Ieri pomeriggio, la terza sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha condannato Cannio a 12 anni di reclusione, sei in meno rispetto alla sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato.
Il verdetto è stato accolto con delusione dai familiari della giovane vittima, assistiti dall’avvocato Domenico De Rosa. La madre di Samuele ha presenziato in aula durante la lettura della sentenza.
Il nuovo processo si è reso necessario dopo l’annullamento della precedente condanna da parte della Corte di Cassazione all’inizio dell’anno. I giudici hanno concesso all’imputato le attenuanti generiche, prevalenti sull’aggravante relativa alla minore età della vittima. La Corte ha confermato l’accusa di omicidio volontario, ma ha escluso l’aggravante della minorata difesa, determinando una riduzione di sei anni rispetto alla pena inflitta in primo grado. Già nel precedente processo di appello, a Cannio era stato riconosciuto un “vizio di mente”, fattore che ha influito sulla rideterminazione della pena.
L’omicidio del piccolo Samuele avvenne la mattina del 17 settembre 2021, e le indagini portarono rapidamente ad incastrare il domestico. Cannio aveva ammesso di aver sollevato il bambino e di averlo lasciato cadere dal balcone, raccontando: «A un tratto l’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone… giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Ho immediatamente udito delle urla provenire dal basso e mi sono spaventato, consapevole di essere la causa di quello che stava accadendo».
Dopo il tragico episodio, l’uomo fuggì, rifugiandosi nell’abitazione di una zia in via Duomo, dove fu trovato dalla polizia. Cannio aveva svolto lavori saltuari come domestico presso la famiglia di Samuele, nascondendo una diagnosi di schizofrenia per cui era in cura in un centro di igiene mentale. In tutti i gradi di giudizio è stato ritenuto capace di intendere e di volere.
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