venerdì, Aprile 19, 2024
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Le dimissioni di Boris Johnson: come si è arrivati a questo punto

Secondo quanto riportato dalla BBC, il primo ministro britannico Boris Johnson si dimetterà da leader del Partito Conservatore giovedì, restando in carica come primo ministro fino all’elezione del nuovo leader, prevista in autunno.

La decisione di Johnson è arrivata dopo una serie di dimissioni nel governo britannico, determinate principalmente dai due scandali che negli ultimi mesi hanno scosso la leadership del primo ministro: il Partygate e lo scandalo legato alle accuse di molestie sessuali al vice whip (una delle persone che devono radunare i voti necessari alla Camera, una sorta di vice capogruppo) Chris Pincher, poi dimessosi.

Al momento della notizia riportata dalla BBC, il numero di dimissioni tra i funzionari del governo di Boris Johnson era arrivato a 50. L’ondata di dimissionari aveva avuto inizio martedì, con le dimissioni di due ministri di alto rango: il cancelliere dello Scacchiere, ovvero il ministro dell’Economia, Rishi Sunak, e il ministro della Salute Sajid Javid.

Nadhim Zahawi, il sostituto di Sunak nella posizione di cancelliere dello Scacchiere, nominato dallo stesso Johnson, ha pubblicato questa mattina su Twitter una lettera indirizzata all’attuale primo ministro, in cui gli ha chiesto di fare un passo indietro, esortandolo a dimettersi. «Primo Ministro: la situazione non è sostenibile e non farà che peggiorare: per lei, per il Partito Conservatore e soprattutto per tutto il paese. Lei deve compiere la scelta giusta e dimettersi, ora», ha scritto Zahawi nel tweet in cui ha pubblicato la sua lettera.

Probabilmente le pressioni degli uomini più vicini alla sua leadership, hanno avuto un peso importante nella decisione di Johnson, che ieri, durante il question time, il tradizionale botta e risposta tra Parlamento e Governo, alla Camera dei Comuni, è apparso ostinato nella sua scelta di rimanere alla guida del Partito Conservatore.

Il governo di Boris Johnson sarà uno dei più brevi della storia del Regno Unito, e certamente tra quelli maggiormente segnati da scandali di vario genere. Le dimissioni di oggi arrivano al culmine di un periodo particolarmente travagliato per la leadership dell’attuale premier britannico.

La nuova copertina dell’Economist dedicata a Boris Johnson. “La caduta del clown – La Gran Bretagna dopo Boris”

Il Partygate

I guai per la leadership di Boris Johnson sono cominciati con il “Partygate”, cioè lo scandalo delle feste private organizzate nella residenza del primo ministro durante il lockdown, imposto dal suo stesso governo, per il coronavirus.

A maggio di quest’anno, un’indagine da parte di Sue Gray, un funzionario pubblico britannico, aveva evidenziato il coinvolgimento di 83 persone, che avevano partecipato alle feste organizzate nella residenza di Johnson, al numero 10 di Downing Street, e durante le quali, secondo il rapporto di Gray, ci sarebbero stati episodi di violenza fisica, con alcune risse tra i partecipanti, danni alla proprietà e ampio utilizzo di alcolici. La polizia londinese aveva inflitto 126 multe per infrazioni legate al mancato rispetto della distanza di sicurezza. Lo stesso Johnson fu multato, diventando il primo primo ministro della storia del Regno Unito a ricevere una multa dalla polizia britannica.

Foto che ritrae il primo ministro britannico Boris Johnson durante una delle feste al centro dell’inchiesta condotta da Sue Gray

La mozione di sfiducia nei confronti di Johnson

Ad inizio giugno, e conseguentemente al rapporto di Gray, i parlamentari conservatori raccolsero il numero necessario di firme per votare la sfiducia nei confronti del leader del proprio partito Boris Johnson. In Gran Bretagna, perché si renda possibile un voto di sfiducia è necessario che il 15% dei membri del parlamento del partito del primo ministro, ovvero 54 parlamentari, firmino un documento per richiederlo formalmente.

211 dei 359 parlamentari conservatori votanti confermarono la fiducia al primo ministro, rendendo impossibile la messa in discussione della leadership di Johnson per almeno un anno, secondo le regole del Partito Conservatore. Tuttavia, è possibile cambiare le regole con un voto a maggioranza semplice all’interno dello stesso partito, e dunque il governo di Johnson è rimasto particolarmente debole.

