Come già accennato, durante la convalida, il sacerdote si è difeso spiegando che quelle foto e quei video presenti su un suo pc, erano il risultato di una sua indagine personale svolta tra il 2015 e il 2016. All’epoca, ha detto, aveva interrotto la ricerca perché da una trasmissione televisiva aveva appreso che anche in quel modo stava commettendo un reato.
Il giudice non ha però creduto alle sue parole, ritenendo non credibile la sua versione: non ci sarebbero infatti prove della “predisposizione di una attività di dossieraggio volta proprio al contrasto del fenomeno criminoso”, ma avrebbe invece agito “rispondendo ad impulsi sessuali perversi”.
Dopo la conferma dei domiciliari il sacerdote si era dimesso da parroco di San Modesto e da direttore della Caritas di Benevento.
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