A San Gregorio Armeno, cuore pulsante dell’arte presepiale napoletana, la tradizione si intreccia con l’attualità più dolorosa. Quest’anno il maestro Marco Ferrigno ha dato vita a una scena della Natività che non lascia indifferenti: la Vergine appare con la fronte fasciata, segnata da una ferita di guerra, mentre il piccolo Gesù è avvolto in teli sporchi di sangue.
Un’immagine dura, che trasporta l’evento più sacro del cristianesimo fuori dal tempo, per riportarlo tra le macerie e i drammi del conflitto israelo-palestinese. Betlemme, luogo della nascita di Cristo, dista pochi chilometri da Gerusalemme, ma oggi anche simbolicamente da Gaza, dove la popolazione continua a vivere sotto le bombe.
Con questo presepe, Napoli diventa cassa di risonanza per un messaggio universale: il rifiuto della violenza e la speranza di una tregua. In una città abituata a fondere memoria, religiosità e vita quotidiana, il presepe non è solo ornamento natalizio, ma strumento capace di parlare al presente.
Ferrigno ha scelto di trasformare la sacra rappresentazione in una denuncia silenziosa, ma potente. Una scena che scuote e commuove, invitando a riflettere. La “Natività per Gaza” non è solo arte: è un appello che da Napoli corre verso il mondo, chiedendo ciò che sembra impossibile ma resta necessario — la pace.
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