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Perché il Comitato Vele non vuole Salvini all’abbattimento

Caro Ministro, lo diciamo chiaramente: lei non è un ospite gradito”, così si legge nel comunicato rilasciato dal “Comitato Vele”, in risposta al Ministro dell’Interno Matteo Salvini che annunciava di voler essere presente, nel caso in cui fosse riuscito a ritagliarsi un paio d’ore, all’abbattimento della Vela Verde di Scampia, previsto per aprile 2019. Una risposta dura e netta, l’ennesimo rifiuto che il Ministro ottiene da Scampia.

Matteo Salvini e Scampia

Non è la prima volta che Matteo Salvini raccoglie scarso consenso tra le Vele. Quando nel 2017 visitava Napoli ed il suo arrivo veniva accolto da tumulti e scontri, proprio sulla Vela Verde compariva uno striscione che recitava a caratteri cubitali: “SALVINI VIA DA NAPOLI”.

Andando ancor più indietro nel tempo, nel 2015 alla manifestazione “Noi con Salvini”, i disoccupati di Scampia hanno rivolto, in direzione di quello che sarebbe diventato in futuro un Ministro, il motteggio da stadio “Senti che puzza/ scappano anche i cani/ sono arrivati i salviniani”, parafrasando il purtroppo noto coro, intonato anche da Matteo Salvini nel non troppo lontano 2009: “Senti che puzza/ scappano anche i cani/ sono arrivati i napoletani”, per cui il Ministro si è scusato cinque anni dopo.

Il “No” del Comitato Vele

Il Ministro Matteo Salvini, in occasione della sua partecipazione al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica svoltosi a Napoli, ha dichiarato: “Ad Aprile ci sarà il primo atto della demolizione della Vela Verde di Scampia; sarà un periodo complicato, ma se riuscirò a trovare due ore sarò lieto di assistere.”

Il “Comitato Vele” di Scampia, che si batte da anni per contrastare il degrado urbano e per conquistare una riqualificazione del quartiere, non ha tardato nel dare una risposta al Ministro: “La vela sarà abbattuta grazie al lavoro e al sacrificio di un comitato fatto di donne e uomini che da anni vivono in quei carceri speciali come occupanti. Quegli occupanti su cui dichiara di voler passare con le ruspe. La vela si abbatte perché insieme ad essa devono essere demoliti gli stereotipi negativi sul quartiere e sulla nostra città, stereotipi su cui lei ha fatto la sua fortuna elettorale. La vela si abbatte grazie alla determinazione di una comunità inclusiva, solidale e senza barriere, da sempre ostile a chi come lei alimenta la guerra tra i poveri e l’odio per gli ultimi. Noi siamo quegli ultimi. […] Se non le è mai importato di noi quando eravamo in difficoltà, non le consentiremo di mescolarsi a noi durante un momento di gioia e di riscatto. Per tutte queste ragioni, l’abbattimento della vela non sarà mai una tappa della sua propaganda da quattro soldi. Se ne faccia una ragione. Non ci provi nemmeno.”

Il commento di De Magistris

Anche Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, commenta la dichiarazione del ministro: “Noi non consentiremo a nessuno di prendersi meriti che non hanno e fare passerelle politiche sulla pelle dei napoletani. [L’abbattimento delle vele] è un risultato enorme che è stato conquistato dal comitato delle vele, dagli abitanti e da questa amministrazione che ho l’onore di guidare attraverso il bando delle periferie che questo governo voleva cancellare e così sarebbe stato senza la mobilitazione dei sindaci.”. Il Sindaco aggiunge però che “Se invece i rappresentanti del governo vogliono venire a vedere quello che la città si è conquistata con coraggio, tenacia, competenza e concretezza saremo contenti, ed anzi io credo che debbano venire anche il premier Conte e il vicepremier di Maio, perché significherebbe che l’abbattimento delle vele è una giornata non solo per Napoli, ma per l’intero paese.”

Dal progetto dell’architetto di Salvo al degrado

Gli abitanti di Scampia e delle vele lottano da anni, anche attraverso l’azione del Comitato Vele, per uscire dalla situazione di disagio ed abbandono in cui il quartiere versa da molto tempo. Le Vele di Scampia, nel progetto originario dell’architetto Franz di Salvo, sarebbero dovute essere un sogno, un luogo d’aggregazione ed esempio virtuoso di condominio cittadino, il più grande progetto di edilizia economica e popolare del Sud Italia, ricco di spazi verdi ed attività ricreative ispirato alle Unités d’habitation di Le Corbusier e alle strutture a cavalletto di Kenzo Tange.

