La seconda sezione della Corte di Assise di Napoli ha emesso la sentenza di primo grado nel processo per l’omicidio volontario di Antonio Natale.
Sei gli imputati condannati: Domenico Bervicato, Carlo Avventurato, Bruno Avventurato e Gennaro Pacilio hanno ricevuto 16 anni di reclusione ciascuno. Pene più severe, pari a 28 anni, per Emanuele D’Agostino ed Emanuele Ricci, ritenuti esecutori materiali del delitto e affiliati al clan Avventurato.
L’avvocato Maurizio Reggi, parte civile nel processo, ha espresso profondo disappunto per le pene inflitte ai collaboratori di giustizia: “La condanna a 16 anni è eccessivamente favorevole rispetto alla loro collaborazione, che è stata limitata. Hanno ammesso solo ciò che era già stato accertato dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Non hanno mai rivelato l’intero ammontare dei proventi illeciti, stimati in circa 2,5 milioni di euro annui, derivanti dalle piazze di spaccio gestite”.
A destare ulteriore indignazione è stato il riconoscimento delle attenuanti generiche a tutti gli imputati, ritenute equivalenti alle aggravanti previste per i reati di associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.) e dall’articolo 7 della legge Antimafia. “L’omicidio di un giovane di 22 anni non può essere punito con tanta leggerezza”, ha aggiunto Reggi, citando anche intercettazioni dal carcere in cui Bervicato manifestava intenzioni di vendetta e recidiva.
Il deputato Francesco Emilio Borrelli, da sempre vicino alla famiglia Natale, ha voluto esprimere la propria solidarietà: “Mi stringo al dolore dei familiari, che hanno sempre denunciato il sistema di spaccio nel Parco Verde. Ricordo le manifestazioni organizzate per smantellare quel sistema criminale. La famiglia capì subito che Antonio era finito in un giro pericoloso e che era stato ucciso. Il suo corpo rimase nascosto per giorni. Gli assassini non si sono mai veramente pentiti e restano figure inquietanti della criminalità locale. Le pene inflitte non riflettono, a nostro avviso, la gravità della loro condotta”.
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