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Denuncia uno stupro, ma era tutto falso

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Una 32enne di Nocera Inferiore finisce sotto accusa per aver messo in scena un finto stupro

Il 27 gennaio scorso una donna arriva alla caserma dei Carabinieri di Nocera Inferiore e denuncia uno stupro. La 32enne racconta i dettagli della violenza sessuale, consumatasi nella sua auto dopo che un uomo l’aveva fatta accostare per salire a bordo e poi portarla in un luogo isolato. Subito dopo la violenza, però, la donna aveva avuto la prontezza di recarsi in caserma e raccontare l’accaduto. Si tratterebbe di un iter tristemente comune, se non fosse che la denuncia risulterà, poi, infondata.

Le indagini

Una volta partite le indagini sull’episodio, infatti, i Carabinieri non sono riusciti a trovare riscontri con quanto raccontato dalla donna, ma solamente dettagli contraddittori. Le indagini si sono, quindi, spostate proprio sulla 32enne, con l’accusa di simulazione di reato. La donna rischia adesso dall’uno ai tre anni di carcere in caso di condanna. Il processo, affidato alla procura di Nocera Inferiore, chiarirà anche il motivo dietro le false accuse nei confronti dell’uomo.

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Campania, Italia Viva Ruba pezzi a DeMa: De Luca a un passo dai Renziani

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Si tratta del presidente della municipalità Vomero-Arenella, Paolo De Luca, uomo di punta della roccaforte arancione che sta per passare in Italia Viva.

“La discussione c’è, se ne discute. Non solo del mio passaggio personale, ma anche di una rappresentanza consistente di consiglieri del territorio”. 

Questo il commento di Paolo De Luca sul suo passaggio ad Italia Viva, il quale dovrebbe arrivare dopo il rimpasto di giusta previsto tra circa un mese. Intanto partono le prime consultazioni:

“Ho aperto una discussione per rilanciare l’attività politica – Spiega De Luca – Ho accolto le richieste dei gruppi della maggioranza per realizzare quante più cose possibile entro la fine del mandato.” 

Un salto, quello di De Luca, già nell’aria da un po. Il capogruppo si è infatti sensibilmente avvicinato a Michela Rostan, acquisto recente di Italia Viva, approdata nel partito renziano dopo l’addio a Leu.

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Droga e cellulare nella vagina per il fratello detenuto: Arrestata

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Una donna salernitana, è stata beccata con droga e cellulare nella vagina per il fratello detenuto nel carcere di Avellino.

Una donna di Salerno, è stata beccata con droga e cellulare nascosti nelle parti intime. Aveva intenzione di portarli al fratello detenuto nel carcere di Avellino.

La suddetta è stata arrestata dopo essere stata scoperta dagli agenti della Polizia penitenziaria grazie alle unità cinofile e al nuovo metal detector in dotazione alla casa circondariale del capoluogo irpino.

Era nel reparto colloqui quando è stata sorpresa. Il Sappe e i dirigenti Capece e Fattorello sono molto soddisfatti dell’efficacia delle nuove strumentazioni di controllo.

Oltre ad elogiare l’azione della Polizia penitenziaria, fanno sapere che anche un’altra donna ha tentato di introdurre nel carcere un microcellulare ed è stata fermata in tempo.

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“La Cupa” al San Ferdinando: L’universo scenico-linguistico di Mimmo Borrelli

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di Roberta Sanguedolce – Al Teatro San Ferdinando torna in scena, “La Cupa – Fabbula di un omo che divinne un albero”, scritto e diretto da Mimmo Borrelli, l’autore, attore e regista napoletano riconosciuto come uno dei maggiori drammaturghi italiani contemporanei.

La Cupa, che al suo debutto nel 2018 si aggiudicò numerosi riconoscimenti e il favore della critica, costituisce il primo capitolo della Trinità della Terra a seguire la Trinità dell’Acqua di ‘Nzularchia (2003), ‘A Sciaveca (2006), La madre: ‘i figlie so’ piezze ‘i sfaccimma (2010). Un’opera monumentale scritta in cinque anni di fatica da Mimmo Borrelli, di cui noi assistiamo alla messinscena di una versione ridotta di un quinto del testo completo che consta di quindicimila versi.

Il titolo ha una doppia accezione: è il sentiero stretto «che s’apre nelle cave», ma rimanda anche all’oscurità e a tutte le metafore che ne conseguono. Al buio tutto può succedere.

