verità del nostro tempo: non si ha più il tempo per entrare in profondità, perché la verità muore sotto i colpi della velocità. Cosa dice questo della nostra società?

Come dice Ben, bisogna arrivare primi perché se non si ha lo scoop, tanto vale dimenticare la notizia. Così, la comunicazione contemporanea rischia di essere vuota, inaccurata, meramente acchiappa-like.

Wet Floor – Ruth & Ben sul “ring”.

L’informazione diventa un terreno di guerra. Ma la guerra di cui parla Ben, quella dei mezzi di comunicazione, ha luogo anche nella stanza rappresentata sul palco che, non a caso, viene circoscritta in un rettangolo luminescente, a voler ricordare un ring di combattimento. Qui, i due ‘antagonisti’ si danno battaglia per dare un senso alla verità, vomitando parole su parole, in uno scambio comunicativo senza filtri, onesto. Chi la spunta?

La potenza delle parole

Come Ruth, ci interroghiamo sulla potenza delle parole e sulle loro conseguenze nella vita reale. Le parole sembrano innocue sulla carta. Eppure sono proiettili che possono distruggere l’obiettivo o far sì che l’obiettivo venga distrutto dalla massa.

Nemmeno le parole del testo messo in scena sono innocue. Un testo che è tanto breve quanto denso. Solo 70 minuti: la scrittura è veloce e fluida. Non ci si può distrarre perché la scena riproduce la velocità del mondo reale. Le parole sembrano esplodere a raffica dalle bocche dei protagonisti, come proiettili che colpiscono la mente dell’osservatore. Ma, in fondo, come suggerisce Ben, non sono le stesse notizie proiettili che devono centrare il lettore? Il pubblico è il target, la notizia il proiettile che deve colpire.

«La democrazia partecipata»

Il paradosso raggiunge il clou quando Ruth viene sommerso da una serie di commenti alla diretta che mettono in crisi il suo piano. Ben deve o no morire? Quei sei milioni di followers, lasciati a briglie sciolte, si schierano.

Interessante e originale questa sequenza, poiché, se da un lato rappresenta un’estremizzazione della tensione, dall’altro è quasi un intermezzo comico, che fa ridere per alcune risposte ragionevolmente ‘assurde’, proiettate sullo schermo. Risate amare, tuttavia, poiché alcuni commenti non sembrano del tutto improbabili. Per un po’, poi, cala il silenzio.

Prossime repliche al Piccolo Bellini

Giovedì 9 gennaio alle 19.

Venerdì 10 e sabato 11 gennaio alle 21:15.

Domenica 12 gennaio alle 18:30.

Clicca qui per gli spettacoli in programma al Piccolo Bellini.

Napoli, ultimatum del sindaco de Magistris all’Anm

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Duro attacco di Luigi de Magistris nei confronti dell’Anm. Il sindaco ha commentato il rifiuto, avvenuto ieri, di 63 dipendenti di uscire dallo stazionamento. Sarebbe stata una rappresaglia per l’azione disciplinare nei confronti di un collega. Quest’ultimo è stato sorpreso a dormire in orario di lavoro e in più aveva allestito una stanza personale nel Parcheggio Brin. Si riportano i passaggi salienti dell’intervista a Radio Crc.

O l’Anm, dagli amministratori ai dipendenti, si mette in cammino per innalzare la qualità del servizio, o chiuderemo l’azienda. Al cittadino non interessa se abbiamo salvato o meno l’Anm se non garantisce uno standard di servizi. Se la metro non arriva, se le funicolari non aprono la sera perché i dipendenti si mettono in malattia, se qualcuno si fa la stanzetta per dormire all’interno del luogo di lavoro, noi Anm che la salviamo a fare?

Il sindaco poi ricorda il merito del salvataggio dell’azienda, avvenuto in effetti contro ogni aspettativa. Il rischiato fallimento avrebbe comportato il licenziamento di oltre 2mila persone. In questi mesi, il comune ha programmato una serie di interventi che dovrebbero cambiare in positivo i trasporti nel 2020. Ma il sindaco precisa che se c’è qualcuno che rema contro, i nodi verranno al pettine.

