NAPOLI – «Se paghi con la carta, il prezzo non sarà lo stesso». È una frase intercettata il 19 giugno 2024 a mettere nei guai Angelo Napolitano, 46 anni, imprenditore napoletano e volto noto di TikTok, dove conta quasi mezzo milione di follower. Secondo quanto riportato da Il Mattino, quella conversazione con un cliente avrebbe rivelato il modus operandi che gli avrebbe consentito, in pochi anni, di scalare il mercato della vendita al dettaglio di prodotti tecnologici, generando fatturati a sei zeri.
Napolitano, rappresentante legale della Am Distribution Srl, società a cui fanno capo i negozi “Napolitano Store” di Napoli e Casalnuovo, è ora accusato di aver emesso false fatture ed evaso l’Iva. Il gip del tribunale di Nola, Raffaele Muzzica, ha disposto il sequestro di beni per un valore complessivo di 5.740.561 euro, tra cui anche un lussuoso yacht.
L’indagine, condotta dal nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, guidato dal colonnello Paolo Consiglio, è partita da una segnalazione dell’Associazione italiana retailer elettrodomestici specializzati (Aires-Confcommercio) risalente a febbraio 2024.
Le ombre sui “Napolitano Store”
Gli operatori del settore, come emerge dagli atti, avevano sollevato dubbi su tre aspetti principali:
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la qualità dei prodotti venduti, spesso con caratteristiche tecniche destinate ai Paesi dell’Est Europa;
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le modalità di pagamento, con sconti applicati in caso di versamenti in contanti;
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i prezzi di vendita, in alcuni casi inferiori a quelli stabiliti dai produttori, come nel caso dei recenti iPhone 15.
Dalle analisi delle dichiarazioni fiscali è emerso un incremento considerevole del giro d’affari: dal 2017 al 2023 il fatturato della Am Distribution sarebbe passato da 2,2 milioni a oltre 20,8 milioni di euro.
Le prove dai social
Un ruolo chiave nelle indagini lo hanno avuto i video diffusi dallo stesso Napolitano sui social. In uno di questi, gli investigatori hanno accertato che le offerte promozionali erano valide soltanto in caso di pagamento con banconote da 100 euro, ribattezzate dall’imprenditore “magliette dell’Avellino”, per il loro colore verde.
Secondo gli inquirenti, la società avrebbe venduto ai clienti privati merce esclusa dal regime del “reverse charge”, praticando prezzi sottocosto solo a fronte di pagamenti in contanti.
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