Un viaggio tragicomico nella mente e nei desideri umani, firmato da uno dei più sottili osservatori della natura umana: Alan Bennett, tra i più apprezzati drammaturghi e scrittori inglesi viventi.
Dopo Tutto sua madre del francese Guillaume Gallienne, Gianluca Ferrato torna sotto la guida di Roberto Piana e approda nell’universo letterario di Bennett, autore di irresistibile eleganza e perfidia, capace come pochi di intrecciare humour britannico, pietas e cinismo.
La cerimonia del massaggio, tratto dall’omonimo romanzo breve, è una black comedy che diventa pamphlet satirico, e soprattutto un monologo torrenziale, irriverente e commovente. Una parabola umana in cui un uomo affronta, esplora e infine accoglie il proprio desiderio, dopo aver attraversato l’imbarazzo, la paura e, in un certo senso, anche un’idea di morte simbolica.
Come spesso in Bennett, commedia e dramma si sfiorano, si contraddicono, si inseguono. La sua scrittura – pungente, raffinata, capace di accarezzare mentre colpisce – dà vita a un teatro che sorprende e spalanca porte su zone intime e contraddittorie dell’essere umano.
Al centro della vicenda c’è Padre Geoffrey Jolliffe, sacerdote che ha trovato un suo personalissimo equilibrio tra fede e pulsioni. Ma l’arrivo di una commemorazione molto particolare incrina quel fragile compromesso: il caro estinto è infatti Clive, massaggiatore “dei vip”, noto per un tocco quasi miracoloso.
Celebrando il rito, Padre Geoffrey si ritrova immerso nelle proprie profondità: desideri, ricordi, tentazioni e un rapporto con Clive che non era poi così spirituale — proprio come quello di buona parte della variopinta fauna mondana accorsa in chiesa.
A complicare tutto, un’ombra inquietante: un sospetto sulla causa della morte del massaggiatore getta nel panico prete e fedeli, temendo tutti di essere stati contagiati durante quelle celebri sedute “taumaturgiche”.
Un monologo che è insieme sberleffo, confessione, comicità nera e umanissima resa dei conti, nel segno inconfondibile di Alan Bennett.
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