sabato, Luglio 27, 2024
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Da Frattamaggiore all’American Ballet: la storia di Luigi

Il ventiquattrenne Luigi Crispino è la star emergente dell’American Ballet Theatre di New York, unico italiano in compagnia insieme a Virginia Lensi. E’ nato a Frattamaggiore e durante il Covid con determinazione ha fatto di necessità virtù. Il 26 aprile, il sito dell’American Ballet trasmetterà in streaming l’esordio da coreografo di Luigi: Thread of Memories, tre assoli che Luigi ha composto per tre colleghi. «Mi sono ispirato ai nostri vissuti: la nostalgia per la scena, la frustrazione per l’incertezza, l’elaborazione di un lutto personale. Nel terzo assolo, danzato da Virginia, ho trasmesso il dolore recente per la morte di mia zia. Non vedo la mia famiglia da un anno, perché temevo, venendo in Italia, di non potere più tornare a New York».

Luigi è figlio di un tecnico radiologo industriale, mamma insegnante, una sorella minore. La famiglia l’ha sempre sostenuto da quando, per gioco a 8 anni, mise piede in una scuola di danza. Viene dalla fucina di talenti della Scuola di Ballo del San Carlo, sotto la direzione di Anna Razzi. A cui è seguita la borsa di studio newyorchese, prima alla Jacqueline Kennedy School, poi all’Abt Studio Company. Ora in America è abilitato anche all’insegnamento. «Mi considero un patriota, mi piace dare peso al mio essere italiano, sono il frutto della Scuola del San Carlo di Napoli. Ce l’ho nel cuore. Il mio maestro Max dice che sono un ballerino drammatico e romantico».

Roberto Bolle è stato principal dell’Abt fino al 2019 e Crispino si considera erede del suo modello di danza «italiana e internazionale». «In tre stagioni al Met, ho avuto l’onore di conoscere Roberto, è una persona fantastica. La sua eredità è una grande responsabilità. Ce la metterò tutta per avanzare nella carriera e rendergli onore». Inclusione, diversità e uguaglianza sono temi particolarmente dibattuti nelle maggiori compagnie del mondo, dall’Opéra di Parigi all’Abt. «La danza non è solo spettacolo, è un’arte che mette le ali a un sogno come il mio, che salva la vita di ragazzi che finirebbero male, che nutre l’anima del danzatore e del pubblico affermando con forza che, dentro, siamo tutti uguali, diversi, unici. Perciò non devono esserci barriere di razza, di cultura, di religione. Il balletto è per tutti».

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