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Campus universitario di San Giovanni a Teduccio: previsto ampliamento

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Nuovi fondi europei per il campus universitario della Federico II di San Giovanni a Teduccio: si prevede un ampliamento con altri grandi della tecnologia.

Il campus universitario della Federico II di San Giovanni a Teduccio è uno dei migliori esempi di come siano stati spesi i fondi europei in Campania. Il polo universitario ospita sedi delle facoltà di ingegneria, fisica e chimica. Dal 2016 l’inaugurazione della Apple Academy ha poi ampliato il campus univerisario, che ha ricevuto il premio come miglior utilizzo del FESR (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale).

San Giovanni a Teduccio è un quartiere della periferia orientale di Napoli. Ormai da qualche anno sta giovando di una riqualificazione proprio grazie al nuovo rinomato campus universitario. Dopo la notizia dell’arrivo di nuovi fondi si prevede un ulteriore ampliamento, anche se lo spazio sta via via diminuendo.

Molte multinazionali sembrano comunque prepararsi ad aprire una propria sede nel campus universitario di San Giovanni a Teduccio. L’ultimo annuncio è di Gianni De Gennaro, presidente di Leonardo, l’azienda ad alta tecnologia nei settori aerospazio, difesa e sicurezza. Una nuovo centro di innonazione di Leonardo aprirà infatti a Pomigliano d’Arco e una delle sedi sarà probabilmente a San Giovanni a Teduccio.

Ci sono voci di trattative in corso con altri giganti della tecnologia, come Amazon e Oracle.

Definire il polo federiciano di San Giovanni a Teduccio come la Silicon Valley partenopea forse è ancora un po’ prematuro, ma alcune dichiarazioni fanno ben sperare. Ecco infatti le parole di Enrico Mercadante, responsabile Innovation & Digital Transformation di Cisco Italia:

«Il nostro bilancio è molto positivo. Troviamo un ambiente stimolante, in cui imprese e istituzioni hanno interesse a mettersi in gioco. C’è una coralità che fa di Napoli una capitale europea dell’innovazione, alla pari di Berlino, Barcellona. Perciò noi continuiamo a investire qui».

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Viadotto Capodichino ridotto a due corsie

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A causa di controlli di monitoraggio ed ispezione il tratto della Tangenziale di Napoli è momentaneamente ridotto a circolazione su due corsie

La chiusura di una delle tre corsie di marcia del viadotto Capodichino è compresa tra le uscite di Corso Malta e Capodimonte. Il traffico potrebbe subire dei rallentamenti a causa dei controlli partiti già lo scorso 18 ottobre e ripresi questa mattina.

L’azienda Tangenziale di Napoli s.p.a. ha fatto sapere che i controlli saranno continuativi per verificare lo stato di salute del viadotto.

La Tangenziale, infatti è una delle strade più utilizzate. Proprio il tratto delle uscite tra Corso Malta e Capodimonte ha la maggior concentrazione di traffico, in quanto raccogli gli automobilisti provenienti dal Centro Storico e dall’Autostrada del Sole.

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Al via gli Stati Generali della Cultura: Presenti Franceschini, De Luca e De Magistris

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“Stati generali della cultura” della regione Campania con il ministro Franceschini a Palazzo Reale: presenti De Luca e De Magistris.

Nel teatrino di corte di palazzo Reale a Napoli, è in programma la prima delle due giornate degli “Stati generali della cultura” della regione Campania.

Dalle ore 10.00 sono previsti gli interventi del presidente della Regione Vincenzo De Luca e del ministro per i beni Culturali, Dario Franceschini. Presente anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

Dalle 14:30, partirà la sessione pomeridiana con i tavoli tematici. Le conclusioni sono in programma nella giornata di domani, martedì 22 ottobre, sempre a partire dalle 10.

Napoli, donna scippata e trascinata per metri: Rischia la vita per pochi euro

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Giovane donna trascinata per metri da rapinatori in sella a uno scooter: ha rischiato di perdere la vita per pochi euro.