Nel contratto di servizio saranno indicati tutti gli standard che Anm deve raggiungere. I notturni non più straordinari, ma servizio ordinario. 200 nuovi autobus nel 2020, i tram verso Poggioreale e zona orientale, i filobus e i nuovi treni per la linea 1 della metropolitana. Abbiamo messo in condizione Anm di raggiungere gli standard europei nei trasporti. Se c’è qualcuno che non lo vuole lo capiremo presto, abbiamo gli strumenti per accorgercene. Se c’è la volontà di far funzionare l’azienda benissimo, altrimenti siamo già proiettati su altri orizzonti.

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Zero waste, eco-friendly o sostenibile? Facciamo chiarezza

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Se uno dei propositi dell’anno è quello di essere più “green”, è giusto farlo con consapevolezza. I media, le pubblicità e i trend del momento sono ricchi di una scelta specifica di termini anglofoni, che potrebbero confondere i più. Oggi facciamo un po’ di chiarezza sul significato delle parole più frequenti.

1) Ecologia

L’ecologia studia le relazioni tra organismi e ambiente naturale, come clima, suolo, luce e nutrimento, ma anche tutti i fattori che possono influenzare la vita degli organismi stessi. Quando si parla di ecologia nei media, spesso s’intende la necessità di proteggere l’ambiente, tutelare i paesaggi, lottare contro l’inquinamento delle acque o difendere habitat naturali.

2) Eco-friendly

Tutto ciò che ha come obiettivo il rispetto e la cura dell’ambiente. Comprese le buone pratiche, gli oggetti, le produzioni e i consumi volti a risparmiare energia e sprechi. Viene considerato “amichevole” nei confronti del Pianeta Terra.

3) Ecosostenibilità

L’ecosostenibilità è l’insieme di azioni che hanno come focus l’ecologia e il rispetto per gli animali. Il fine ultimo è quello di ridurre al massimo l’impatto ambientale delle azioni dell’uomo sulla Terra, perché le risorse vengano preservate per le generazioni future. In campo energetico lo sono fonti di energia rinnovabili e prodotti cruelty-free che nel processo produttivo non hanno materie prime di origine animale o quando gli animali vengono trattati in modo etico.

Punti focali dell’ecosostenibilità sono il riciclo e il riuso, che permettono di riutilizzare materiali di scarto e di trasformarli in nuovi oggetti. In questo senso si parla spesso di riciclo creativo nella moda, nel design e nella gastronomia, dove cucinare con gli scarti è diventato una pratica adottata anche dagli chef stellati.

4) Biodegradazione

E’ il processo naturale con cui un elemento, grazie all’azione di microrganismi, viene scisso in componenti sempre più semplici, come anidride carbonica e l’acqua, senza inquinare o fermentare. Costituisce un processo di grande importanza per il mantenimento degli equilibri ecologici del pianeta, poiché permette il riutilizzo delle risorse naturali tramite la scissione del materiale organico in composti inorganici semplici.

5)Compostaggio

Sistema di smaltimento di rifiuti organici basato sulla trasformazione, tramite fermentazione, di parte dei rifiuti stessi  come immondizie, erba, foglie. Così viene a crearsi una miscela simile a terriccio bruno e soffice, chiamato “compost” ovvero “concime“. Di cui è nota l’importanza, specie in campo agricolo, per stimolare lo sviluppo delle piante.

6) Zero waste

E’ la filosofia che incoraggia il riuso e il riciclo di prodotti, riducendo al minimo possibile il proprio impatto ambientale. “Waste” sta per “rifiuti“, quindi non generare alcun rifiuto che possa finire in discariche, inceneritori o oceani.

Ora che sono chiare tutte le parole chiave più frequenti, non resta che approfondire il discorso sulle tante tendenze del momento. Per esempio: si può vivere al giorno d’oggi senza produrre del tutto rifiuti? Quali sono i trucchi per rendere la propria vita più eco-friendly? Lo scopriremo nei prossimi articoli.

Intanto, vi rimando alla lettura precedente: 3 abitudini da adottare per un 2020 più sostenibile.

Museodivino: il presepe in un guscio di noce [Intervista]

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Alla scoperta delle opere e del lavoro di don Antonio Maria Esposito, creatore di alcuni dei presepi più piccoli del mondo, oggi custoditi al Museodivino nel centro di Napoli. Intervenuto anche il Professor Marco Collareta de “La Normale” di Pisa per parlare della storia del presepe nel Medioevo. Segue intervista alla coordinatrice del progetto Museodivino, Silvia Corsi.

