mercoledì, Dicembre 31, 2025
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Napoli, Bruno Petrone sorride dall’ospedale: «I medici dicono che potrà tornare a giocare»

NAPOLI — Un sorriso, due pollici alzati e uno sguardo che dice più di tante parole. Bruno Petrone, 18 anni, centrocampista della US Angri 1927, sta meglio. La foto diffusa dalla società grigiorossa e diventata virale sui social ritrae il giovane calciatore dal letto dell’ospedale San Paolo di Napoli, dove è ricoverato dopo essere stato accoltellato nella notte tra il 26 e il 27 dicembre nella zona dei “baretti” di Chiaia.

Per la famiglia Petrone sarà un Capodanno diverso, lontano da casa e scandito dal ritmo silenzioso della corsia. Ma dopo giorni di angoscia, quella foto rappresenta una boccata d’aria. «Sta facendo progressi — racconta il padre Cristian —. È sveglio, non è più sedato. La strada è lunga, ma oggi i medici sono più ottimisti».

Un’ottimismo che pesa come un macigno positivo: «Ci hanno detto che potrà continuare a giocare a calcio. Dovrà seguire uno stile di vita molto rigoroso, soprattutto nell’alimentazione: niente eccessi, niente cibo spazzatura. Ma Bruno ha sempre avuto una mentalità professionale, ce la farà». Sull’inchiesta giudiziaria, il padre preferisce il silenzio.

Attorno al giovane si stringe l’intero ambiente sportivo. «La nostra felicità è vederlo sorridere e rivederlo, al più presto, correre e giocare di nuovo», scrive la US Angri 1927 nel post che accompagna l’immagine. Un messaggio semplice, denso di affetto e speranza, che racconta l’attesa di una comunità intera.

Sul fronte giudiziario, intanto, il clima è tutt’altro che leggero. Il gip del Tribunale per i Minorenni di Napoli, Anita Polito, dopo oltre tre ore di camera di consiglio, ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti e quattro i minorenni indagati per tentato omicidio, accogliendo la richiesta della Procura. Il fermo non è stato convalidato, ma la misura resta la più severa.

Il quindicenne indicato come autore materiale dell’accoltellamento e i tre amici diciassettenni hanno risposto alle domande del giudice, ammettendo le proprie responsabilità. Un atteggiamento collaborativo che, secondo gli inquirenti, non attenua la gravità dei fatti. Le indagini dei carabinieri della compagnia Napoli Centro, coordinate dal pm Claudia De Luca e dalla procuratrice Patrizia Imperato, si basano anche sulle immagini delle telecamere di videosorveglianza che ricostruiscono quasi integralmente l’aggressione avvenuta intorno alle due di notte in via Bisignano.

Resta poco chiaro il movente. Il presunto aggressore sostiene di aver agito per paura, dopo una lite avvenuta giorni prima, temendo ritorsioni. Bruno, invece, ha sempre parlato di futili motivi: uno «sguardo di troppo». Versioni che non coincidono del tutto. Per la Procura si sarebbe trattato di un’azione premeditata, aggravata da motivi abietti e futili. Al quindicenne è contestato anche il porto d’arma: prima una chiave inglese brandita come minaccia, poi il coltello a farfalla utilizzato per colpire e infine gettato in un tombino di Chiaia.

Ascoltato subito dopo i soccorsi, Bruno aveva detto: «Non ho motivo di astio verso nessuno». E alla madre, dal letto d’ospedale, aveva fatto la domanda più importante: «Potrò ancora giocare?».

Oggi, quella risposta sembra più vicina. E quel sorriso, semplice ma potente, racconta una voglia di futuro che va oltre la violenza, oltre la notte dell’aggressione. Dentro e fuori dal campo.

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