mercoledì, Dicembre 17, 2025
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La Befana vien di notte… Con il reddito di cittadinanza!

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Il Reddito di Cittadinanza, diventato realtà grazie al governo giallo-verde, continua a far discutere. Proposto e approvato per beni di prima necessità, continua ad apparire la possibilità di pagare tramite la famosa carta in luoghi che non rispettano esattamente questi canoni.

Per le strade di Napoli ci hanno segnalato che è possibile acquistare dolciumi per la calza, pagando con reddito di cittadinanza. Questo è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo, ma negli ultimi mesi abbiamo assistito ad altre situazioni del genere. Nel periodo dei classici mercatini di Natale, quasi tutte le bancarelle davano la possibilità di effettuare il pagamento tramite il Reddito di Cittadinanza.

Ma quali sono questi “beni di prima necessità” previsti nelle spese effettuabili tramite questa famosa carta?

Piccoli e grandi elettrodomestici;
telefoni cellulari, tablet e smartphone;
mobili libri e giocattoli;
capi di abbigliamento, fatta eccezione di gioielli, borse, collane e accessori;
vino, ma non superalcolici;
niente Netflix e Spotify.

Sapori Leggendari della Campania: la prima Pastiera Napoletana

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La Pastiera Napoletana è forse il dolce più famoso ed iconico della città partenopea. Celebre in tutto il mondo, è ammantata di significati simbolici e di leggende: oggi ve li raccontiamo.

Epifania: la prima Pastiera dell’anno

Forse non tutti sanno che la prima Pastiera dell’anno si mangia non a Pasqua, ma il 6 Gennaio, il giorno dell’Epifania. Questa giornata è nota anche con il nome di Pasqua Epifania, e simboleggerebbe la preannunciazione della resurrezione di Cristo.

Una leggenda cattolica, inoltre, racconta che i suoi ingredienti rappresentino la rinascita di Gesù e degli uomini: la ricotta bianca simboleggia la purezza, le uova la rinascita, mentre invece la decorazione di pasta frolla rappresenterebbe la Croce.

La leggenda della Sirena Partenope

C’è tuttavia una leggenda molto più antica che racconta della Pastiera e dei suoi simboli.

Si dice che, quando Neapolis fu fondata, i napoletani godessero del canto della sirena Partenope. La sirena allietava con le sue melodie e i suoi gorgheggi, che dall’isolotto di Megaride – dove oggi sorge Castel dell’Ovo -raggiungeva tutte le parti della città.

Per ringraziare la sirena del suo canto, la popolazione che ne godeva decise di incaricare sette fanciulle, le più belle della città, di portarle sette doni, ognuno dei quali aveva un significato ben preciso:

  • La ricotta, che venne offerta dai pastori, che simboleggiava l’abbondanza;
  • La farina, portata da coloro che vivevano nelle campagne, che rappresentava la ricchezza;
  • Le uova, simbolo di fertilità, vita e rinascita;
  • Il grano cotto nel latte, rappresentante l’unione del mondo animale e quello vegetale;
  • I fiori d’arancio, che profumavano come tutta la città e tutta la Campania;
  • I canditi e le spezie, simbolo dello spirito d’accoglienza dei napoletani, che accettavano esponenti di culture, città e religioni diverse;
  • Lo zucchero semolato, dolce come il canto dell’amata sirena.

La sirena fu così felice nel ricevere l’amore e i doni della città che decise di condividerli con gli dei: per questo s’inabissò nelle acque del golfo di Napoli e depose i sette regali sul suo fondale. Gli dei, colpiti dalla generosità di Neapolis e dalla qualità dei doni, con questi ingredienti crearono un dolce sublime, dolce e profumato: la Pastiera.

La Pastiera è Neapolis

Non solo gli ingredienti, ma anche la decorazione in pasta frolla della Pastiera ha un senso; il dolce dovrebbe essere infatti decorato con sette strisce di pasta frolla, quattro in un senso e tre nell’altro.

Questo disegno rappresenta la planimetria del nucleo più antico della città, di Neapolis: osservando una cartina di Napoli, ancora oggi possiamo scorgere i tre Decumani e i Cardini che li attraversano in senso trasversale.

La storia della Pastiera

Come si può capire dalle leggende che lo riguardano, questo dolce è davvero antico. 

