Il 23 dicembre 1984 l’Italia venne colpita al cuore, a pochi giorni dal Natale. Napoli pianse i suoi morti quando una bomba squarciò il treno Rapido 904, diretto da Napoli a Milano, mentre attraversava la Grande Galleria dell’Appennino, tra Firenze e Bologna. Un’esplosione devastante, pensata per uccidere, che trasformò un viaggio di festa in un incubo senza ritorno.
Sedici persone persero la vita, quasi trecento rimasero ferite. Erano uomini, donne e bambini, in gran parte napoletani e meridionali, che stavano raggiungendo parenti e affetti al Nord per trascorrere le festività natalizie. Quel viaggio, carico di speranze e regali, si concluse tra fumo, urla e lamiere contorte.
La strage del Rapido 904 si inserì nella lunga scia di sangue che aveva già segnato il Paese: dopo l’Italicus nel 1974 e la strage della stazione di Bologna nel 1980, l’Italia si ritrovò ancora una volta a fare i conti con il terrorismo. Le indagini durarono anni, tra polemiche e scontri politici, ma una verità emerse con chiarezza: la matrice terroristico-mafiosa dell’attentato, riconosciuta dalla Cassazione il 24 novembre 1992. L’ordigno era stato nascosto su una griglia portabagagli alla stazione di Firenze Santa Maria Novella, per poi esplodere all’ingresso della galleria, nel punto più letale possibile.
A pagare il prezzo più alto fu Somma Vesuviana. Nell’esplosione morì un’intera famiglia: Nicola De Simone, 40 anni, la moglie Angela Calvanese, 33 anni, e i loro due bambini, Anna e Giovanni, di soli 9 e 4 anni. Una famiglia cancellata in un istante, simbolo di una tragedia che non risparmiò nessuno.
Tra le vittime anche Giovanbattista Altobelli, operaio di Acerra di 51 anni; Abramo Vastarella, carpentiere napoletano di 29 anni; Lucia Cerrato, pensionata di 66 anni; Carmine Moccia, operaio avellinese di 30 anni; Federica Taglialatela, studentessa di Ischia di appena 12 anni. Pochi giorni dopo, il dolore si aggravò ulteriormente: morì anche il padre di Federica, Gioacchino, 50 anni, gravemente ferito nell’attentato. Non sopravvisse alla figlia.
Con loro persero la vita Anna Maria Brandi (26 anni), Susanna Cavalli (22), Pier Francesco Leoni (23), Luisella Matarazzo (25), Valeria Moratello (22) e Maria Luigia Morini (45). Sedici nomi, sedici storie spezzate, che ancora oggi chiedono memoria.
Il 23 dicembre 2019, a trentacinque anni dalla strage, il Comune di Napoli ha voluto rendere omaggio alle vittime intitolando i giardini della Stazione Centrale di Piazza Garibaldi e collocando una targa commemorativa. Un gesto per non dimenticare quel Natale macchiato di sangue, e per ricordare che dietro i numeri ci sono vite, famiglie e sogni che non tornarono mai a casa.
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