Notte di paura nel cuore di Napoli per una giovane donna: è stata trascinata per metri da due rapinatori in sella a uno scooter. Il fatto è accaduto in via San Raffaele a Caponapoli, alle spalle dell’ospedale “Incurabili”. L’episodio è stato reso noto dal consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli e il responsabile ambiente del “Sole che Ride partenopeo” Enzo Vasquez:

“Una ragazza che stava raggiungendo la propria automobile è stata scippata da due delinquenti a bordo di uno scooter e trascinata per una decina di metri. Messo a segno il colpo, i due scippatori si sono dileguati nel dedalo di vicoli del centro antico mentre la ragazza è stata soccorso da un’ambulanza del 118”.

Vasquez ha soccorso la vittima dell’aggressione assieme ad altri passanti:

“La ragazza non mollava la borsa perché dentro c’erano le chiavi dell’auto e pochi soldi. Non è tollerabile che una giovane rischi di perdere la vita per pochi euro. Questa barbarie deve essere immediatamente contenuta con un presidio del territorio che impedisca ai criminali di agire indisturbati nei vicoli del Centro Storico”.

Mosche e vermi nel cibo: Denunciati diversi locali di Napoli e Salerno

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Mosche e vermi nel cibo e strutture senza autorizzazioni, in condizioni igenico-sanitarie fatiscenti: sanzioni e sequestri per alcuni locali della Campania.

Una tonnellata e mezzo di trippa e altre frattaglie bovine tenute in pessimo stato di conservazione, ricoperte di insetti: ecco cos’è stato trovato in un esercizio commerciale di Napoli dai carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità partenopeo, che hanno posto sotto sequestro, oltre al cibo, anche diverse attrezzature.

Nel corso di un’ispezione, è emerso che gli stessi alimenti erano stati lavorati, manipolati, stoccati e confezionati all’interno di locali privi di titoli autorizzativi e in condizioni fatiscenti. Al termine delle operazioni, i carabinieri hanno sottoposto tutto al sequestro giudiziario, oltre ovviamente all’intera attività produttiva, denunciando il proprietario all’autorità giudiziaria competente.

In un’altra operazione, invece, i carabinieri del Nas di Salerno hanno chiuso due ristoranti e un deposito alimentare per gravi carenze strutturali e igienico-sanitarie, sequestrando anche oltre due tonnellate di prodotti alimentari di vario tipo, ittici, carnei e vegetali, tutti privi di tracciabilità. Sono stati anche duramente sanzionati, per un totale di un milione di euro, di cui sedicimila euro di multa pera le irregolarità degli alimenti.

Sapori Leggendari: le graffe e le zeppole di San Giuseppe

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Questa settimana vale doppio: vi racconteremo infatti di due leggende e due delizie che sono strettamente legate l’una all’altra.

Le graffe fritte, infatti, hanno una storia molto interessante, storia che ha condotto alla creazione di un dolce campano molto noto ed altrettanto amato, le zeppole di San Giuseppe, della cui invenzione miracolosa parla a sua volta un’altra leggenda che non potevamo evitare di raccontarvi.

Una pasticcera viennese ed un uncino

La storia che accompagna la creazione delle graffe napoletane è avvolta nell’incertezza e nel mistero, anche se priva di quegli elementi sovrannaturali che invece troviamo spesso sulle tavole napoletane.

La leggenda più celebre riguardo l’invenzione della ricetta ha come protagonista una donna, una pasticcera viennese, Cecilia Krapf. La donna, in visita a Napoli, mentre preparava un altro dolce avrebbe lasciato cadere per errore dell’impasto che stava lavorando nell’olio bollente.

Estratto l’impasto ormai cotto ed ancora sfrigolante, colta da una certa ispirazione l’avrebbe cosparso di zucchero e, scoperto quanto fosse buono il suo gusto, decise di chiamare col suo nome quel dolce imprevisto – Krapfen, diventato poi, sulle bocche dei napoletani, graffa.