La Pastiera era nota anche in epoca romana, quando le sacerdotesse di Cerere portavano questo dolce come offerta sacrificale agli dei per l’arrivo della primavera.

Le sacerdotesse portavano la Pastiera, insieme a dei cesti con uova e fasci di grano, per tutta la città, in una processione: ancora oggi possiamo vedere a San Gregorio Armeno un bassorilievo in cui è ritratta una delle sacerdotesse di Cerere con le offerte tra le braccia.

Non a caso, furono proprio le suore di San Gregorio Armeno a far sopravvivere la ricetta della Pastiera durante gli anni del Medioevo, aggiungendo agli antichi ingredienti quelli utilizzati ancora oggi: ricotta, acqua millefiori e spezie orientali. Il loro monastero sorgeva proprio lì dove sorgeva il tempio di Cerere.

La regina che non sorride mai

La Pastiera sopravvisse ai secoli ed arrivò fino al regno dei Borbone.

Si narra che fosse particolarmente apprezzata dal re Ferdinando II, ma non per il suo gusto: pare infatti che la Pastiera fosse l’unica cosa in grado di far sorridere la moglie, la regina Maria Teresa di Savoia. 

La donna aveva sempre un’espressione triste, al punto da essere nota come “la regina che non sorride mai“. Pare che Ferdinando II, quando per la prima volta Maria Teresa assaggiò la Pastiera, avrebbe addirittura dichiarato:

Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo.

La prima Pastiera napoletana

La Pastiera è per Napoli senza dubbio un dolce speciale: è un dolce magico, divino, donato ad una sirena e creato dagli dei del mare; rappresenta la primavera, divinità nuove ed antiche; è un ritratto della città e fa sorridere le regine più austere.

Non ci resta che assaggiarla di nuovo, ancora una volta, domani, quando verrà sfornata la prima Pastiera dell’anno.

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Incendio in una casa di riposo: ci sono vittime

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Un incendio è nato in uno dei locali di una casa di riposo a Carinola, in provincia di Caserta.

I vigili del fuoco sono intervenuti sul posto con tre squadre provenienti dal comando di Caserta e dai distaccamenti di Teano e Mondragone, salvando quattro persone.

Gli altri ospiti erano stati già messi in salvo prima del loro arrivo. Il rogo, secondo le prime indagini, sarebbe partito dal locale usato come lavanderia; si tratta quindi di un incendio accidentale. Per il momento non si esclude che il fuoco abbia potuto avere origine da un corto circuito all’impianto di riscaldamento.

Due donne sono morte e altre quattro sono rimaste ferite. Le vittime sono Anna Penta, 56 anni, di Sant’Agata dei Goti, ed Emma Romagnolo, 79 anni, di Sant’Andrea del Pizzone. I quattro feriti sono stati trasportati negli ospedali della zona, ma pare che non si trovino in condizioni gravi.

L’incendio è scoppiato intorno alle 14 di oggi, sabato 4 gennaio, nella sede della Onlus Il Pino. La struttura si trova sul corso Umberto I, la strada principale del comune, ed ospita 28 persone, non tutte anziane. Alcuni cittadini di Carinola hanno aiutato i carabinieri del posto per domare le fiamme, dopo aver notato il fumo fuoriuscire dal tetto. In seguito sono arrivati in forze i Vigili del Fuoco per spegnere l’incendio e dare soccorso ai feriti.

I pompieri sono riusciti a portare al sicuro le quattro persone rimaste intrappolate posizionando l’autoscala vicino a una delle finestre. Gli altri ospiti erano stati già messi in salvo dai dipendenti della casa di riposo prima dell’arrivo dei soccorsi. Lo spegnimento dell’incendio ha richiesto più di due ore, fino alle 16 circa.

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Leggende della Campania: quando nasce la Befana?

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A Napoli la festa della Befana è particolarmente sentita, e infatti con l’avvicinarsi del 6 Gennaio sulle strade fioriscono mercatini di dolciumi e di calze decorative. Le streghe, d’altro canto, in questa città sono ben conosciute e i loro miti molto amati: basti pensare a quanto tutta la regione Campania sia affezionata alle celebri Janare.

Ma conoscete davvero la storia della Befana? Nonostante sia descritta come molto anziana, non riuscirete mai ad indovinare la sua età; parliamo di una vecchietta davvero antica…

Napoli e la Befana

La notte dell’Epifania è una notte indubbiamente magica: le leggende raccontano che, proprio come accade alla vigilia di Natale, gli animali per una notte imparano a parlare e svelino segreti e profezie a chi è disposto ad ascoltarli.

