L’attenzione mediatica del film riversa, ovviamente, sul ritorno di Sophia Loren, 11 anni dopo la sua ultima apparizione sul grande schermo. Anche perché la trasposizione cinematografica del romanzo di Romain Gary era già stata realizzata nel 1977, con tanto di Oscar per il miglior film straniero.
Qui non siamo a Parigi, bensì in una palazzina di un quartiere di Bari. Madame Rosa, interpretata da Sophia Loren, è una superstite dell’Olocausto, nonché ex prostituta, che accudisce bambini in difficoltà. Come un fulmine a ciel sereno nella sua vita spunta Momo, un 12enne di strada con un’inclinazione alla violenza e all’inosservanza delle regole (e della legge).
Nel cast anche Renato Carpentieri, nei panni di un medico empatico e solidale, e Massimiliano Rossi che veste i panni di un trafficante di droga.
L’intensità interpretativa di Sophia Loren è disarmante, seppur non continua. La sua grazia e la sua esperienza riescono a dare giustizia e il giusto tono ad una donna forte con un vissuto tutt’altro che semplice.
La sceneggiatura però è soggetta, troppo spesso, ad una discontinuità tale da rendere alcuni passaggi troppo veloci e, di conseguenza, poco chiari.
La storia si basa sull’integrazione, il rispetto e la memoria storica, fondamentale per non commettere gli stessi errori e aiutare gli altri a fare altrettanto.
Nel complesso è un film che si lascia guardare, ma che forse manca di quel pizzico di passione in più, tale da renderlo più coinvolgente e, perché no, da Oscar.