 

Quello tra la città di Napoli ed il presepe è un binomio indissolubile; la città partenopea coltiva e sviluppa da secoli l’arte di immortalare le scene legate alla natività, non solo in occasione del Natale. Questa attività ha portato alla produzione di presepi monumentali, creati per stupire il pubblico e famosi in tutto il mondo. Il presepe come forma d’arte, il presepe come opera “democratica” in quanto in esso vi sono  rappresentate tutte le classi sociali, dalle più povere alle più agiate, il presepe come mezzo per rappresentare scene di vita quotidiana ed eventi spirituali.

Eppure non troppo distante dalla famosissima San Gregorio Armeno, affollata di turisti, pastori, statuine di celebrità e di Gesù bambino o altre figure religiose, e dall’affollatissimo Duomo dove è attualmente installato un presepe enorme, quasi “chiassoso” si sviluppa una concezione del presepe diametralmente opposta. Una concezione più intima e più “tenera”: presepi in miniatura, fatti a mano con strumenti di precisione, scolpiti in goccioline di vernice e ricavati in piccolissimi contenitori. Presepi piccoli, intimi, presepi che elogiano la tenerezza e scaldano il cuore . E’ questo quello che nasce dalle abili e certosine mani del Sacerdote Antonio Maria Esposito (Same).

Museodivino

Le opere

Antonio Maria Esposito (1917-2007) è stato il sacerdote della parrocchia di S. Bartolomeo a Castellammare. Tra gli anni 40 e gli anni 90 del secolo scorso il sacerdote, al riparo degli occhi del mondo, ha intimamente e quasi segretamente portato avanti la sua passione: quella di creare presepi in miniatura.

Museodivino
©GiorgioCossu/Museodivino

La sua opera è frutto di un dolore profondo, quale la morte della madre, e di una profonda fede religiosa. Il presepe diventa quindi per lui un esercizio spirituale.

La sua prima opera, la più grezza ma alla stesso tempo quella cui il sacerdote era più legato, consiste in un presepe in miniatura ricavato all’interno di una scatola di medicine dalla madre.

 

E cosi, da quel momento, nel corso degli anni hanno preso vita presepi ricavati all’interno di una noce di cocco, in guscio d’uovo, in valva di cozza, in guscio di noce, in guscio di pistacchio, in nocciolo di una ciliegia e addirittura in un seme di canapa.

Museodivino

L’opera del sacerdote non si limita però solo ai presepi; egli ha infatti creato in 42 gusci di noce altrettante scene che ritraggono passi della Divina Commedia di Dante (da cui il nome del museo) con grande maestria.

Il progetto Museodivino: il presepe sotto la lente

Secondo la presidente del Progetto Sophia. Donne verso la bellezza, Antonio Esposito sorrideva solo in due occasioni: quando guardava i suoi presepi, momento intimo e altamente spirituale, e quando guardava i suoi nipoti.

E sebbene egli fosse gelosissimo delle sue creazioni, tanto da mostrarle in rarissime occasioni e solo sotto richiesta, alla sua morte ha dato il permesso di poterle esporre permanentemente. In questa ottica Museodivino, progetto triennale coordinato da Silvia Corsi, raccoglie l’eredità e la testimonianza di un lavoro unico nel suo genere.

Un’ unica stanza è quanto basta per esibire i lavori. Ogni visitatore è fornito di una torcia ed una lente di ingrandimento per poter ammirare al meglio i piccoli tesori.

 

Museodivino

 

Se si osservano così le scene della Divina Commedia la luce della torcia creerà uno stupendo gioco di ombre tale da far risultare le fiere, i personaggi e gli elementi come gli alberi vivi ed in movimento, dando vita ad un suggestivo scenario.

Le teche sono inoltre posizionate in basso per consentire anche ai bambini di godere delle opere. Nella stanza è anche presente il tavolo di Don Antonio Esposito, dove l’uomo era solito lavorare alle sue opere; i segni di inchiostro ancora visibili sul legno sono una testimonianza importantissima del suo lavoro e della sua vita.