Cupa, ’nfa maje matina, / ’u sole va a ’mbiccia’, / se ’nfrasca ’nt’ ’a cantina / r’ ’a feccia ’i ll’umanità. / Cupo è ’u dilavamento. / Ahi voglia ’i strafuca’ / si ’u ttufo ’nse presenta, / pane tuosto baccala’!…

È il canto di Ciaccone che, come in un rito primigenio di morte e rinascita, apre il primo dei due segmenti e mette in moto la vicenda presente. È la rappresentazione dell’antica e violenta ostilità – a causa di una cava di tufo contesa in una partita giocata a carte truccate – tra due famiglie di scavatori: quella di Giosafatte ‘Nazamamorte, malato di tumore, e di Tommaso Scippasalute.

Di conseguenza l’unione dei due giovani innamorati Vicienz Mussasciutto e Maria delle Papere diventa impossibile: la giovane viene stuprata dal padre di lui, mentre il ragazzo, che rifiuta di credere all’innocenza della sua amata, muore sotto le macerie che si abbattono sulla cava. Maria delle Papere, cieca e destinata al suicidio come la madre, si infligge un taglio netto alla gola, non prima di aver scoperto che quello che pensava fosse suo fratello, in realtà, era suo padre: Giosafatte, un uomo che si rifiuta di essere padre pagando una colpa di vent’anni prima, quella di non aver saputo proteggere suo figlio Mimmuccio, trovato morto assiderato in seguito a una tempesta. L’altro figlio di Giosafatte, il sopravvissuto Innocente Crescenzo, torna per vendicarsi di Scippasalute, essendo stato da lui violentato come la sorella, e per riconoscere il padre e farsi riconoscere come figlio.
Come accade nel mito, all’interno di ciascun protagonista troviamo la dialettica tra passato e presente, da cui nasce uno dei temi tragici per eccellenza: l’ereditarietà della colpa, secondo cui il singolo risponde anche per la colpa dei predecessori.

I rapporti familiari sono degradati e perversi, altrettanto lo è la sessualità, corrotta e spinta fino al limite dell’umano. Ci troviamo di fronte a uomini dagli istinti animali incontrollati, creature mostruose, talvolta vere e proprie figure ibride a metà tra l’uomo e l’animale (si veda la papera che accompagna la sua padrona o il maiale Ciaccone, forse tra quelle meglio riuscite), che danno vita a un linguaggio fatto di suoni e onomatopee animalesche che si fondono a un turpiloquio insistente e blasfemo.

Sull’impianto scenografico di Luigi Ferrigno campeggia una gigantesca sfera che rappresenta la Terra e a sovrastarla scende dall’alto un enorme grifone alato fatto di una composizione materica di brandelli di rete da pesca, simbolo della Natura che protegge o distrugge la brutale umanità sottostante. Gli attori danzano, lottano, cantano su una pedana attraversa la platea del teatro e la divide in due. Alle spalle delle poltrone, nella zona semicircolare del San Ferdinando, è raffigurata l’effigie di Sant’Antonio con un maiale.
La musica, eseguita dal vivo da Antonio della Ragione, ha un ruolo fondamentale: interagisce con il ritmo dei versi declamati dagli attori e accompagna il loro movimento, come “vattienti” in un rito sacrificale.

Lo spettatore è stranito davanti a uno spettacolo di cui forse non comprende tutti i dettagli a causa di un testo particolarmente ostico e crudo, si trova però travolto dal fascino dell’arcano e della vivida asprezza dei corpi; immerso nell’oscurità e al centro dell’aberrazione di un’umanità perduta, un popolo universale sganciato dalla dimensione spazio-temporale e dall’imitazione di realtà già esistenti, ma storie di personaggi esemplari consegnate all’eternità del mito. In questo senso, l’operazione linguistica di Borrelli è del tutto funzionale al processo di esemplarità dell’opera: il vernacolo di Torregaveta, variante più aspra del napoletano anche per la chiusura delle vocali, perciò ancor più indecifrabile, si carica di significati oscuri e che facilmente si prestano ad allegorie e simboli che alludono al destino degli uomini.
La performance è potente, densa di fisicità, di corpi che trasudano dolore e sudore, lacrime e sputi. Mimmo Borrelli addestra personalmente il suo esercito di attori, soldati messi sempre alla prova e orientati verso un unico obiettivo: lo scavo emotivo della verità.

