martedì, Novembre 11, 2025
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Nuovo studio sui Campi Flegrei: Sismicità concentrata in una zona precisa. C’è una faglia?

La sismicità dei Campi Flegrei si sta concentrando in una zona precisa della crosta: secondo uno studio dell’Ingv, questo sarebbe un segnale della formazione oppure della riattivazione di una faglia. Un processo che spiegherebbe l’aumento del bradisismo, indicando che la crosta non risponde più in modo puramente elastico.

Un recente studio, dal titolo Birth and growth of a volcanotectonic fault during the current volcanic unrest at Campi Flegrei caldera (Italy), pubblicato sulla prestigiosa rivista Communications Earth & Environment della casa editrice Nature, ha documentato la transizione – a partire dal 2023 – da una microsismicità diffusa in tutta la caldera ad una distribuzione più concentrata lungo un piano interpretabile come la nucleazione o la riattivazione di una faglia.

La ricerca, frutto della collaborazione tra l’Università degli Studi Roma Tre e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), fornisce un importante contributo alla comprensione dei meccanismi sismici in atto. “Il fenomeno osservato è fondamentale per spiegare la localizzazione e i meccanismi focali dei terremoti – spiega Guido Giordano, professore ordinario dell’Università degli Studi Roma Tre e coordinatore della ricerca – e suggerisce che il comportamento della crosta sia cambiato nel tempo. Questo può avere implicazioni rilevanti non solo per il potenziamento del monitoraggio, ma anche per la definizione della massima magnitudo attesa”.

Lo studio si inserisce nel solco di altre ricerche indipendenti che avevano già evidenziato un cambiamento nella relazione tra frequenza della sismicità e intensità del sollevamento; la nuova interpretazione offre ora una spiegazione fisica legata alla formazione di una faglia.

La nostra indagine – sottolinea Francesca Bianco, Dirigente di Ricerca dell’INGV – ha beneficiato di una enorme quantità di dati sperimentali di alta qualità, analizzati con metodologie innovative. Anche in questo caso, il connubio tra monitoraggio e ricerca scientifica si è rivelato essenziale per acquisire nuove conoscenze sui processi in corso ai Campi Flegrei, fornendo possibili chiavi di lettura anche per anomalie di piccola scala, come quelle registrate nell’area di Monte Olibano”.

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