NAPOLI – Torna a vedere il primo paziente al mondo trattato con una nuova terapia genica a ‘doppio vettore’ per una rara malattia della retina.
Il risultato sul primo paziente al mondo trattato, ottenuto dalla Clinica oculistica dell’Università degli Studi della Campania ‘Vanvitelli’, è stato presentato oggi nella sede del Rettorato dell’Ateneo.
La terapia è stata messa a punto dall’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli (Tigem). Il 38enne era affetto dalla sindrome di Usher di tipo 1B, una rara malattia genetica che si manifesta con cecità e sordità. A un anno dall’intervento la vista è stata recuperata.
“Ho accettato di essere il primo paziente, non solo per me, ma per tutti quelli che vivono le mie stesse difficoltà. Prima della terapia genica tutto era confuso, indistinto. Ora riesco a uscire la sera da solo, riconosco i colleghi, le forme degli oggetti, leggo i sottotitoli in TV anche da lontano, vedo le corsie del magazzino dove lavoro senza inciampare. Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere“. Questo è il commento paziente.
“L’intervento di terapia genica non è, in sé, particolarmente complesso – spiega Francesca Simonelli, ordinaria di Oftalmologia, direttrice della Clinica Oculistica e Responsabile del Centro di Terapie Avanzate Oculari dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” – Si svolge in anestesia generale e prevede di iniettare nello spazio al di sotto della retina due vettori virali distinti, che trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina che manca nei pazienti. Il recupero dall’intervento è rapido e l’effetto sull’acuità visiva è visibile già dopo pochi giorni: a due settimane di distanza, per esempio, il primo paziente trattato mostrava già un miglioramento della capacità visiva e a un mese era in grado di vedere meglio anche in condizioni di scarsa luminosità. A oggi, di fatto, gli è stata restituita la vista”.
“I dati preliminari raccolti sugli altri 7 pazienti trattati finora, confermano la sicurezza e tollerabilità della terapia genica – aggiunge Simonelli – Non si sono registrati eventi avversi seri a nessuna delle due dosi testate e l’infiammazione oculare osservata in alcuni pazienti è poco frequente, limitata e si risolve con una terapia a base di corticosteroidi. Questi risultati molto incoraggianti costituiscono una speranza per tanti pazienti con malattie retiniche ereditarie. Il nuovo metodo, frutto della ricerca italiana, potrà aiutare a recuperare o preservare la funzione visiva di chi soffre della sindrome di Usher di tipo 1B, ma anche di pazienti con altre patologie ereditarie dell’occhio che dipendono da difetti in geni che finora non potevano essere trasferiti attraverso le procedure standard di terapia genica”.
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