sabato, Luglio 27, 2024
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Storia, contraddizioni e parabola politica di Luigi Di Maio

Luigi Di Maio ha lasciato il Movimento 5 Stelle, e non è ancora chiaro cosa deciderà di fare da grande.

Giggino, come viene macchiettisticamente etichettato da ormai un decennio a questa parte, è stato tante cose, ha ricoperto tanti ruoli, e ancora oggi non sappiamo chi o cosa sia.

Luigi Di Maio è stato uno dei primissimi attivisti del Movimento 5 Stelle, figliol prodigo di Gianroberto Casaleggio, padre padrone del Movimento. Nel 2013, è diventato il più giovane Vicepresidente della Camera dei Deputati della storia della Repubblica, eletto con 173 voti. Nel 2017, è stato scelto dalla rete degli iscritti al Movimento come candidato premier dei 5 Stelle, e ne è diventato presidente, raccogliendo lo scettro di Beppe Grillo. Luigi Di Maio ha rischiato di diventare anche il più giovane Presidente del Consiglio della storia della Repubblica, nel 2018, quando i pentastellati raccolsero il plebiscito di preferenze dei cittadini, l’ormai nefasta percentuale del 32%, che gli consegnarono il chiaro mandato di formare un governo a trazione populista. Luigi Di Maio raccolse quel mandato, da allora capo del Movimento, e con l’appoggio della Lega del quasi amico Matteo Salvini diede vita alla fantastica, quanto ci si augura irripetibile, esperienza del governo Conte I.

Murales dello street artist Tv Boy, raffigurante un bacio tra l’allora leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e il segretario della Lega Matteo Salvini

Luigi Di Maio è stato tante cose anche nel governo Conte I: è stato Vicepresidente del Consiglio; è stato colui che ha abolito la povertà, quando con fare trionfale festeggiò dal balcone di Palazzo Chigi, per poi rendersi conto qualche anno dopo che la povertà non la si può abolire; è stato colui che, sempre sulla scia dell’entusiasmo che permeava i pentastellati nelle fasi precedenti del governo Conte I, decise che si necessitava di impeachment nei confronti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, reo di aver rifiutato il nome dell’euroscettico Paolo Savona come Ministro dell’Economia.

Luigi Di Maio non era un euroscettico, o almeno così diceva, nonostante nel dicembre 2017 si dicesse a favore di un referendum per l’uscita dall’euro, però nel 2018 diceva di non esserlo quindi, insomma, anche allora non era chiaro cosa volesse.

Luigi Di Maio nel 2017 sosteneva che le ONG fossero “taxi del Meditarreneo”, quindi non fu motivo di particolari sconvolgimenti emotivi il matrimonio con Matteo Salvini. Nel 2019, però, divorziò da Matteo Salvini, ma non prima di aver raccontato ai suoi fedeli seguaci che lui, col Partito Democratico, il partito di Bibbiano, quello dell’elettroschock ai bambini per separarli dalle famiglie, non ci avrebbe fatto un governo. Dopo il burrascoso divorzio da Matteo Salvini nell’estate del 2019 non potè far altro che spingere per un’alleanza con quel partito di mascalzoni di Bibbiano. Luigi Di Maio fu uno dei principali sponsor del governo Conte II, quello giallorosso dell’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, sempre quello di Bibbiano.

Murales dello street artist Tv Boy. Da sinistra a destra: il leader di Italia Viva ed ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi; l’allora segretario del Partito Democratico e Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti; il presidente del Movimento 5 Stelle ed ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di spalle; il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio

Luigi Di Maio è stato tante cose anche nel governo Conte II. Nel settembre del 2019, è diventato il più giovane Ministro degli Esteri della storia della Repubblica, a 33 anni. Impose, all’epoca, il nome di Giuseppe Conte anche per l’esperienza di governo col Partito Democratico, si diceva fiero di averlo proposto per il governo gialloverde, ed era giusto, a suo dire, che proseguisse la sua avventura da premier: e così fu. Poi qualcosa è improvvisamente e inquietantemente cambiata. Nel 2020 ha lasciato la presidenza del Movimento 5 Stelle, pare perché ritenesse conclusa la sua esperienza, ma ci piace pensare ad una qualche forma di crisi mistica.

Luigi Di Maio fu riconfermato Ministro degli Esteri anche dopo la caduta del governo Conte II, nel 2021, quando fu Mario Draghi ad essere chiamato per la formazione di un governo di larghe intese. Luigi Di Maio è stato un rispettabile Ministro degli Esteri, sia durante il governo Conte II che durante il governo Draghi. Ancora nel 2021, ha appoggiato la candidatura alla presidenza del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, ma i due, da quando Luigi Di Maio è diventato uno dei protetti del Presidente del Consiglio Mario Draghi, non sono mai più andati d’accordo.

Luigi Di Maio si è riscoperto europeista ed atlantista. È attualmente uno dei più grandi sostenitori del governo Draghi, così come del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. Luigi Di Maio non ammette tentennamenti sul sostegno all’Ucraina, men che meno sull’invio di armi, e invece Giuseppe Conte è tra i più scettici rispetto alla prospettiva del sostegno alla resistenza ucraina.

Luigi Di Maio ha lasciato il Movimento 5 Stelle la sera del 21 giugno, il giorno del solstizio d’estate, annunciando il suo addio durante una conferenza stampa per certi versi commovente. Ha portato con sé una manciata di transfughi, anche loro riscopertisi europeisti ed atlantisti. Secondo qualche commentatore maligno, ha lasciato il Movimento 5 Stelle, insieme alla manciata di transfughi, per evitare di incorrere nel rischio di potersi ricandidare, per via del rigido regolamento del Movimento riguardo i mandati parlamentari.

Luigi Di Maio aveva detto che non si sarebbe ricandidato, che 10 anni di politica erano abbastanza. S’era inventato, qualche tempo fa, pure il “mandato zero”, aggirando il vincolo del doppio mandato, specificando che valesse solo per i consiglieri comunali o quelli di municipio. Luigi Di Maio è scappato via dal Movimento prima di dover fare i conti con il regolamento che lui stesso ha sottoscritto, insieme a quella manciata di transfughi che l’hanno seguito.

Non è mai troppo tardi per redimersi, e una seconda, una terza, e una quarta chance le merita pure Luigi Di Maio, purché pratichi il sacramento della confessione. Non è mai troppo tardi per fare marcia indietro e ammettere gli innumerevoli errori del passato, anche se ti chiami Luigi Di Maio, purché il pratichi il sacramento della penitenza.

Ben venga questa nuova versione di Luigi Di Maio. Europeista e atlantista, secondo alcuni, trasformista e schizofrenica, secondo altri.

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