Non è chiaro se questa leggenda sia autentica: pare infatti che il termine longobardo Krapfo, che a sua volta deriva dal gotico Krappa, significhi uncino, forma data inizialmente a questo dolce. Le due estremità dell’uncino si sarebbero poi incrociate nelle successive lavorazioni, fino a far assumere alla graffa la forma a ciambella che noi tutti conosciamo.

L’unica cosa certa sull’origine delle graffe sembra sia la provenienza o la contaminazione da parte della cultura astro-ungarica.

Le Zeppole di San Giuseppe

Quale che sia l’effettiva realtà sulla creazione della graffa semplice, certo è invece che, sulla base di quella ricetta, il popolo napoletano elaborò un dolce più conforme ai sapori della tradizione campana: stiamo parlando della celeberrima zeppola di San Giuseppe.

Aggiunte le patate all’impasto e ricoperte da crema pasticcera ed amarene sciroppate, le zeppole hanno conquistato con facilità il cuore dei napoletani e dei campani. Alcuni credono che abbiano un’origine addirittura divina: di bocca in bocca si tramanda infatti una leggenda secondo cui alla creazione della ricetta avrebbe partecipato persino il bambin Gesù.

Un sapore miracoloso

La leggenda racconta che un uomo, un mendicante malconcio e zoppicante, avesse bussato alla porta di San Giuseppe chiedendo di bere e mangiare. San Giuseppe fece entrare il pover’uomo e lo dissetò, ma poi disse con costernazione di non aver nulla da offrirgli, nemmeno un tozzo di pane.

Il mendicante ringraziò Giuseppe per aver condiviso con lui quanto aveva, uscì dall’uscio dell’umile casa e carezzò Gesù bambino che stava giocando con dei trucioli di legno e andò via.

Giuseppe si avvicinò al figlio e fece per prenderlo tra le braccia, quando si rese conto che quelli con cui il bambino stava giocando non erano più semplici trucioli di legno: si erano trasformati in paste e ciambelle, coperte di zucchero e creme.

Il falegname corse nella direzione dove aveva visto il mendicante andar via, con l’intenzione di farlo tornare in casa per offrirgli i dolci miracolosamente apparsi tra le mani del piccolo Gesù, ma non lo trovò mai.

Nacquero così, direttamente dalle mani del bambin Gesù Cristo, quelle che passarono alla storia come Zeppole di San Giuseppe.

Festività

Che le loro origini siano divine oppure mortali, napoletane, austriache o longobarde, l’unica cosa certa è che questi due dolci hanno conquistato un posto speciale nel cuore dei napoletani che, ancora oggi, le consumano rispettivamente a Carnevale e nel giorno di San Giuseppe.

E voi? mantenete viva la tradizione?

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San Giovanni a Teduccio: sit-in al parco Troisi per la sopravvivenza del laghetto

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Manifestazione al parco Troisi di San Giovanni a Teduccio contro la delibera comunale che vuole ridimensionare il laghetto.

I cittadini e i comitati della zona est si sono riuniti nel parco Troisi armati di bottiglie per riempire simbolicamente il laghetto. L’impianto è in disuso da anni per mancanza di manutenzione e carenze igieniche. Il laghetto, secondo una delibera comunale, dovrebbe essere ridimensionato per fare posto ad altri impianti meno onerosi dal punto di vista della manutenzione. “Con questa manifestazione – ha detto stamani Marco Sacco, dei comitati civici – si intende ribadire la nostra contrarierà alla delibera del comune, ma allo stesso tempo ringraziare l’amministrazione per la disponibilità al dialogo. Non vogliamo prestare il fianco ai partiti di opposizione che tendono a strumentalizzare la vicenda”. La manifestazione fa seguito all’incontro avvenuto nei giorni scorsi fra i comitati e l’assessore Ciro Borriello. “Ci siamo soffermati – aggiunge Marco Sacco – su quanto disposto dalla delibera n.315 del 5 luglio 2019 che suggerisce di ridimensionare lo specchio d’acqua del parco Troisi. Tale decisione ha suscitato nella comunità locale una ferma contrarietà. L’assessore si è reso disponibile a recepire le istanze della cittadinanza”.