E poi, naturalmente, la notte tra il 5 ed il 6 Gennaio le favole raccontano della strega Befana, che vola con la sua scopa dispensando carbone ai bambini cattivi e dolci a chi invece si è comportato bene.

A Napoli la figura di questa strega, di questa Janara è particolarmente amata: basti pensare infatti alle feste ed agli eventi che sempre si svolgono il 6 Gennaio ed ai tanti mercatini che rallegrano la città – primo tra tutti, quello storico che ogni anno si svolge a piazza Mercato.

Ma come mai i Napoletani amano tanto la Befana? La ragione è da ricercarsi in storie decisamente antiche, in dee talmente tanto amate da essere sopravvissute allo scorrere dei secoli ed al susseguirsi delle religioni.

Diana, i Cristiani e la Befana

C’è un mito, risalente ai tempi dell’antica Roma, secondo cui la dea Diana – la dea delle donne, della caccia, dei boschi e della natura a cui erano devote anche le Janare – dodici giorni dopo il solstizio d’inverno – che cade orientativamente il 21 Dicembre – volava sui campi seguita dal suo stuolo di ninfe per donare ai raccolti ed alla terra abbondanza e fertilità. 

In concomitanza col volo della dea, gli antichi Romani seppellivano nei campi un fascio di rami di salice bianco: questo simboleggiava la neve, e il rituale serviva a scongiurare le nevicate che, in questo periodo dell’anno, avrebbero potuto uccidere i semi e danneggiare il raccolto. Inoltre, la dodicesima notte dal solstizio d’inverno i Romani solevano scambiarsi dei doni come simbolo di buon auspicio per l’anno che stava per cominciare.

Come al solito, con il suo avanzare il Cristianesimo tentò di estirpare i culti pagani. Questo risultò particolarmente arduo nelle campagne e nelle città dove era presente una cultura esoterica particolarmente forte; così, dopo aver tentato per anni di eliminare Diana, si decise di sovrapporre ai miti e ai riti legati alla dea alcune usanze dal sapore favolistico e dalla morale più cristiana.

La dea venne chiamata strega, divenne vecchia e brutta e non dispensò solo doni ed abbondanza, ma assunse carattere punitivo dando carbone a coloro che si erano comportati “male” – ovvero, coloro che non avevano obbedito ai dettami della religione cristiana.

La favola dei Magi

C’è inoltre una favola, introdotta dal Cristianesimo, che riguarda la Befana e che cerca di spiegare i festeggiamenti del 6 Gennaio eliminando del tutto la figura della dea Diana.

Secondo questa favola, i tre Magi Baldassarre, Gaspare e Melchiorre si persero in una gelida notte d’inverno, mentre cercavano di raggiungere il neonato Gesù. Sconfortati ed infreddoliti, chiesero ad una vecchietta che incontrarono lungo la strada delle indicazioni.

L’anziana signora non esitò ad aiutarli, spiegando loro come raggiungere la loro meta. Sebbene i Magi l’avessero pregata di seguirli per andare a salutare il figlio di Dio, la vecchia rifiutò. Non appena si furono allontanati, tuttavia, se ne pentì, e, portando con sé un sacco di dolci come dono, cercò di raggiungerli.

La signora non riuscì a trovare i Magi né il sacro bambinello, ma bussò ad ogni porta e regalò un dolce ad ogni bambino che incontrava, nella speranza che, tra di loro, ci fosse proprio quel Gesù che non era riuscita a raggiungere.

In memoria di questo accadimento, conclude la favola, ogni 6 Gennaio la Befana porta dolci a tutti i bambini “buoni”, cioè quelli che seguono gli insegnamenti di Gesù.

Tra dolci e Carbone, felice Epifania!

Una città come Napoli, un luogo che ama l’esoterismo, le streghe ed anche la dea Diana non poteva che amare profondamente la festa della Befana. Ed adesso che ne conosciamo la storia e le origini, non ci resta che festeggiarla mangiando tutti i dolcetti che ci verranno donati e riempendo calze di doni e delizie per regalarle coloro a cui vogliamo più bene.