La collezione Same presenta diversi pezzi molto originali, ma se dovessimo annoverarne uno in particolare sarebbe  il presepe in geode di quarzo nero in quanto una sua metà è stata donata nel 1992 a Giovanni Paolo II, Papa dell’epoca, in occasione della sua visita a Napoli, e oggi conservato nei musei Vaticani. Menzione a parte anche per quello ricavato in un seme di canapa che risulta essere il più piccolo della collezione stessa, quasi microscopico.

Intervista a Silvia Corsi, coordinatrice del museo

Di seguito vi proponiamo l’intervista a Silvia Corsi, coordinatrice del progetto Museodivino.

 

Presenti lei e il progetto Museodivino

Sono Silvia Corsi e sono coordinatrice del progetto Museodivino, che è un progetto triennale di conservazione e valorizzazione delle opere di Antonio Maria Esposito, sacerdote di Castellamare di Stabia. Dagli anni 40 agli anni 90 del 900 ha creato delle miniature che sono tra le piccole sculture del mondo, dedicate al presepe e alla Divina Commedia. Sono miniature tridimensionali, i personaggi sono scolpiti nelle gocce di pittura e i paesaggi sono fatti con elementi della natura trattati in trementina.

Chi era Antonio Maria Esposito e il perché di questi presepi

Antonio Maria Esposito nasce nel 1917 e muore nel 2007. La sua prima opera risale agli anni 40. Era il terzo di tredici figli delle classiche grandi famiglie napoletane. Durante la guerra, nel 42, decide di entrare in seminario per seguire la sua vocazione religiosa e poco tempo dopo perde sua mamma. Era molto affezionato a questa donna e alla sua figura. Pare che questa morte l’abbia fatto cadere in frustrazione molto profonda. Il Natale ovviamente è un’occasione in cui questo dolore si fa più acuto e in cui si sente più la mancanza dei familiari. Quell’anno il presepe lo crea in una scatolina di medicine della sua mamma. Fa un’operazione meravigliosa di trasformazione del proprio dolore in un’opera di bellezza. Un presepe minuscolo in una scatola di 4 centimetri per 4, conservata qui al Museodivino. In questa opera era già possibile ammirare la sua poetica.

Museodivino
©GiorgioCossu/Museodivino

 

Come vengono realizzati i presepi?

A partire dal 46 inventa proprio una tecnica di creazione della figure che abitano i presepi. Usa goccioline di pittura ad olio essiccate e scolpite, una cosa che a quanto sappiamo non ha precedenti nella storia della miniatura, e le teste sono granellini di polpa di pera: cosa che per fortuna ha raccontato altrimenti non l’avremmo mai scoperto. Svolge l’attività contemporaneamente a quella di sacerdote.

Parlando del ciclo della Divina Commedia invece la coordinatrice racconta:

Di questa serie si sa pochissimo, abbiamo pochi indizi che ci fanno capire che ha iniziato tra la fine degli anni 50 e l’inizio degli anni 60 e che è andato avanti fino agli anni 90. Questa della Divina Commedia sembra slegata dalla sua attività di sacerdozio ma in realtà si collega alla sua visone teologica della Divina Commedia. Tutti raccontano don Esposito come un uomo molto colto.

Conclude il discorso sulla Divina Commedia dicendo che questa non era mai stata esposta prima e che sono stati i primi a mostrarla al pubblico.

Ora una domanda che sorge spontanea, questi sono davvero i presepi più piccoli del mondo?

Domanda legittima. Nell’88 usci sul Mattino proprio un articolo su di lui con il titolo: “Ecco i presepi da Guinness” in cui si mettono a paragone i presepi di Don Antonio con dei presepi enormi a

Castellammare di Stabia. Ispirati da questo articolo due anni fa abbiamo iscritto al Guinness dei primati il presepe in seme di canapa. Sono state fatte misurazioni di precisione dal Prof. Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Napoli e una ricostruzione a RX condotta all’ENEA di Brindisi da Michele Nacucchi. Il presepe è largo 2.8 mm e alto 1.8.

 

In realtà esiste un presepe molto più piccolo – grande quanto una cellula – che però e stato fatto usando una stampante 3D da una equipe in Lituania. Quello di Antonio Esposito è un esercizio spirituale di pazienza, di concentrazione e preghiera, una pratica che si è persa ai nostri tempi.

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Particolare del presepe in seme di canapa – ©GiorgioCossu/Museodivino

 

©Museodivino

 

 

Come si restaura un presepe del genere, sono mai stati fatti interventi di restauro?