La cupa. Fabbula di un omo che divinne un albero
versi, canti, drammaturgia e regia Mimmo Borrelli
con Maurizio Azzurro, Dario Barbato, Mimmo Borrelli, Gaetano Colella, Veronica D’Elia, Renato De Simone, Gennaro Di Colandrea, Paolo Fabozzo, Marianna Fontana, Enzo Gaito, Geremia Longobardo, Stefano Miglio, Autilia Ranieri
scene Luigi Ferrigno
costumi Enzo Pirozzi
disegno luci Cesare Accetta
musiche, ambientazioni sonore composte ed eseguite dal vivo da Antonio Della Ragione
assistente ai costumi Irene De Caprio
assistente alle scene Sara Palmieri
trucco Sveva Viesti
foto di scena Marco Ghidelli
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
durata 3h
lingua cappellese, bacolese, montese, italiano, napoletano
Napoli, Teatro San Ferdinando
in scena dal 27 febbraio all’8 marzo 2020

Recensione a cura di Roberta Sanguedolce

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#BussoLaLingua // Perché si dice “dicette Pulecenella: nu Maccarone vale ciente Vermicielle”?

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Dicette Pulecenella: nu Maccarone vale ciente Vermicielle!

Questo modo di dire viene usato, a Napoli, per indicare una persona particolarmente valida: chi è davvero competente è come “nu Maccarone” (un maccherone), che vale cento persone incompetenti, i “Vermicielle” (i vermicelli).

Ma come mai si dice così? Perché mai un maccherone dovrebbe valere di più di un vermicello? E per quale motivo a dirlo è proprio Pulcinella?

#BussoLaLingua questa settimana tra uno spaghetto e l’altro risponde a tutte queste domande.

Maccheroni, Spaghetti e Vermicelli

In primo luogo è bene svelare un primo segreto: nella lingua napoletana e soprattutto nel passato, i maccheroni non sono la pasta corta che intendiamo oggi, bensì gli spaghetti.

Dunque questo detto oggi suonerebbe un po’ più come “uno spaghetto vale più di cento vermicelli“, e questo ha, in effetti, un senso per noi un po’ più immediato: lo spaghetto come si sa è un tipo di pasta lunga ben più spesso del vermicello, più sottile. Il vermicello veniva inoltre spesso spezzato ed usato principalmente per cucinare dei piatti specifici per i bambini.

Il vermicello viene identificato come uno spaghetto più sottile e paragonato allo spaghetto in un libro molto celebre che abbiamo spesso citato quando ci siamo ritrovati a parlar di cibo, e cioè il Liber de Coquina. 

In questo libro, che consiste in uno dei più antichi ricettari Napoletani e che è oggi conservato a Parigi, leggiamo che spaghetti e vermicelli non sono decisamente paragonabili: certo è più soddisfacente, spesso e pregiato uno spaghetto di un vermicello!

E se lo dice Pulcinella…

Ma rimane ancora un piccolo mistero: perché mai questa frase viene proferita da Pulcinella?

Molti detti napoletani cominciano con la frase “dicette…” seguito dal nome di un personaggio celebre o autorevole. Questo escamotage veniva utilizzato per conferir credito a quanto si stava asserendo.

Pulcinella, oltre ad essere una maschera particolarmente amata tra le strade partenopee, forse addirittura troppo, è descritto come golosissimo di pasta ed infatti viene spesso raffigurato mentre gusta con le mani un piatto di spaghetti.

Se si doveva scegliere una voce esperta di maccheroni, spaghetti e vermicelli, certamente nessuno poteva superare Pulcinella.

Dicette Pulecenella: nu Maccarone vale ciente Vermicelle!

Adesso, quando vi ritroverete a parlare di spaghetti, maccheroni o persone incompetenti, potrete esclamare “dicette Pulecenella: nu Maccharone vale ciente Vermicelle!” ponderatamente e conoscendo significato ed origine di ciascuno degli elementi di cui state parlando.

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Scopri i segreti di altre parole e modi di dire:

Se vuoi approfondire la tua conoscenza sulla nostra cultura regionale o leggere altre storie della Campania, non perderti le nostre rubriche sulle Leggende e sui Sapori della nostra regione : #BussoLaLeggenda e #BussoLaTavola

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#BussoLaTavola // La Parigina, un dono alla Regina

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Esiste forse qualcuno al mondo a cui non piaccia la Parigina?