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Napoli: Pietre di Inciampo in memoria delle vittime del Nazifascismo

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Martedì 7 gennaio alle 9:30, a Piazza Borsa, saranno installate le Pietre di Inciampo per commemorare le vittime napoletane del Nazifascismo.

Esse saranno dedicate alla memoria di alcuni membri della Comunità Ebraica di Napoli, e cioè Amedeo Procaccia, Iole Benedetti, Aldo Procaccia, Milena Modigliani, Paolo Procaccia, Loris Pacifici, Elda Procaccia, Luciana Pacifici e Sergio Oreste Molco: persone che, purtroppo come tantissime altre, arrestate, deportate nel campo di concentramento di Auschwitz e, infine, inghiottite dalla furia omicida nazista.

L’evento è stato promosso dall’Assessore alla Cultura e al Turismo Eleonora de Majo, i proponenti sono stati invece Alfredo Cafasso Vitale e Nico Pirozzi con l’ausilio dell’artista Gunther Demnig, autore, appunto, delle Pietre di Inciampo.

La proposta è stata accolta con molto fervore dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli.

 

 

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“Wet Floor” in scena al Piccolo Bellini di Napoli

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WET FLOOR è uno spettacolo nato dalla riflessione di Denzel Washington sul giornalismo di oggi. Arrivare primi. Non conta la verità. 

Fabio Pisano dà vita ad uno testo in cui protagonista è l’attuale nuova “guerra” dei media d’informazione che si divide il campo tra realtà e verità. In scena, Antimo Casertano e Fabio Cocifoglia.

Di cosa si ha bisogno, oggi? Di conoscere la realtà, o la verità? Realtà e verità nel mondo contemporaneo sono concetti molto distanti. 

Il testo è tagliente, con colpi di scena a dir poco grotteschi e con una scrittura rapida, efficace. 

Questo il presupposto, il taglio drammaturgico, che dà al testo una scorrevolezza e una rapidità esecutiva capace di tenere l’attenzione dello spettatore sempre viva, un autentico ring sul quale si affrontano due visioni in netta contrapposizione, la dialettica tra i due protagonisti (Ruth Crisus – Antimo Casertano e Ben Hones – Fabio Cocifoglia) è aspra, autentica, cruda perché spiattellata senza mediazioni sotto gli occhi degli spettatori. La scena, disegnata da Luigi Ferrigno, segna questo aspetto, è essenziale, sospesa in aria, (al 18 piano di un grattacielo) a sottolineare la pericolosità della situazione, i due antagonisti  si fronteggiano sapendo di poter scivolare da un momento all’altro nel vuoto sia fisico che mentale. A fare da sfondo a tutto ciò lo scorrere incessante di notizie che da uno screen rimbalzano sempre uguali.

E’ proprio la notizia il protagonista vero: è autentica ? nasce da una reale indagine o è frutto di manipolazioni continue? è vero che la notizia nasce da rappresentazioni collettive ? sono gli algoritmi che analizzano il gradimento o meno della notizia?

Ma soprattutto quanta verità è contenuta in esse!

 Lo spettacolo articola questi contenuti in un incessante confronto teso e minaccioso, Ben Hones è tenuto prigioniero e sotto la continua minaccia di una pistola e di una bomba, a rendere ancora più complicata la faccenda arrivano notizie frammentarie del rapimento di altri tre giornalisti, sembra che tutto sia collegato, sembra che tutto è frutto di un disegno unico che è mirato a minare  al cuore l’informazione, sembra che da un momento all’altro una catastrofe debba definitivamente porre fine a tutto senza che si palesi il perché, senza che il tutto abbia una ragione.

Ma l’uomo comune, il Ruth Crisus di turno non è attrezzato per far fronte agli imprevisti e man mano la sicurezza del piano che ha organizzato viene meno, quello che sembrava essere lo strumento attraverso cui far pervenire al mondo la verità, ovvero la diretta social, si trasforma in un boomerang, Crisus si trova nella impossibilità di tornare indietro, i sei milioni di contatti esprimono in modo inequivocabile la decisione finale, Ben Hones deve essere ammazzato!

Quale sarà il finale? 

A teatro per scoprirlo!