Per adesso no, non è ancora stato fatto un intervento di restauro, ma lo prevediamo nel futuro perché alcune opere ne hanno bisogno. Sulla metodologia di restauro è tutto da scoprire perché sono opere uniche al mondo per le tipologie di materiali compresenti in spazi davvero minuscoli.

 

Come nasce la collezione Same?

Un po’ per caso; la presidente della nostra associazione, che si chiama Progetto Sophia. Donne verso la bellezza, era la pronipote di Antonio Maria Esposito. Fu quindi incaricata di occuparsi della prima mostra di presepi pubblica dopo la morte di don Antonio. Fu organizzata questa mostra assieme ad altre persone dell’associazione e abbiamo semplicemente preparato l’allestimento; abbiamo predisposto che ogni visitatore avesse la lente di ingrandimento, la torcia, le teche basse per i bambini e tutta una serie di accorgimenti per far seguire la mostra in modo attento. La mostra ebbe molto successo e noi ci siamo innamorate delle opere, molto semplicemente! Per nostra volontà e grazie al riscontro dei visitatori precedenti nasce il progetto Museodivino e un centro studi dedicato ai temi legati alla mostra: la Divina Commedia nella storia dell’arte del 900 e la storia del presepe, di cui l’incontro con il professor Collareta è la prima tappa.

Perché visitare il museo?

Anzitutto questo è un museo di cui qualsiasi foto, immagine o video non restituisce minimamente l’idea dell’esperienza. In questo museo c’è un esperienza vera e propria, che è data dal fatto che il visitatore ha la propria lente di ingrandimento e va a vedere personaggi di pochi millimetri che sembra che corrano davanti ai suoi occhi, che si inginocchino, che cantino e che saltino. Nella Divina Commedia ci sono i diavoli che ruotano intorno ai politici corrotti colpendoli in testa. Nel momento in cui illumini la scena con la tua torcia e la rendi tridimensionale creando un gioco di ombre dietro restituisce tutta un’altra sensazione. Vista in foto ti sembrano solo figure immobili. E’ la stessa differenza che esiste tra l’assistere ad un concerto e il sentirne la registrazione, ma forse qui la differenza è più marcata. Ci sono delle opere che quando le vedi dal vivo è un’altra cosa!

Museodivino

In secondo luogo questo è un presepe molto diverso da quelli che siamo abituati a vedere a Napoli, un presepe molto tenero, un elogio della tenerezza, qualità un po’ perduta in un mondo dove tutti vogliono essere forti, grandi e belli. Queste sono opere piccolissime, tenere che danno un senso di calore. Il calore di una gocciolina di pittura un po’ storta con degli occhietti fatti su granelli di polpa di pera che rappresentano un bambino che tende le braccia verso la mamma; è una cosa che scioglie il cuore, tutti diventano un po’ bambini in questa mostra.

L’intervento del professor Collareta e i progetti futuri

Venerdì 3 Gennaio 2020 nello stesso museo si è tenuto un seminario del professore Marco Collareta dell’Università di Pisa “La Normale. L’illuminante intervento del professore aveva come tema “La misura del Presepe”. Nella sua presentazione Collareta ha esposto la storia del presepe e della raffigurazione della natività nel Medioevo, partendo dal presepe di Greccio con S. Francesco (il primo presepe di cui si conosce il nome dell’autore, Giotto) e andando a ritroso nel tempo. Nella sua totalità, l’intervento del professore ha coperto circa un millennio di storia dell’arte che va dal 3o secolo al 1200.

Il professore ha inoltre esplorato il legame tra rappresentazione visiva e i sensi (quali la vista ed il tatto) e sottolineato la differenza tra il vedere una scena e leggerla su un testo scritto (all’epoca ricordiamo che la scrittura era un esercizio colto riservato a pochi). Ha poi discusso sull’origine del termine Presepe e del perché questa stessa parola in tempi recenti è associata alla natività. L’intervento sarà visibile sul canale Youtube del museo.

Il museo ha inoltre espresso interesse nella figura e negli interventi del professore e spera di poter collaborare nuovamente con lui per progetti futuri; nel 2021 cadrà infatti il settecentenario della morte di Dante e il museo in questa occasione ha in programma di organizzare una serie di appuntamenti per parlare del ciclo della Divina Commedia realizzato da don Antonio Esposito.