L’assessore si è impegnato inoltre a proseguire il confronto con le parti politiche e civiche per la riqualificazione del parco Troisi. Dalla riunione è emersa la necessità di avviare un piano di rilancio dei parchi urbani nella VI municipalità. L’assessore si è impegnato anche a reperire i fondi necessari per riqualificare il campo di calcio posto su viale 2 Giugno. “Consideriamo positivamente gli impegni assunti dall’amministrazione comunale – conclude Marco Sacco – e continueremo a partecipare a tutte le iniziative che mantengono viva l’attenzione sui temi della qualità urbana”.

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Terzo incendio in un anno: ancora in fiamme lo stir di Casalduni

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Un violento incendio è divampato questa notte all’interno di un capannone dello Stir di Casalduni, in provincia di Benevento.

Si tratta del terzo incendio allo stir di Casalduni dopo quello del 16 agosto di quest’anno e dell’altro risalente ad agosto 2018.  Non solo: semplicemente spostandoci di qualche km, tre giorni fa, era andato in fiamme lo Stir di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano.  Ben due roghi ad impianti di trattamento e compostaggio dei riddfiuti in Campania in meno di una settimana.

L’impianto per il trattamento dei rifiuti che serve l’intera provincia di Benevento aveva ripreso da poco le attività, dopo il sequestro dell’area disposto dalla procura della Repubblica per consentire le indagini. E un’altra inchiesta per accertare responsabilità e cause è stata già aperta.

Coincidenza non da poco è che a prendere fuoco nello stir di Casalduni sono state ancora una volta balle di rifiuti tritovagliati pronti per essere trasferiti nel termovalorizzatore di Acerra. L’impianto, dopo il blocco per lavori di manutenzione, è stato riaperto di recente, addirittura con qualche giorno in anticipo rispetto alle previsioni.

Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha espresso grande soddisfazione per la grande emergenza rifiuti di cui avevano parlato i giornali e che, a suo dire, nonostante la chiusura dell’inceneritore, nei fatti non si è manifestata. Ancora non pervenuti commenti sull’ultimo rogo che ha interessato la regione.

De Luca- Crisi Rifiuti Acerra

 

22enne di Caserta morta a Modena: aperto un fascicolo per omicidio colposo

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Tra la notte di giovedì e ieri 18 ottobre, una 22enne originaria di Caserta è deceduta all’ospedale di Modena.

La procura di Modena ha disposto oggi l’apertura di un fascicolo per indagare sulle le cause del decesso della giovane con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Le indagini, affidate al pubblico ministero Marco Niccolini, riguarderebbero più di un medico, ma al momento non si sa il numero esatto.

La ragazza, che si era trasferita in Emilia Romagna per seguire il suo sogno di diventare cantante,  si era recata lo scorso 7 ottobre al Pronto Soccorso di Vignola lamentando dolori all’appendicite, il giorno dopo viene portata all’Ospedale di Sassuolo e operata d’urgenza.

Da quanto si legge in una nota diramata dall’Ausl, il decorso post-operatorio è inizialmente sembrato regolare, ma dopo poco la giovane avrebbe accusato dolori improvvisi ad una spalla, quindi non direttamente riconducibili a complicanze post-intervento. Successivamente, sono stati disposti diversi approfondimenti diagnostici, effettuati nei giorni scorsi in ospedale sempre a Sassuolo.

“Nonostante un quadro clinico stabile — si legge ancora nella nota dell’Azienda Sanitaria — è stata trasferita in ambulanza all’ospedale di Baggiovara per ulteriori approfondimenti”. Qui è stata eseguita un’angioTAC, poco dopo un improvviso peggioramento, la ragazza è stata trasferita in rianimazione dove è morta ieri all’alba.

“Un evento, tragico, imprevedibile, che lascia sgomenti tutti i sanitari e addolora profondamente”, scrive l’ospedale emiliano che esprime vicinanza, cordoglio e totale trasparenza alla famiglia: “tutti gli accertamenti sono stati disposti ed è stata aperta un’indagine interna”. L’Azienda ha assicurato la massima collaborazione alle indagini “avendo comunque piena fiducia nell’operato dei propri professionisti, che, ad una prima analisi, risultano aver assicurato tutte le cure necessarie”.