Piccolo Bellini, dal 7 al 12 gennaio
Orari: feriali ore 21:15, giovedì ore 19:00, domenica ore 18:30

Prezzi: 18€ intero- 15€ ridotto – 10€ under29

Sasamen ritorna dopo vent’anni: il supereroe difenderà Napoli

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Sasamen è tornato, più forte di prima: venti anni or sono era sparito nella Crypta Neapolitana. Eppure, la città ha nuovamente bisogno dell’impareggiabile supereroe. Non a risolvere intricati casi, ma a proteggere la città.

La nuova serie è scritta da Rosario Verde, Marco Lanzuise e Salvatore Turco da un’idea dei Teandria e Lello Marangio. “Sasamen, la serie” sarà una web serie di dieci puntate di quindici minuti l’una da trasmettere anche in televisione. In quest’ultima saranno affrontati i numerosi temi sociali attorno a Napoli, quali la criminalità e la camorra, la prostituzione, l’ambiente o la disoccupazione: saranno però dal punto di vista del bizzarro supereroe, che fra mille guai deve cercare di risolvere i problemi.

Dopo venti anni abbiamo richiamato in servizio Sasamen perché la città ha bisogno di lui. E’ afflitta da troppi problemi e solo un supereroe può salvarla“. La serie è prodotta dalla Max Adv di Massimiliano Triassi. “Un grande sforzo, Un progetto durato un anno tra riprese, post produzione con effetti speciali e più di cinquanta persone coinvolte nel cast. Una grande sfida che ho voluto intraprendere certo di incontrare il favore del pubblico“.

Nel cast tornano alcuni vecchi nomi. Lello Musella è il commissario Musella, che indaga oltre sul supereroe e su un boss del malaffare interpretato da Germano Bellavia. Marco Lanzuise è il cognato di Salvatore Napoli, la vera identità di Sasamen. Lisa Fusco è una new entry nei panni della fidanzata di Sasamen. Molti altri attori hanno partecipato, fra i quali Franco Pinelli, Lucio Pierri, Vincenzo Merolla, Peppe Celentano e tanti altri. Il primo appuntamento è per il 6 gennaio sul web e sulle TV napoletane.

Nei panni di Sasamen c’è di nuovo Rosario Verde, dopo vent’anni: “È cambiata Napoli, sono cambiato io, è cambiato Sasamen. Ora quest’anti-eroe napoletano sventa tutti i piani del boss, combattendo a suo modo. Sono cambiati anche gli effetti, con il digitale è stato tutto più divertente e devo ringraziare i ragazzi della produzione, un gruppo di lavoro eccezionale composto anche da molti fan del vecchio Sasamen. Ogni puntata inizia e si chiude con una nuova avventura, ma c’è sempre un filo rosso che segue tutta la storia“.

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Paccheri del Papa: la specialità made in Napoli

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Dopo l’incidente di papa Francesco che in poche ore ha fatto il giro del mondo, un ristorante napoletano inaugura una nuova pietanza.

Paccheri artigianali di Camporeale, burrata di Andria Igp, polpo verace, pomodoro giallo e gamberoni, manco a dirlo, argentini. Dopo il caso che ha coinvolto Papa Francesco, a Napoli nasce una nuova ricetta a lui dedicata.

Il ristorante

Francesco Andoli, proprietario del ristorante Januarius di via Duomo, ha deciso di cavalcare l’onda della notizia dell’incidente diplomatico che ha visto come protagonista il Papa. Nascono così i “Paccheri del papa“, la nuovissima ricetta presentata nel suo ristorante. E la presentazione della pietanza sui social fa ancora più sorridere:”Date dei paccheri ai vostri bambini e dite: questi sono i paccheri del Papa”.

L’incidente

I commenti, però, sono ancora divisi sui vari social. C’è, infatti, chi reputa che l’atteggiamento stizzito di Bergoglio dopo essere stato strattonato da una fedele durante il Te Deum in piazza San Pietro una caduta di stile. C’è anche chi, invece, prende le parti del Santo Padre, difendendo la sua reazione del tutto naturale in risposta all’atteggiamento concitato della fedele.

Sta di fatto che il caso ha dato l’occasione di creare una nuova leccornia tanto ironica quanto gustosa che, di certo, riscuoterà il suo meritato successo.

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Proiettili a Capodanno, il volto infelice di Napoli

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Ben due video apparsi sul web sgomentano quella parte della città che prova in tutti i modi di scrollarsi di dosso i pregiudizi.