Invitiamo quindi i lettori a visitare il sito del museo e la sua pagina Facebook per restare aggiornati sulle iniziative e per avere maggiori informazioni sul Museodivino.

Cogliamo l’occasione per ringraziare Silvia Corsi, il Museodivino e il professor Marco Collareta per l’intervista e l’esperienza concessa.

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Jorit omaggia Martin Luther King a Barra

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E’ terminato il nuovo maxi murale di Jorit: lo street artist ha realizzato il volto di Martin Luther King a Napoli est, sulla facciata di un edificio di Barra.

La nuova opera di 15 metri, ritrae il leader dei diritti civili e si intitola “I have a dream“.
Jorit arriva nella sesta municipalità dopo i murales di Che Guevara, Maradona e il ritratto della bimba rom Ael. All’uscita della Circumvesuviana, lo street artist crea un mosaico di parole: dignità e lavoro, essere felici qui, fine della guerra. Poi copre tutto con il volto di Martin Luther King. Così il discorso del leader del movimento per i diritti civili, ” I have a dream”, risuona a Napoli est. Dove i sogni si piegano come giunchi sotto il peso della mancanza di opportunità, ma solo per rialzarsi e cercare riscatto e realizzazione.Il tema è il sogno inteso come speranza per il futuro in un quartiere abbandonato. I ragazzi vogliono lavoro ed emancipazione.

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Abbiamo affrontato temi importanti attraverso personaggi vicini ai ragazzi. Gli studenti hanno tradotto in simboli le proprie emozioni, così i disegni finiranno in parte nel murale, poi diventeranno tre “Guernica” contro il razzismo da esporre nelle scuole. L’obiettivo è accendere i riflettori e permettere ai ragazzi di affacciarsi sulla cultura hip hop, creare connessioni per il futuro “.

 

 

Sono stati coinvolti 70 studenti di tre scuole: Vittorino da Feltre, Cavalcanti e Rodinò. Guidati da tre esperti: Luigi Russo, Mario Di Matola e Fabio De Angeli. Gli studenti del Vittorino da Feltre hanno disegnato una Guernica, quelli dell’alberghiero un uovo aperto come segno di uguaglianza, quelli di barra un pugno di lotta. I giovani hanno la voglia di riscattarsi e mettersi in gioco. E tanto talento, il writer Luigi Russo conferma:

“È un lavoro di alta qualità. Un disegno realizzato dopo il racconto della vita di Rosa Parks. Il progetto è stato un successo e i ragazzi hanno grandi doti artistiche e i risultati hanno superato le aspettative”.

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Antigone al Teatro Bellini di Napoli: la recensione

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Dal 7 al 12 gennaio 2020 al Teatro Bellini di Napoli andrà in scena Antigone, prodotta dal Teatro Stabile di Catania, con la regia di Laura Sicignano.

Le grandi opere della letteratura classica, si sa, si prestano a numerosi riadattamenti e alle più disparate attualizzazioni. La tragedia di Antigone forse più di tutte. L’eroina tragica che si oppone alle leggi dello Stato, per obbedire a quelle della morale e dell’etica, è infatti spesso rappresentata come una sorta di “femminista ante litteram”.

Nelle note di regia, è la stessa Laura Sicignano a dichiarare:

«Antigone è un mito fertile: non smette di parlare al presente e di generare riflessioni sulla società di ogni epoca. (…) La nostra Antigone non dimentica il presente, ma non vuole esserne cronaca. (…) Sarà poi lo spettatore ad accogliere la proposta di riflettere su quanto riusciamo a smuovere».

Nello spettacolo del Bellini, tradotto e adattato da Laura Sicignano e Alessandra Vannucci, la tragedia rispetta invece abbastanza fedelmente l’opera originale di Sofocle. Non ci sono attualizzazioni  o rimaneggiamenti evidenti nel testo. È dunque riproposta tutta la classicità della tragedia di Antigone, ma con un linguaggio più concreto e immediato.