Tuttavia nella sua realizzazione la struttura s’è allontanata parecchio dal progetto. Le unità abitative sono molte di più di quelle che sarebbero dovute essere, i corridoi della struttura sono più stretti di quanto era stato previsto e viene usato, contrariamente a quanto era stato indicato nel progetto, cemento armato per costruire ogni parte dei centri abitativi, comprese le scale esterne: le vele di Scampia risultano asfittiche e buie. Quando vengono occupate in seguito al terremoto del 1980 ed alla conseguente emergenza abitativa, non sarebbero ancora pronte e si trasformano in un vero e proprio ghetto.

Ad un anno dal terremoto, la situazione è al limite della vivibilità: ci sono solo gli allacci elettrici, poche sono le abitazioni dotate di servizi sanitari, manca qualsiasi opera di urbanizzazione e l’aggregazione è quasi impossibile – sono infatti stati completamente ignorati, nella realizzazione del progetto, quegli spazi verdi e ricreativi che l’architetto Franz di Salvo aveva previsto. La prima struttura che sorge a Scampia è il Sert, mentre il primo commissariato arriverà solo nel 1987.

Gli abitanti del quartiere testimoniano da subito le difficoltà dell’abitare in quella zona complessiva che è comunemente nota come 167 – dal nome della legge del 1962 che ha portato alla creazione di questi nuclei abitativi – e da subito si organizzano per cercare di rendere dignitosa e vivibile la permanenza nelle torri e nelle vele, ma è solo nel 1990, con la visita al quartiere di Giovanni Paolo II, che l’opinione pubblica volge finalmente l’attenzione verso Scampia.

Inizia l’opera di riqualificazione del quartiere, per la quale il Comitato si batte da anni, e cominciano ad essere abbattute le Vele. Tre il 1997 ed il 2003 vengono abbattute tre delle sette vele di Scampia – per prima, si abbatte la vela “F” ma dopo un primo tentativo fallimentare: i piani più alti della vela non vengono infatti immediatamente abbattuti, e restano in bilico sulle macerie dei piani bassi e solo successivamente verrà posto rimedio all’errore. Nel 2016 si delibera affinché altre tre vele vengano abbattute e la quarta, ultima rimasta, venga riqualificata. Il progetto viene ufficializzato da Luigi de Magistris nel 2017 e per questo vengono stanziati 18 milioni di euro.

Una storia di resistenza

Quella di Scampia è indubbiamente una storia di resistenza che racconta di una popolazione sofferente ma tenace, che, per sopravvivere alle condizioni ingiuste in cui si è ritrovata per quella che non possiamo definire che come una serie di sfortunati eventi, si è inevitabilmente indurita.

In un contesto così ostile e spigoloso non é difficile comprendere la risposta che il Comitato Vele ha dato alla dichiarazione del Ministro degli Interni: lo stato di abbandono e di disagio in cui ha versato il quartiere per tanti anni – troppi, quasi trenta – ha reso la memoria degli abitanti di quello stesso quartiere molto più resistente di quella di molti altri che hanno facilmente dimenticato le parole che Matteo Salvini rivolgeva al sud ed ai napoletani in generale.

E se, inspiegabilmente, la memoria di molti meridionali negli ultimi mesi ha fatto in tal senso cilecca, o se semplicemente sono riusciti a perdonare gli insulti che erano stati loro rivolti nel corso di anni, non così accade a Scampia e non potrebbe mai accadere. Questi “ultimi”, come loro stessi si sono definiti nel comunicato, portano il peso di decenni di pregiudizi – e non bastano poche dichiarazioni a riscattare, ai loro occhi, chi è stato concausa della loro diffusione. Le ferite che sono state inferte a Scampia sono profonde e non ancora cicatrizzate – sono ancora sanguinanti, macilente e cancerogene – potremmo quasi dire che l’abbattimento della Vela Verde equivalga all’amputazione di un arto malato – e il dolore che queste ferite aperte provocano non consente di dimenticare facilmente, rende arduo il perdono e acutizza la consapevolezza che ogni progresso, ogni conquista, è figlio della propria volontà e del proprio lavoro.

La risposta del Comitato Vele, in questi giorni bui dove si scade facilmente nell’insulto volgare, brilla nel suo essere brutalmente sincera, senza fronzoli, ma non offensiva. La verità, anche se sgradevole, anche se sofferta, non oltraggia nessuno – sono parole di forza ma non scadono nella violenza. In questo periodo di sofismi e grettezza, sono un faro che brilla di speranza e dignitosa coerenza.

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