sabato, Aprile 20, 2024
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Rifiuta la chemio in gravidanza: Patrizia e il piccolo Federico ce l’hanno fatta

Aveva scoperto di avere un tumore al seno al quinto mese di gravidanza: i medici riescono a salvare Patrizia e il suo piccolo Federico.

La storia di Patrizia è un manifesto di coraggio, quel coraggio che solo le mamme possono avere: rifiutare di curarsi, pur di salvare un figlio che ancora non ha nemmeno visto la luce.

E se ultimamente si è sentito parlare spesso di “medici eroi“, quelli che hanno salvato la 34enne e il suo bambino rientrano nella stessa categoria, anche se non hanno combattuto un virus.

A maggio del 2019 Patrizia riceve la diagnosi di un tumore al seno, ma la donna non ha avuto dubbi: sarebbe nato prima Federico e, solo dopo, avrebbe accettato di curarsi. E questo non è stato l’unico gesto coraggioso che Patrizia ha fatto. Al momento della diagnosi e della sua decisione di posticipare le cure a dopo il parto, la donna ha lasciato scegliere il suo fidanzato. Se avesse voluto, sarebbe potuto andare via perché in tutta onestà… scappare davanti ad una situazione del genere sarebbe stato più che comprensibile! Ma la sua risposta è stata ben altra.

Mi ha chiesto di sposarlo. Cosa che abbiamo fatto, con rito civile, prima che nascesse Federico.

Dal momento della diagnosi Patrizia è stata seguita dalla Brest Unit dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, equipe medica diretta dal professor Ferdinando Riccardi. Ogni anno questi medici affrontano circa 300 casi di tumori al seno, con pazienti che vanno dai 25 agli 85 anni. Ma nel caso di Patrizia, sebbene il tumore fosse abbastanza comune, c’era da considerare la questione della gravidanza. Riccardi spiega:

Abbiamo fatto la pianificazione delle cure con il dottor Santangelo e concordato i tempi con Patrizia. A quel punto abbiamo iniziato le terapie. Prima del parto aveva portato a termine 4 cicli di chemio.

A settembre del 2019 poi, con la nascita di Federico, Patrizia ha potuto finalmente sottoporsi all’intervento e all’ultimo ciclo di chemio e radioterapia, e la donna sembra avere una marcia in più per affrontarli.

Sono stata forte, sapevo di dover stare bene per mio figlio, per prendermi cura di lui. Credo che sia stato questo a darmi la forza di affrontare una situazione che, fino a quando non la vivi in prima persona, non capisci cos’è fino in fondo. Devo molto ai medici, alla loro professionalità, all’umanità con la quale sono stata accolta e all’organizzazione messa in campo dalla direzione generale del Cardarelli.

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