La vicenda inizia subito dopo gli avvenimenti dei Sette contro Tebe (tragedia di Eschilo, il cui argomento è la guerra civile di Tebe). Eteocle e Polinice, discendenti di Edipo (defunto re di Tebe) si sono reciprocamente uccisi in duello. Creonte, ora re di Tebe, vieta la sepoltura di Polinice, considerato traditore della patria, ma Antigone riesce a seppellire di nascosto il fratello. Il re la condanna dunque a morte, nonostante suo figlio Emone (interpretato da Luca Iacono) sia innamorato di lei.

Una delle battute di Antigone più dense di pathos e che più fa riflettere è senza dubbio una di quelle rivolte a Creonte: Non pensavo che un decreto scritto da te, che sei solo un uomo, potesse sovvertire le leggi degli dei.

L’Antigone sul palco del Bellini

L’attrice Barbara Moselli riesce perfettamente ad incarnare la fierezza e l’incorruttibilità di Antigone, sin dalla scena iniziale. La struttura a dittico, di cui è caratterizzata la stessa tragedia di Sofocle, contraddistingue anche lo spettacolo del Bellini. Il palco infatti risente dell’assenza della figura dell’eroina tragica, dopo la sua morte.

L’adattamento ha operato interventi soprattutto sul Coro, rappresentato da un gruppo di soldati e dalle loro singole voci. Inoltre è proprio il coro di soldati ad accompagnare l’entrata in scena di Creonte, magnificamente interpretato da Sebastiano Lo Monaco.

Un personaggio rappresentato in una maniera un po’ “fuori dagli schemi” è Tiresia, interpretato da Franco Mirabella. L’attore riesce nfatti brillantemente ad incarnare la confusione delle profezie dell’indovino.

Una delle note più suggestive dell’Antigone in scena al Bellini è l’originale musica, eseguita dal vivo da Edmondo Romano. Gli strumenti a sua disposizione sono vari e accompagnano tutto lo spettacolo, rievocando un po’ anche la non distinzione tra testo e musica nel teatro dell’antica Grecia.

Gli 80 minuti di spettacolo, senza intervallo, dunque non stancano. Nel contrasto tra Creonte e Antigone (la cui etimologia significa appunto “nata contro”), nell’opposizione tra il rispetto delle leggi dello stato e quelle morali, la Sicignano ha inserito la complessità tematica dell’opera di Sofocle.

Scegliere di stare dalla parte dell’uno o dell’altra non è facile, entrambi sono infatti accomunati da un destino tragico e infelice. La rovina dei due protagonisti è anche ben rappresentata dalla scenografia di Guido Fiorato: le rovine di un palazzo, sempre più decadente, campeggiano sullo sfondo del palcoscenico.

Per avere informazioni sull’intero cartellone del Teatro Bellini di Napoli clicca qui!

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Casalnuovo, Incontro pubblico di Fratelli D’Italia in vista delle Regionali: Tutti i partecipanti

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Si terrà Venerdì 10 Gennaio  alle ore 18 a Casalnuovo di Napoli l’evento promosso e organizzato dalla rete territoriale di Fratelli D’Italia nella provincia a Nord di Napoli.

Un momento di confronto e dibattito sui temi dell’ambiente, lo sviluppo, la sicurezza, i trasporti e il lavoro.

La tappa di avvicinamento alle Elezioni Regionali della prossima primavera metterà sul tavolo le questioni che riguardano una parte consistente del territorio della Provincia di Napoli.

Il dibattito sarà aperto con i saluti del Sindaco di Casalnuovo Massimo Pelliccia e vedrà le presenza del Presidente dell’ASI Giosy Romano, dell’Ingegnere ambientale Alberto Di Buono, del Parlamentare di Fratelli D’Italia Marcello Gemmato e del Senatore Antonio Iannone.

Saranno presenti il Coordinatore Regionale di Fratelli D’Italia Gimmi Cangiano e il Coordinatore Provinciale Nello Savoia.

La rete territoriale sarà rappresentata dai Coordinatori Cittadini di: Afragola, Raffaele Di Maso. Casalnuovo, Massimiliano Cosimo.Volla, Angela Sgritto. Pomigliano D’arco, Nello Pinto. Poggiomarino, Giuseppe Orefice.

Parteciperanno inoltre il consigliere comunale di Casalnuovo Anna Romano e i Dirigenti Pasquale Allocca di Marigliano, Felice Mercogliano di Nola, Raffaele Barbato di Acerra, Andrea Cavucci di Afragola e Giuseppe D’Angelo di Arzano.