Che proiettili siano sparati a Capodanno a Napoli non è, purtroppo, una novità. Quello che lascia perplessi in questo 2020 appena cominciato è che ormai l’abitudine tocca dei picchi altissimi di assurdità. Due sono gli episodi denunciati dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli che si fa ancora una volta promotore della crociata contro la Napoli maleducata.

Bambini armati

Il primo video, probabilmente quello che ha scatenato più sdegno, è quello dove si vedono tre bambini, uno più piccolo dell’altro, sparare con una scacciacani fuori il balcone di casa. Ad incitarli a sparare è proprio il padre, mentre qualcuno dall’interno riprende la scena come se si trattasse di qualcosa di normale da immortalare. Borrelli, dopo la denuncia sui social, ha poi inviato una denuncia alla Procura della Repubblica dei minori affinché quel padre venga sottoposto a dei controlli. Davanti alla sua evidente incapacità di educare i suoi figli, l’uomo accusa il consigliere di aver rubato un video privato. Poi giustifica le sue azioni dicendo “ho dato ai miei bambini quella pistola perché loro, da grandi, vogliono fare i poliziotti”. Come non credergli?

Buon anno nuovo… ma non ai pentiti!

Il secondo video denunciato da Borrelli vede come protagonista, invece, un giovane che, allo scoccare della mezzanotte, sulla terrazza di casa decide di festeggiare premendo il grilletto di una pistola che non si riesce a capire se scenica o autentica. Dopo aver svuotato ben due caricatori di munizioni, il ragazzo aggiunge “alla faccia dei pentiti” dedicando ai collaboratori di giustizia i colpi esplosi. Borrelli non esclude l’ipotesi che si possa trattare addirittura di un vero e proprio avvertimento mafioso.

Gli interventi

Francesco Emilio Borrelli dichiara che si stanno identificando tutti i soggetti che, nella notte di Capodanno, hanno fatto esplodere colpi di arma da fuoco.

Una volta identificati i soggetti si capirà se le pistole erano vere o meno e se si tratta di pregiudicati o peggio di gente che sta scontando pene agli arresti domiciliari. Si tratta di una consuetudine malsana, criminale e pericolosa, e per questo va fermata con la massima durezza.

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Napoli: lavori sul lungomare, previsti problemi di viabilità

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Il lungomare sarà sottoposto a una serie di lavori. Previsti due mesi di traffico durante l’ammodernamento dei cavi dell’alta tensione.

Fra dieci giorni s’apriranno i lavori nella porzione che coinvolge via Caracciolo e via Partenope.

«So che Terna farà il possibile per creare pochi disagi – dice con amarezza Francesco De Giovanni, presidente municipale di Chiaia – ma so altrettanto bene che il caos sarà totale. Ridimensionare lo spazio per le auto su via Caracciolo significa, inevitabilmente, produrre intasamenti di traffico, soprattutto nelle ore di punta».

I cantieri cercheranno di essere meno invasivi possibile: si procederà a tratti di 30-50 metri al giorno occupando quattro dei dieci metri carrabili a disposizione, richiudendo gli scavi ogni sera. Su via Partenope gli operai e i cantieri spariranno a partire dal giovedì sera e torneranno il lunedì mattina per non creare disagi ai ristoranti dell’area pedonale; su via Caracciolo nei week end sarà lasciato campo libero a chi vuol godersi il lungomare. Entro il 13 di marzo gli interventi dovrebbero essere terminati e il Lungomare sgomberato. Un piano perfetto almeno in teoria, ma che inevitabilmente sarà ostacolato da imprevisti di ogni sorta.
Nino Simeone, presidente della commissione mobilità del Comune, dichiara:

«La violenza che il nostro lungomare subirà nei prossimi giorni, in totale silenzio, dimostra quale sia stato, negli ultimi anni, l’atteggiamento che questa Amministrazione ha avuto nei confronti dei cittadini. Tanti comitati da sempre chiedono l’apertura al traffico di via Caracciolo almeno nelle ore di punta per evitare il caos del traffico, e invece multinazionali del food e del drink, e adesso dell’energia, hanno avuto la possibilità di utilizzare il lungomare di Napoli. Nessuno a Palazzo San Giacomo ha pensato di montare o costruire una struttura sugli scogli. Dove magari organizzare feste o sagre culinarie, che di questi tempi vanno tanto di moda, usufruendo della collaborazione di tanti esperti del settore, presenti oggi nelle partecipate del Comune di Napoli».

 

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