martedì, Giugno 24, 2025
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Omicidio Giulia Tramontano, la difesa di Impagnatiello: “Non è crudele, voleva solo uccidere il feto”

L’omicidio di Giulia Tramontano non fu un “agguato” ma un “susseguirsi di errori” senza la “minima pianificazione” commessi da un uomo con una relazione parallela che in “cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza” della compagna e non ce l’ha fatta perché la sua “personalità narcisistica” gli ha impedito di rovinare “l’immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé”.

Con queste parole la difesa di Alessandro Impagnatiello, il 32enne condannato all’ergastolo per il delitto di Senago del 27 maggio 2023, chiede alla Corte d’appello di Milano di riformare la sentenza emessa in primo grado il 25 novembre 2024.

Mercoledì mattina parte il processo d’appello all’ex barista dell’Armani Café che, tra le 19.05 e le 19.30 di quel sabato pomeriggio, ha colpito nella casa di via Novella la fidanzata incinta al settimo mese del piccolo Thiago con 37 coltellate, ne ha incendiato il cadavere con alcol e benzina e per 96 ore lo ha spostato tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine nel piccolo comune del milanese.

La giovane aveva appena scoperto della sua storia parallela con una collega di lavoro. In aula l’accusa sarà sostenuta dalla sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri.

L’avvocata di Impagnatiello, Giulia Geradini, chiede alla corte popolare di escludere dalla sentenza le aggravanti della premeditazione – che non fu riconosciuta nelle prime ore di indagine dal gip Angela Laura Minerva in fase di convalida del fermo -, della crudeltà e di riconoscere inoltre le circostanze attenuanti generiche. Una difesa che, se accolta, potrebbe in astratto ridurre a 30 anni la pena per Impagnatiello.

Per la legale non vi è prova di un omicidio “pianificato” ma anzi la dinamica “grossolana e maldestra” del “tentativo di disfarsi del corpo” e di nascondere le “tracce del delitto” simulando la scomparsa della 29enne, dimostrerebbe “con certezza” esattamente il contrario. Nei propri motivi d’appello vengono contestate una serie di affermazioni della sentenza.

A cominciare dalla “copertura del divano” e lo “spostamento del tappeto” in casa, che sarebbero avvenuti prima che Tramontano rientrasse in casa preparando il delitto, su cui non sono state trovate tracce di sangue. Non vi è prova – sostiene l’avvocata – e non è mai stato trovato un “telo” per le coperture.

“L’acquisto della benzina” per bruciare il corpo è avvenuto la “sera dopo” l’omicidio e “non prima”. Il “cadavere è stato spostato più volte” in “orari serali o mattutini con il rischio di essere scoperti dai condomini” con una “condotta sicuramente poco incline ad un’accurata premeditazione”.

“Le ricerche internet” per tentare di programmare i messaggi whatsapp dal cellulare della donna sono state effettuate “dopo”, così come quelle sulla pulizia delle macchie: “Rimuovere macchie erba, candeggina, ruggine, sangue, olio sudore”. Infine la difesa si concentra sulle ricerche web di veleno per topi iniziate dopo la scoperta della gravidanza a dicembre 2022 e la somministrazione del bromadiolone (ammessa da Impagnatiello, due volte nel maggio 2023) che aveva fatto ipotizzare alla Procura di Milano che l’idea di uccidere la compagna fosse nata e si fosse radicata ben 6 mesi prima.

“Se si osservano attentamente le ricerche effettuate, si comprende come le stesse si concentrino sempre ed esclusivamente sul feto”, scrive la legale. Lo “scopo” di Impagnatiello era “provocare l’aborto” non causare “la morte” della donna.

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