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“Il bambino con la bicicletta rossa” [Intervista]

Dal 25 al 28 Aprile 2019, al Teatro TRAM, Virus Teatrali in collaborazione con Teatro Insania presenta ‘Il bambino con la bicicletta rossa (voci di un rapimento), scritto e diretto da Giovanni Meola, con Antimo Casertano. Lo spettacoloed è liberamente ispirato al caso Lavorini, il primo rapimento di un minore finito tragicamente nell’Italia di 50 anni fa.  Per l’occasione abbiamo fatto una chiacchierata con il regista ed il protagonista dello spettacolo.

Lo spettacolo nasce da un’intuizione del protagonista, Antimo Casertano. Qual è la prima cosa che hai pensato quando ti ha parlato di quest’idea?

“Antimo Casertano mi raccontò di questa vicenda perché cercava un drammaturgo in grado di farne un testo teatrale. La sua stima in me e la particolarità della storia mi spinsero ad interessarmi al caso che, devo dire, mi appassionò subito. Molto. Perché questa vicenda è, dal mio punto di vista, l’esatta, scientifica, dimostrazione di come siamo noi italiani. Pronti a gridare e a protestare (anzi a inciuciare e a fare eterne chiacchiere da bar) se pensiamo che vengano messi in discussione i costumi sociali (all’epoca si era tutti molto più ipocriti e puritani), in silenzio e disinteressati se vengono svelati sottintesi di altra natura, politica, complottista, eversiva“.

Perchè l’esigenza di raccontare questa storia cinquant’anni dopo?

Quando una storia la senti ancora urgente, presente, diventa una sorta di tarlo che, se resiste agli anni (da quel primo input ad oggi sono passati anni) diventa in automatico il veicolo giusto per raccontare anche il nostro oggi. O forse il nostro ‘sempre’, come popolo e come paese“.

Cosa ti ha dato scrivere questo scrivere questo spettacolo professionalmente e, soprattutto, umanamente?

Scrivere questo testo è stata un’avventura affascinante, faticosa, anche piena di stop-and-go, perché la forma scelta è stata un azzardo: è scritto per il 70% abbondante in versi (sciolti, chiusi, liberi, anafore, assonanze, ecc.). Chi vedrà lo spettacolo capirà perché. Ma strutturare così il testo, con nove personaggi, tutti interpretati da un unico attore, è stato ed è un felice azzardo che, sia umanamente che professionalmente, sentivo essere una sfida assolutamente da lanciare a me stesso e affrontare. Solo la ‘vita’ dello spettacolo (e magari del testo, se troverò un editore pronto a pubblicarlo, come pare già essere) mi confermerà la bontà della sua riuscita. Di certo, io ho faticato moltissimo per portarlo a termine ma allo stesso tempo mi sono sentito totalmente preso da questo racconto che mi è diventato, mese dopo mese, sempre più necessario riuscire a finalizzare“.

Che reazione vi aspettate da parte del pubblico?

Dal pubblico io mi aspetto sempre solo che venga pieno di curiosità e disponibilità all’ascolto. non all’ascolto solo uditivo ma all’ascolto sinestetico, quello che, con tutti i sensi, ti fa sentire parte di un qualcosa che sta avvenendo davanti ai tuoi occhi. A partire da questo, poi, il teatro è il regno della totale libertà e il pubblico, che non è mai un elemento granitico ma è composto di mille anime, saprà rimandarci una marea di cose. dalle più belle e lusinghiere a quelle meno rispondenti ai nostri auspici. E noi non dovremo far altro che accoglierle tutte con gratitudine“.

Antimo, come ti sei approcciato a questo personaggio? Anzi, a questi 9 personaggi? C’è una fonte di ispirazione per la tua interpretazione?

“Il mio primo approccio è stato soprattutto fisico, con Giovanni abbiamo lavorato attraverso ‘partiture’ fisiche distinte per ogni personaggio. Partiture che mi hanno dato ‘libertà’ e possibilità di costruire personaggi da zero senza essere influenzato da nulla. Nessuno dei nove personaggi è stato costruito a tavolino o nasce da un’idea prestabilita; certo, una profonda conoscenza del testo e della storia di questi personaggi è stata necessaria per approcciare questo tipo di lavoro. Dopodiché, ho cercato una dimensione corporea e vocale per tutti i personaggi. Dopo che ogni personaggio ha preso la sua dimensione ho trovato una ‘somiglianza’ con persone o personaggi visti. In alcuni momenti ho avuto la sensazione di spiarli nella loro intimità, di mettere l’occhio alla serratura e vedere come agivano. La curiosità, per un attore, è una proprietà necessaria per stimolare continuamente il suo lavoro. Il quotidiano di ognuno di noi è pieno di stimoli dai quali attingere, basta saper osservare”.

 

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