AFRAGOLA – L’autopsia sul corpo di Martina Carbonaro ha rivelato che la giovane non è morta dopo venti minuti, come inizialmente ipotizzato, ma ha agonizzato per quasi un’ora. Un tempo che lascia aperta la dolorosa domanda: se i soccorsi fossero stati immediati, la sua vita si sarebbe potuta salvare?
Sul punto è intervenuto il consulente dell’avvocato Sergio Pisani, l’architetto Paolo Sibilio, che ha dichiarato: “Quello che emerge è gravissimo: Martina è morta dopo un’agonia di circa un’ora, non venti minuti come inizialmente si pensava, e questo dramma si è consumato all’interno di un cantiere finanziato con fondi del PNRR, che sulla carta doveva essere vigilato, sicuro e inaccessibile. Invece era privo di qualsiasi forma di sorveglianza, lasciato aperto e abbandonato. Questa assenza di controllo ha permesso non solo il delitto, ma anche l’occultamento del corpo. È inaccettabile che risorse pubbliche destinate alla sicurezza e alla riqualificazione si trasformino in scenari di degrado e morte”.
Queste parole aprono un fronte di riflessione che non riguarda solo la giustizia penale, ma anche la gestione dei fondi pubblici e la responsabilità di chi avrebbe dovuto garantire sorveglianza e sicurezza.
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