sabato, Luglio 27, 2024
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Concessioni balneari: dal quadro normativo ai punti della riforma

Tiene banco negli ultimi giorni la riforma sulle concessioni balneari: dopo un lungo confronto c’è finalmente stato il via libera del Consiglio dei ministri, all’unanimità, all’emendamento al DDL sulla concorrenza il quale prevede, per le concessioni balneari, la messa a gara a partire dal primo gennaio 2024.

Ma, prima di entrare nel dettaglio della riforma, occorrono delle considerazioni preliminari sulla materia e sul perchè si è resa necessaria una riforma.

La questione, infatti, risale a qualche anno fa e tratta un tema di scottante interesse che coinvolge diversi aspetti del nostro ordinamento in un quadro normativo contorto ed intricato.

Il nostro codice civile all’art. 822 definisce il c.d. demanio pubblico ossia quel complesso di beni immoli ed universalità di mobili che appartengono eslusivamente agli enti pubblici territoriali quali Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni.

Tali beni non possono formare oggetto di diritto nei confronti dei terzi e, per tale ragione, sono inalienabili, inusucapibili ed imprescrittibili. Possono, infatti, solo previo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica, essere attribuiti al privato mediante concessione la quale assume la forma giudirica della concessione-contratto.

Ebbene,  all’interno di tale macrocategoria è possibile suddividere il c.d. demanio necessario comprensivo di tutti quei beni (le spiagge, i porti, le rade, il lido del mare) che per loro natura intrinseca devono necessariamente appartenere allo Stato e, in alcuni casi particolari, agli altri enti pubblici territoriali da quello che è il c.d. demanio accidentale ossia quel complesso di beni che possono, in taluni casi, e su espresso provvedimento da parte della pubblica amministrazione essere attribuiti anche ai privati cittadini.

Nell’ambito dello schema previsto per le concessioni demaniali marittime era previsto il c.d. diritto di insistenza il quale conferiva al concessionario uscente di un bene pubblico una preferenza rispetto ad altri aspiranti concessionari, nel momento in cui la Pubblica amministrazione doveva procedere ad una nuova concessione del bene.

Tale principio, però, si è posto in evidente contrasto con la normativa eurounitaria. In particolare, sia con la disciplina prevista dall’art. 12 comma 2 della direttiva Bolkstein del 2006 la quale esclude la previsione di una procedura di rinnovo automatico delle autorizzazioni e sia con l’art. 49 TFUE in materia di restrizione alla libertà di stabilimento, rendendo praticamente impossibile a qualsiasi altro concorrente l’accesso alle concessioni in scadenza.

Di talchè, sulla scorta di tale contrasto, il legislatore nazionale ha abrogato, ma solo de facto, il diritto insistenza prorogandolo per tutte le concessioni ancora in essere non superando mai, in maniera reale, la problematica.

Pertanto, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro lo Stato italiano in materia di assegnazione e durata di concessioni demaniali marittime smontando l’intera impalcatura normativa delle proroghe sulle concessioni balneari, invitando il nostro paese ad istituire immediatamente delle procedure ad evidenza pubblica culminata con la sentenza del 14 luglio del 2016 della Corte di Giustizia Europea mediante la quale si è rimarcata l’illegittimità della proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime in essere per le attività turistiche e ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

Tale pronuncia, però, come autorevole dottrina ha avuto di modo di sostenere (Prof. Beniamino Caravita di Torittan), è stata sottovalutata dal nostro legislatore, il quale è rimasto totalmente inerme non introducendo alcuna riforma, anzi, prorogando con la legge di bilancio del 2019 di altri 15 anni le concessioni demaniali marittime con rideterminazione del termine al 2033.

Tutto ciò ha dato il via ad una serie sentenze contraddittorie da parte della giurisprudenza amministrativa: la VI sezione del Consiglio di Stato con la pronuncia n. 7874 del 2019 (ripresa poi successivamente da numerosi T.A.R.) si è espressa ravvisando un contrasto tra le norme nazionali e quelle europee a differenza, invece, del T.A.R. Lecce, il quale pur riconoscendo un contrasto tra le normative eurounitarie e quelle  nazionali si è prununciato, con la sentenza n. 1321 del 2020, in senso maggiormente favorevole alla legittimità della proroghe sulle concessioni balneari.

Anche l’AGCM ha asserito, a più riprese, che la normativa italiana sia lesiva dei principi in materia di libera concorrenza.

É di tutta evidenza che in un quadro normativo così complesso e così variegato, anche a seguito della pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia UE, era necessaria quanto auspicabile una riforma legislativa.

Così, con il tavolo tenutosi a Palazzo Chigi nella giornata di ieri c’è stato, finalmente, il via libera agli emendamenti al DDL concorrenza. La riforma ha lo scopo di assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo, di favorirne la pubblica fruizione promuovendo una maggiore concorrenza sulle concessioni balneari.

Come si evince dalla bozza, la procedura per l’affidamento delle concessioni dovrà essere effettuata nel pieno rispetto dei principi di imparzialità, della parità di trattamento, della massima partecipazione, della trasparenza e dell’adeguata pubblicità, da avviare con bando di gara in un periodo di almeno dodici mesi anteriori alla scadenza.

Dovrà poi essere assicurata una stabilità occupazionale e dovranno essere rispettati i principi sia nazionali che sovranazionali fissati in materia di ambiente e in materia di tutela paesaggistica.

La durata della concessione non potrà essere superiore a quanto  necessario per garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati, con divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici. Infine, è stato previsto anche un equo indennizzo nei confronti del concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante.

L’augurio è che, attraverso tale riforma, possa mettersi la parola fine a questa lunga diatriba.

 

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