La Parigina è uno degli street-food più amati della tradizione partenopea, dagli ingredienti tanto semplici quanto gustosi: si tratta di due rettangoli di pasta sfoglia che contengono pomodoro e prosciutto cotto.

Ma conoscete la sua vera storia? E siete sicuri di sapere il motivo per cui si chiama proprio così? #BussoLaTavola questa settimana vi racconta tutti i segreti che condiscono questa deliziosa sfoglia – sicura che vi sorprenderanno.

Da Parigi, ma non poi così tanto

La Parigina è decisamente antica: la sua ricetta fu inventata nel tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 a Napoli, da uno degli chef francesi che lavoravano nelle cucine della reggia di Napoli.

Questi chef francesi, detti Monsù – termine che deriva dalla parola francese “monsieur” – erano stati invitati nella capitale partenopea da Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, che a breve si sarebbe sposata con Ferdinando IV.

Dell’identità Monsù che avrebbe creato la parigina per deliziare il palato della regina non c’è rimasto molto – non sappiamo nemmeno il suo nome. Tuttavia, siamo certi che sia stato allievo del cuoco francese Marie Antoine Careme Arfagne, che elaborò la ricetta della pasta  sfoglia per la prima volta.

Utilizzando dunque la ricetta del suo maestro, il Monsù trapiantato a Napoli inventò la Parigina, che risultò particolarmente gradita alla regina Maria Carolina.

Tuttavia, non è in virtù delle sue origini francesi che la Parigina porta questo nome.

Da Napoli, p’ ‘a’ Riggin’

Il nome della celeberrima pizza rustica è stato infatti ideato solo in seguito.

Ci sono due versioni di questa storia: la prima asserisce che il nome sia stato inventato da un cuoco napoletano che aveva collaborato con il Monsù. Il cuoco, volendo ricordare che questo piatto era stato ideato per la regale Maria Carolina, l’avrebbe chiamato letteralmentep’ ‘a’ Riggin‘” –  cioè “per la Regina” – che nel parlato si sarebbe contratto nel nome che noi tutti conosciamo di “Parigina”.

La seconda versione racconta che invece la ricetta ideata dal Monsù fosse in origine diversa in alcuni particolari; la ricetta rustica che noi tutti conosciamo ed amiamo sia stata ideata nel 1970 da un cuoco che lavorava nella rosticceria di Sant’Antonio di Afragola – e che le avrebbe in seguito dato il nome di ‘p ‘a’ Riggin’ / Parigina.

Quale che sia la verità, l’unica cosa certa è che le origini parigine di questa pizza rustica c’entrano ben poco con il suo nome.

La Parigina

Non possiamo insomma che essere grati alla regina Maria Carolina per aver portato a Napoli quel Monsù che, ispirato dalla sua figura e dalle bellezze della Campania, ha elaborato questa ricetta così deliziosa.

La prossima volta che mangeremo una Parigina, al primo morso, quasi come ad un brindisi potremo dunque esclamare “Per la Regina!”, e gustare questa bontà in suo onore.

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Napoli: 15enne morto in una sparatoria con un carabiniere. La famiglia devasta il Vecchio Pellegrini

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Un 15enne napoletano è stato ferito da colpi di pistola alla testa e al torace ed è morto all’ospedale Vecchio Pellegrini a seguito di una sparatoria innescata – stando alle prime ricostruzione dell’accaduto – da un carabiniere. I familiari per la rabbia hanno devastato l’area del pronto soccorso.

Il giovane, secondo quanto si apprende dalle prime fonti, aveva tentato di rapinare il militare, probabilmente fuori servizio, che avrebbe reagito innescando la sparatoria.

Soccorso da un’ambulanza del 118 in via Generale Giordano Orsini, nella zona di Santa Lucia, le sue condizioni sono apparse da subito molto gravi per le ferite d’arma da fuoco riportate. Trasportato all’ospedale Vecchio Pellegrini e ricoverato nel reparto di Rianimazione, Ugo Russo, questo il nome del 15enne,  è deceduto a causa della grave compromissione delle sue funzioni vitali.

