“Sono passati sei anni da quel maledetto 10 maggio 2019, il giorno in cui il destino ti ha strappato via da noi, sul posto di lavoro, senza un addio, senza una carezza, senza la possibilità di salutarti un’ultima volta. Da quel momento, nulla è stato più come prima. La tua assenza è diventata un dolore sordo che si è infilato in ogni respiro, in ogni momento della mia vita. Ma non mi sono mai fermato. Quel dolore l’ho trasformato in forza, in battaglia, in giustizia. Non ho mai permesso che il tuo sacrificio cadesse nell’oblio“.
Lo scrive – in occasione dell’ anniversario della tragedia – in una lettera al padre, Santo Dell’Omo, giovane ingegnere informatico, che sei anni fa perse il genitore, Giuseppe, in un drammatico incidente sul lavoro. Giuseppe precipitò da un tetto.
Dell’Omo ha fondato un’associazione che ha sede a Sant’Antimo intitolata appunto al padre; associazione che attraverso una pagina social monitora il drammatico fenomeno delle morti sul lavoro.
“Purtroppo in sei anni – dice all’ANSA – non è cambiato nulla perché, purtroppo, si continua a morire di lavoro. Non voglio lanciare appelli: sarebbe solo uno dei tanti ma voglio solo dire che tutti noi – cittadini ed istituzioni – non dobbiamo voltare la faccia dall’altra parte” ma Santo Dell’Omo ricorda anche, nella lettera al padre che non c’è più, di aver conosciuto in questi sei anni “persone che hanno camminato accanto a me, sostenendomi nei momenti di solitudine, per fare sì che la tua morte non venisse dimenticata“.
“C’è da fare una cosa e con una urgenza – conclude – ed è quella di introdurre il reato di omicidio sul lavoro. Con pene molto alte sarà molto più difficile dimenticare le misure di sicurezza“.
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