La giornata odierna segna una nuova fase di tensione nel mondo dell’informazione: giornaliste e giornalisti italiani hanno incrociato le braccia per protestare contro il mancato rinnovo del contratto nazionale, scaduto da dieci anni. Lo sciopero, proclamato dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), arriva dopo mesi di trattative con la Federazione degli editori (Fieg) e mette in luce una frattura profonda sulle prospettive future del settore.
Le ragioni dello sciopero
Secondo la Fnsi, la stagnazione contrattuale e la progressiva riduzione degli organici nelle redazioni hanno avuto ripercussioni dirette sulla qualità dell’informazione e sul pluralismo. In un decennio segnato da stati di crisi, licenziamenti, prepensionamenti e tagli diffusi, i giornalisti dipendenti sono diminuiti, mentre è aumentata la dipendenza da collaboratori esterni spesso sottopagati e privi di tutele.
Il sindacato denuncia anche l’erosione del potere d’acquisto degli stipendi, ridotti di quasi il 20% a causa dell’inflazione, e giudica “irrisoria” la proposta economica avanzata dagli editori. Particolare preoccupazione suscita inoltre la richiesta della Fieg di tagliare ulteriormente le retribuzioni dei neoassunti, misura che secondo la Fnsi aggraverebbe la spaccatura generazionale nelle redazioni.
La federazione respinge l’idea che si tratti di una battaglia corporativa: “Un’informazione libera e plurale – sostiene – ha bisogno di giornalisti indipendenti, non ricattabili sul piano economico”. Tra le richieste anche norme che regolino l’uso dell’intelligenza artificiale nelle redazioni e un equo compenso per i contenuti ceduti al web.
La risposta degli editori
Di segno opposto la versione della Fieg, che rivendica gli investimenti realizzati negli ultimi dieci anni per mantenere la qualità dell’informazione e tutelare l’occupazione, in un contesto segnato dal dimezzamento dei ricavi del settore. Gli editori ricordano come i licenziamenti siano stati evitati grazie agli strumenti previsti dalla legge, sempre con il consenso del sindacato.
La Fieg denuncia inoltre la concorrenza degli Over The Top – da Google a Meta – che avrebbero sottratto agli editori una quota rilevante dei proventi pubblicitari, contribuendo a minare la sostenibilità economica delle testate. Nonostante ciò, le aziende affermano di aver affrontato la trasformazione digitale “senza interventi drastici”.
Gli editori si dicono favorevoli a un contratto rinnovato, ma sottolineano la necessità di modernizzarlo, rendendolo più flessibile per favorire l’assunzione di giovani e compatibile con le nuove dinamiche del mercato. Contestano alla Fnsi di essersi concentrata unicamente sulle richieste salariali, rifiutando di discutere una revisione complessiva delle norme.
Intelligenza artificiale e collaboratori
Sul tema dell’AI, gli editori frenano sulla possibilità di introdurre regole rigide, ritenute destinate a diventare rapidamente obsolete, e propongono invece l’adozione di codici etici aziendali per tutelare sia la professione che i lettori.
Quanto ai collaboratori, la Fieg sostiene di applicare quanto previsto dall’accordo del 2014 e accusa il sindacato di non aver voluto aprire un confronto sul possibile aggiornamento dei compensi.
Una trattativa ancora tutta in salita
La distanza tra le parti resta ampia. Da un lato il sindacato chiede un contratto capace di tutelare i diritti e sostenere l’informazione di qualità; dall’altro gli editori puntano a un rinnovo che tenga conto della crisi strutturale del settore e della trasformazione digitale.
In mezzo, un sistema dell’informazione che affronta sfide decisive: la sostenibilità economica delle testate, la valorizzazione delle professionalità e la necessità di garantire ai cittadini un’informazione libera, pluralista e al passo con la modernità.
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