giovedì, Aprile 18, 2024
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Ergastolo “duro”: la corte dei diritti umani si schiera contro l’Italia

La Corte dei diritti umani di Strasburgo dà torto all’Italia in merito all’articolo 4 bis del codice penale. La legge prevede l’ergastolo ostativo per detenuti, accusati di reati connessi alla criminalità organizzata.

Uno dei maggiori problemi che affligge l’Italia da anni e che riguarda molto da vicino anche la regione Campania è quello della lotta alle mafie. Tale difficoltà ha spinto la nostra Repubblica ad emanare l’articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. Esso prevede la pena all’ergastolo ostativo nei confronti di “particolari” detenuti, macchiatisi di reati connessi alla mafia.

L’ergastolo ostativo prevede un “fine pena mai”, senza poter usufruire di eventuali benefici in seguito a buona condotta. È una pena che appunto “osta” a qualsiasi modifica. L’ergastolo ostativo quindi non può essere abbreviato o convertito in pene alternative (come i domiciliari), a meno che il detenuto decida di collaborare con la giustizia.

Gli ergastolani ostativi in Italia sono circa un migliaio. Il parere della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo (CEDU) contro tale pena italiana potrebbe cambiare le cose.

Le dichiarazioni del ministro della Giustizia

Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha espresso la sua contrarietà alla decisione della Cedu:

«Non condividiamo e faremo valere in tutte le sedi le ragioni del governo italiano e le ragioni di una scelta che lo Stato ha fatto, tanti anni fa, stabilendo che una persona può accedere anche ai benefici, a condizione però che collabori con la giustizia».

Lasciando marcire numerosi mafiosi in carcere certo non si collabora alla loro riabilitazione sociale. Si ha anche il rischio che le famiglie dei detenuti prendano il loro posto all’interno della criminalità organizzata.

Eppure il nostro Paese si fregia di avere una della Costituzioni più democratiche al mondo. Il ministro Bonafede aggiunge infatti:

«noi abbiamo un ordinamento che rispetta i diritti di tutti le persone ma che di fronte alla criminalità organizzata reagisce con determinazione».

In effetti solo coloro che vivono in territori che soffrono profondamente il problema della criminalità organizzata, possono capire quanto sia necessaria in certi casi la durezza della pena.

Un detenuto condannato all’ergastolo ostativo, accusato di numerosi omicidi, può davvero redimersi in qualche decennio di carcere? Non ha avuto abbastanza opportunità di “redenzione” quando era in libertà?

Forse quindi non bisognerebbe discutere della durata della pena dei carnefici. Bisognerebbe avere un occhio di riguardo per le famiglie dei detenuti, affinchè non cadano di nuovo nel mondo della criminalità organizzata. Senza mai perdere di vista il dolore delle famiglie delle vittime.

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