L’incontro sarà il primo di altri appuntamenti che la rete territoriale intenderà mettere in campo per ascoltare i cittadini e arricchire la proposta programmatica di Fratelli D’Italia in vista delle imminenti elezioni regionali.

 

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Paestum: “Meraviglie” di Alberto Angela tra i tesori dei Templi

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Paestum e i suoi Templi pronti ad affascinare il pubblico di Rai1: sabato 11 gennaio, nella seconda puntata di “Meraviglie”, Alberto Angela andrà alla scoperta dei tesori dell’antica Poseidonia.

La Campania si conferma una protagonista della terza edizione di “Meraviglie – La penisola dei tesori”, il programma di approfondimento culturale della prima serata di Rai 1, condotto da Alberto Angela. Quattro gli appuntamenti, in onda il sabato sera, che mostrano le bellezze e le meraviglie della penisola italiana: “la penisola dei tesori”, come recita il sottotitolo del programma. Dopo la prima puntata, che ha meravigliato più di quattro milioni e mezzo di spettatori (il 23% di share) con le bellezze nascoste di Capri, Alberto Angela fa di nuovo tappa in Campania.* Tra i protagonisti della seconda puntata ci saranno, infatti, i Templi, le bellezze e i tesori custoditi nel Parco Archeologico di Paestum.

Il Parco Archeologico di Paestum su Rai 1

L’appuntamento è per sabato 11 gennaio 2020 alle 21:15 su Rai 1.

Il Parco Archeologico di Paestum, diretto da Gabriel Zuchtriegel, ha reso nota la collaborazione con la troupe del famoso paleontologo e divulgatore scientifico attraverso la pubblicazione di alcune foto di backstage, scattate al Tempio di Nettuno lo scorso ottobre. «Paestum sarà protagonista della seconda puntata di “Meraviglie”, il nuovo programma di Rai1 condotto da Alberto Angela, dedicato alle bellezze naturali e artistiche di alcuni comuni italiani» – così si legge nel post di Facebook che annuncia le foto.

Nella puntata dedicata a Paestum si parlerà anche della famosa “Tomba del Tuffatore”, prezioso reperto archeologico risalente al quinto secolo a.C., conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Paestum. Esempio, unico nel suo genere, di arte funeraria della Magna Grecia, la tomba prendere il proprio nome dall’oggetto dell’affresco che ne decora la lastra di copertura: un uomo intento a tuffarsi.

Durante le riprese, l’area è stata anche sorvolata da un drone, il che ha permesso di acquisire affascinanti vedute dall’alto.

* Nel primo episodio si è parlato anche del Palazzo Reale di Torino e delle fontane di Roma.

Aerotech Academy, una collaborazione tra Leonardo e UniNa

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Pomigliano d’Arco: nasce l’Aerotech Academy dalla collaborazione tra l’azienda Leonardo e l’Università di Napoli Federico II.

A Pomigliano d’Arco arriva un’altra importante collaborazione per la Federico II. Dopo quella con Apple e la conseguente nascita della Apple Developer Academy, la più antica università laica e statale del mondo si prepara a collaborare con Leonardo, l’azienda ad alta tecnologia nei settori aerospazio, difesa e sicurezza. Nasce ora Aerotech Academy.

In effetti da qualche mese si parlava di un ampliamento del campus universitario di San Giovanni a Teduccio con una nuova sede a Pomigliano d’Arco (clicca qui!). I nuovi fondi, giunti grazie all’accordo tra Leonardo e Federico II, permetteranno infatti l’avvio di Aerotech Academy.

Si tratta di un percorso di alta formazione. Si punterà a formare studenti con competenze immediatamente spendibili in settori industriali a tecnologia avanzata, attraverso metodologie di insegnamento e di apprendimento innovative. In un vero e proprio campus universitario, gli studenti potranno prendere parte ai Leonardo Labs (laboratori di ricerca e innovazione, concepiti per rafforzare lo sviluppo tecnologico e la crescita competitiva dell’azienda). Insomma si punta ai giovani!

Solo gli studenti in possesso almeno di una laurea triennale n ingegneria o altre discipline scientifiche potranno partecipare al bando di selezione. Il percorso di alta formazione si svolgerà da marzo a dicembre 2020 nel sito di Leonardo a Pomigliano d’Arco presso l’Aerotech Campus.

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