CAIVANO – “La famiglia Natale non chiede vendetta, ma giustizia vera. Giustizia che passa attraverso pene proporzionate alla gravità dei delitti, il pieno accertamento delle responsabilità e il rifiuto di scorciatoie premiali fondate su collaborazioni solo apparenti“.
A renderlo noto è l’avvocato Gioacchino Genchi, legale della famiglia di Antonio Natale, il giovane spacciatore attirato in una trappola e poi assassinato il 4 ottobre 2021 su ordine del gruppo malavitoso dei Bervicato, del Parco Verde di Caivano.
L’avvocato, con la famiglia, ha deciso di far sentire la sua voce in vista della decisione che la Corte di Assise di Napoli si accinge a prendere, l’istanza di attenuazione della misura cautelare per Gennaro Pacilio, indicato dagli inquirenti come l’esecutore materiale dell’uccisione di Antonio Natale.
Lunedì, l’avvocato Genchi, si è pronunciato contro l’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con una misura attenuata nei confronti di Pacilio che invece ha visto il parere favorevole della Procura di Napoli.
Nella memoria depositata, la difesa delle parti civili ha ricostruito l’atrocità del delitto, le modalità esecutive di chiara matrice mafiosa, il ruolo causale dell’imputato, i numerosi precedenti penali e la persistente pericolosità sociale, evidenziando anche come la collaborazione con la giustizia “si presenti incompleta, selettiva e meramente strumentale, finalizzata esclusivamente all’ottenimento di benefici premiali, senza alcuna restituzione degli ingenti profitti illeciti accumulati“.
Nella stessa memoria, inoltre, l’avvocato Genchi ha evidenziato la sussistenza di un “concreto e attuale pericolo di fuga, legato sia alla gravità dei fatti sia alla prospettiva di una impugnazione della sentenza di primo grado, ritenuta gravemente incongrua sotto il profilo sanzionatorio“.
Di recente la stessa Corte di Assise di Napoli ha rigettato un’istanza del tutto analoga avanzata da altro coimputato, Domenico Bervicato (indicato dagli inquirenti come il mandante) affermando, si legge ancora nella nota del legale, “che la collaborazione non elide automaticamente le esigenze cautelari e che, a fronte di delitti di tale efferatezza, la custodia in carcere resta l’unica misura adeguata“.
L’avvocato Genchi ha infine chiesto il rigetto integrale dell’istanza di attenuazione della misura cautelare, ribadendo che “qualsiasi diversa decisione determinerebbe un intollerabile vulnus alla tutela delle vittime e alla credibilità della risposta dello Stato di fronte a un omicidio maturato in un contesto di criminalità organizzata“.
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