Grazie all’analisi di oltre un decennio di dati, ricercatori di Ingv, Università di Pisa e Centro Helmholtz per le Geoscienze (Gfz) hanno ricostruito con estremo dettaglio la geometria delle strutture sismogenetiche che si sono attivate in questi anni in conseguenza della deformazione del suolo nella caldera dei Campi Flegrei.
Analizzando diversi terremoti vulcano-tettonici avvenuti negli ultimi 10 anni nell’area e utilizzando una combinazione di analisi della sorgente sismica e della somiglianza delle forme d’onda, i ricercatori hanno ottenuto anche la prima evidenza di segnali di lunghissimo periodo (vlp) che si verificano in risposta ai terremoti vulcano-tettonici al di sotto dell’area di emissione di anidride carbonica della Solfatara.
Lo studio, intitolato ‘Coupled earthquakes and resonance processes during the uplift of Campi Flegrei caldera‘, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment di Nature.
La caldera dei Campi Flegrei è un grande complesso vulcanico situato nell’area densamente abitata del golfo di Napoli. Dal 2005, la zona è interessata da un sollevamento del suolo, il cosiddetto bradisisma, accompagnato da terremoti di magnitudo crescente.
Ad oggi, il sollevamento ha raggiunto i 140 centimetri, con l’evento sismico di magnitudo maggiore (Md 4,6) verificatosi il 30 giugno scorso. Mentre la sismicità e la deformazione del suolo sono attribuite a una sorgente magmatica profonda e alle successive interazioni tra fluidi magmatici e idrotermali, i dettagli e la geometria delle strutture sismogenetiche dell’area sono ancora oggetto di approfondimento scientifico.
“I segnali vlp che abbiamo recentemente individuato per la prima volta ai Campi Flegrei sono interpretabili come la risonanza di una o più fratture riempite da fluidi, che collegano la sorgente di deformazione in profondità con le fumarole in superficie“, spiega Giacomo Rapagnani, dottorando dell’Università di Pisa con un progetto Ingv e primo autore dello studio.
“Questa struttura fornisce un percorso per il degassamento, con un’interazione reciproca tra la risalita di fluidi, la fratturazione superficiale e i processi di risonanza“, aggiunge. L’analisi delle forme d’onda dei terremoti che hanno interessato negli ultimi anni i Campi Flegrei ha permesso ai ricercatori di evidenziare delle significative similitudini tra queste e gli spettri dei vlp.
“Ciò suggerisce che la geometria e le condizioni della sorgente risonante sono rimaste piuttosto stabili nel tempo e non vi sono chiare indicazioni di cambiamenti sostanziali nelle proprietà fisiche dei fluidi che sostengono la risonanza“, commenta Simone Cesca, ricercatore del Gfz e co-autore dello studio.
“I risultati che abbiamo ottenuto sono rilevanti per tracciare l’evoluzione dinamica del vulcano, anche se saranno necessarie ulteriori indagini per meglio vincolare i processi fisici che governano l’intero sistema. Lo sviluppo e l’applicazione di tecniche sofisticate per l’analisi dei dati sismologici risultano infatti fondamentali per comprendere a fondo processi geofisici complessi come i terremoti e le eruzioni vulcaniche. Solo spingendo al limite le nostre capacità di analizzare grandi quantità di dati eterogenei potremo migliorare la comprensione di questi fenomeni e mitigare con maggiore efficacia i rischi a essi associati“, concludono Gilberto Saccorotti, primo ricercatore dell’Ingv, e Francesco Grigoli, ricercatore dell’Università di Pisa, co-autori della ricerca.
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