La procura di Modena ha nominato un consulente per l’autopsia, prevista per martedì, mentre fra le prime ipotesi al vaglio per il decesso della giovane ci sarebbe quella dello choc emorragico.

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BussoLaStoria: è davvero l’amalfitano Flavio Gioia l’inventore della bussola?

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Flavio Gioia è, secondo la tradizione, il navigatore cui è stata attribuita per secoli l’invenzione della bussola: per aprire una rubrica storica non c’è, quindi, alcuna figura più consona di lui per questo portale.  Comincia con lui #BussoLaStoria: rubrica che sarà dedicata ai personaggi e alle storie più importanti della Campania. 

C’è però del bizzarro nella storia di Flavio Gioia, poiché di recente è stata messa in dubbio e perfino confutata la sua esistenza.

La tradizione che attribuisce l’invenzione della bussola a Flavio Gioia è testimoniata dall’iscrizione della statua eretta in onore dell’ “inventore della bussola”, che campeggia ad Amalfi. Il navigatore sarebbe nato ad Amalfi o a Positano attorno al 1250, e varcata la soglia del 1300 avrebbe inventato o perfezionato la bussola.

Nel 1511, Giovanni Battista Pio, nei suoi “In Carum Lucretium poëtam Commentarii“, riprese l’informazione di Flavio Biondo (un eminente umanista, che attribuiva l’invenzione della bussola agli Amalfitani) in questi termini: Amalphi in Campania veteris magnetis usus inventus a Flavio traditur. La formulazione del testo latino si apre però a due interpretazioni, cioè:

 

  • Viene tramandato da Flavio che l’uso della bussola sia stato inventato ad Amalfi in Campania”;
  • “Si tramanda che l’uso della bussola sia stato inventato ad Amalfi, in Campania, da Flavio”.

Questo perché Flavio, complemento d’agente in latino, può riferirsi sia a traditur (cioè “è tramandato”) che a inventus (cioè “inventato”). A causa della seconda interpretazione, che pur essendo fattualmente sbagliata è grammaticamente corretta, Flavio divenne per errore la figura cui fu affibbiata la paternità della scoperta.

 Lilio Gregorio Giraldi, nel suo De Re Nautica (1540), attribuisce l’invenzione della bussola a tale “Flavio di Amalfi”. In seguito, lo storico napoletano Scipione Mazzella aggiunse, senza alcuna fonte, che “Flavio” sarebbe invece nato nella località pugliese di Gioia del Colle e divenne Flavio di Gioia. In seguito scomparve la particella “di” e Gioia diventò il cognome del presunto inventore.

Il tempo passò e nonostante non sia probabilmente esistito, lo scultore cavese Alfonso Balzico dedicò a Flavio Gioia un monumento ad Amalfi, che ha dato poi il nome alla piazza in cui è situato. Di recente, tuttavia, la storica Chiara Frugoni ha definitivamente dimostrato l’inesistenza di Flavio Gioia con un’approfondita ricerca, chiudendo questo lungo cerchio.*

La bussola è in realtà un’invenzione cinese, adottata poi dagli Arabi e infine dagli Amalfitani e dei Veneziani che la diffusero nel resto d’Europa. Quasi sicuro è che Marco Polo, al suo ritorno dalla Cina nel 1295, abbia contribuito alla diffusione di questi strumenti per la navigazione usati dai popoli che visitò.

Sebbene il famoso navigatore non sia esistito davvero, sono innegabili i meriti degli Amalfitani nella diffusione e nel perfezionamento della bussola e, in generale, della navigazione dei mari: si potrebbe dire, insomma, che è un’icona o una metafora, un rappresentante del popolo della Repubblica Marinara nella sua interezza.

*Chiara Frugoni, Medioevo sul naso: occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali, Laterza, 2004.

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