Il dolore dei parenti questa mattina si è trasformato in rabbia: stando ad una nota dell’Asl Napoli 1, l’area del pronto soccorso del presidio della Pignasecca è stata letteralmente assalita da familiari e amici. Entrati al Vecchio Pellegrini, hanno devastato computer, macchinari, barelle e presidi medici. Sul posto è intervenuta la Polizia di Stato. Alle 7,30 è stata dichiarata la sospensione dell’attività del pronto soccorso del Pellegrini ed è stato necessario trasportare altrove alcuni pazienti gravi che erano al pronto soccorso.

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Il Napoli continua a scalare: battuto per 2-1 il Torino al San Paolo

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Il Napoli continua ad ingranare: la squadra di Gattuso ha battuto il Torino di Moreno Longo con un 2-1 di misura, sotto gli occhi del presidente Aurelio De Laurentiis e frutto di una buonissima prestazione degli undici scesi in campo.

La partita è iniziata subito su ritmi altissimi, con Milik subito vicino al gol dopo otto minuti di gioco, con Sirigu che si fa trovare pronto; la partita procede con squadre molto lunghe sul terreno di gioco, il Napoli prende in mano il pallino del gioco ma Insigne, da posizione appetibile, perde due occasioni per andare in porta. Il gol del vantaggio azzurro arriva al minuto 19, con Insigne che pennella in mezzo un pallone che Manolas insacca alle spalle di Sirigu; Torino che, dopo il gol, prova a salire in avanti ma non riesce a trovare spazi. Primo tempo che si conclude con un altro intervento di Sirigu su un colpo di testa di Milik.

Il secondo tempo si apre sulle orme del primo, con il Napoli che continua a controllare il gioco e il Torino che non riesce mai ad essere pericoloso dalle parti di Ospina; ci sarà in seguito un episodio dubbio in area di rigore del Torino, con un tocco di braccio sospetto di Izzo giudicato regolare dal VAR. Il gol del raddoppio arriva al minuto 82, con Di Lorenzo che mette in porta senza troppe difficoltà un bel cross di Mertens, che era chiamato stasera all’appuntamento con il gol numero 122, che gli avrebbe permesso di superare Marek Hamsik nella classifica all-time dei marcatori del Napoli; Torino che prova la reazione e riesce ad accorciare le distanze con Edera al minuto 91.

Napoli che continua quindi la sua risalita verso la zona Europa League agguantando il sesto posto e conferma una buona tenuta fisica e mentale dopo il pareggio di Champions League contro il Barcellona dello scorso martedì.

 

Di seguito il tabellino del match:

Napoli-Torino 2-1 (19′ Manolas, 82′ Di Lorenzo, 91′ Edera)

Ammoniti: 36′ Rincon, 40′ Zaza, 92′ Ansaldi, 93′ Allan.

Sostituzioni: Meitè S. per Baselli D. al 66′, Mertens D. per Milik A. al 74′, Allan M. per Lobotka S. al 79′, Verdi S. per Rincon T. all’83’, Edera S. per Zaza S. e Elmas E. per Politano M. all’84’.

Assist: Insigne, Mertens, Ansaldi.

 

 

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ULTIM’ORA: altri 4 tamponi positivi in Campania

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La Regione Campania, tramite un post Facebook, ha comunicato che  altri quattro tamponi sono risultati positivi al Coronavirus: “La task force della Protezione civile della Regione Campania comunica che nella giornata di oggi sono stati esaminati in laboratorio, presso il centro di riferimento dell’ospedale Cotugno di Napoli, sessanta tamponi. Sono risultati positivi in serata altri 4 tamponi, per i quali, come per tutti gli altri finora positivi, si attende la conferma ufficiale da parte dell’Istituto Superiore di Sanità“.

Napoli, provincia: Abbandonato bambino in un parco

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Abbandonato un bambino in provincia di Napoli. Ora è in ospedale, è stato salvato da alcuni passanti.

Un bambino è stato ritrovato in un passeggino nei pressi del parco pubblico “Fratelli De Filippo”, a Ponticelli, in provincia di Napoli.

Il piccolo è stato avvistato da alcuni passanti che si sono accorti che fosse solo e non in compagnia di adulti e hanno segnalato alle forze dell’ordine la sua presenza. Al momento pare che sia stato abbandonato.

La notizia è trapelata da alcuni gruppi Facebook per far sì che si possa risalire alla famiglia. Pare, inoltre, che il bambino avesse con sé un foglio con su scritto il suo nome.

Sul posto sono intervenuti la polizia di Stato e un’ambulanza del 118 che ha portato il bimbo all’ospedale Santobono per accertarne lo stato di salute.

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