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MisStake: le declinazioni dell’Amore al Teatro Elicantropo

Da giovedì 23 gennaio a domenica 26 al Teatro Elicantropo: MisStake, il monologo/soliloquio scritto, diretto e interpretato da Fabiana Fazio. Con la collaborazione di Maura Tarantino per i movimenti scenici e di Marco Perrella per il disegno luci.

“Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo…”. La celeberrima e sdoganata scena del balcone della tragedia shakespeariana diventa il punto di partenza per una profonda riflessione sull’amore e le sue declinazioni. Se Giulietta sente il peso del destino a causa del nome suo e del suo amato, non può neanche trovare una scappatoia nella frase sul rinnegare il proprio nome, perché così facendo verrebbe a mancarle anche il motivo per cui lei ama Romeo. Il suo è un tentativo estremo di dilungarsi oltre i confini dello spazio e del tempo, assumendo contorni femminili sempre nuovi, ma sempre alla ricerca di quel sentimento vero e puro che tutti noi agogniamo.

E allora la Giulietta sul palco incita il pubblico e se stessa a ricercare un amore che danzi sulle parole “more, more more” (“ancora, ancora e ancora”) ma che, nel confronto con la nostra epoca, si sfalda nell’incapacità di adattarsi e nell’occasionalità dei rapporti.

Il monologo, diviso in tre capitoli (con uno a parte che sfiora il tema della violenza domestica in maniera non banale) è un pastiche che si arricchisce di riferimenti letterari e della cultura pop. Esibendosi in un karaoke amoroso su un palchetto a forma di torta nuziale che miscela parole e musica (da Shakespeare a De André, passando per la Carrà e John Paul Young), l’attrice si muove tra quelle che sono le sfaccettature di un sentimento quantomai fluido.

Il titolo della pièce, MisStake, è un gioco di parole con molteplici rimandi e interpretazioni tra la lingua di Shakespeare e la nostra. Dalla parola “errore” (riconducibile all’amore causa della tragedia) si passa a miss e take “prendere” e “lasciare”, ma gioca anche sulle diverse accezioni che le parole possono offrire nella semantica amorosa. Il prodotto finale esula da ogni contesto e l’opera si chiude con una fioca luce su un oggetto di scena messo lì in angolo, una rosa, eterno simbolo dell’amore.

Recensione a cura di Roberta Sanguedolce

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