Margaret Thatcher e Theresa May, entrambe ex primi ministri britannici, vinsero il voto legato alla mozione di sfiducia, proprio come Johnson, ma furono costrette alle dimissioni entro un anno dalla propria messa in discussione. Sia Thatcher che May, tra l’altro, vinsero con margini ben più ampi di quello di Johnson, che aveva perso l’appoggio di più del 40% dei parlamentari del proprio partito.

Il 1922 Committee, il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni

Lo scandalo a sfondo sessuale e le dimissioni di Chris Pincher

Lo scandalo che ha riguardato il deputato conservatore Chris Pincher, che Johnson aveva nominato vice whip del Partito Conservatore, è stato l’elemento intorno a cui ha ruotato la conversazione politica in Gran Bretagna nelle ultime settimane.

Pincher è stato costretto alle dimissioni nel mese di luglio dopo aver ammesso di essere stato ubriaco durante un evento in un club di Londra dove, secondo le accuse mosse nei suoi confronti, avrebbe palpeggiato due uomini.

Il ministro Michael Ellis ha poi rivelato che Johnson era al corrente del fatto che Pincher fosse stato accusato di molestie sessuali da due uomini, ma che decise di nominarlo ugualmente come vice capogruppo del partito all’inizio di quest’anno. Johnson aveva poi ammesso di essere stato al corrente delle accuse, si era scusato pubblicamente e aveva detto di aver commesso un errore, sollevando forti critiche sia da parte dell’opposizione che da parte di alcuni deputati conservatori.

Il fatto che Johnson fosse al corrente delle accuse nei confronti di Pincher e che non lo abbia forzato a dimettersi nell’immediato, ha determinato il forte disappunto di buona parte dei membri del Partito Conservatore, oltre che della gran parte dell’opinione pubblica britannica.

Il vice whip Chris Pincher, costretto alle dimissioni per via delle accuse di molestie sessuali

L’ondata di dimissioni

Rishi Sunak, ministro dell’Economia e delle Finanze, il cosiddetto cancelliere dello Scacchiere, e Sajid Javid, ministro della Salute, si sono dimessi martedì in seguito alle rivelazioni del ministro Ellis. A molti commentatori, quella di Sunak e Javid è apparsa come una mossa coordinata, determinata dal tentativo di forzare Boris Johnson alle dimissioni da leader del Partito Conservatore.

In seguito al rifiuto di dimettersi da parte di Johnson e del question time alla Camera dei Comuni durante il quale il primo ministro ha tentato di respingere le accuse del leader dell’opposizione e del Partito Laburista Keir Starmer, altri ministri e funzionari del governo hanno scelto di dimettersi.

Michelle Donelan, nuovo ministro dell’Istruzione, che ha preso il posto di Nadhim Zahawi – e che a sua volta ha sostituito Sunak come cancelliere dello Scacchiere – si è dimessa giovedì mattina dopo essere stata nominata ministro nell’arco di questa settimana. Lo stesso Zahawi ha scritto una lettera indirizzata a Johnson nella quale gli ha chiesto di abbandonare la leadership del Partito.

Secondo diversi giornali, dopo il discorso alla Camera di mercoledì, importanti membri del governo avrebbero parlato in privato con Johnson chiedendogli nuovamente di dimettersi, tra cui la ministra dell’Interno Priti Patel e il ministro dei Trasporti Grant Shapps, considerati particolarmente vicini all’attuale primo ministro.

Boris Johnson che passeggia all’esterno della sua residenza al numero 10 di Downing Street in compagnia degli ex ministri Rishi Sunak e Sajid Javid

Cosa succede ora?

Boris Johnson ha annunciato le sue dimissioni da leader del Partito Conservatore, ma potrebbe restare in carica come primo ministro fino all’elezione di un nuovo leader, che attualmente è prevista ad ottobre.

Diversi parlamentari vorrebbero però che Johnson abbandonasse anche la carica di primo ministro, facendo posto al suo vice Dominic Raab, che ne svolse le funzioni durante l’ospedalizzazione di Johnson nel 2020, dovuta ad alcune complicazioni legate ad un’infezione da coronavirus.

In un breve discorso tenuto attorno alle 12.30 a Londra (le 13.30 in Italia) Johnson ha detto che «chiaramente adesso il volere del Partito Conservatore è quello di avere un nuovo leader di partito e, pertanto, un nuovo primo ministro». Ha aggiunto di aver chiesto ai propri collaboratori di far cominciare il processo per la scelta del suo successore «adesso», e che fino a quel momento continuerà «a servire l’interesse pubblico».

Il Partito Conservatore non ha ancora pubblicato il regolamento per la prossima elezione. I dettagli e il programma di ogni elezione, infatti, vengono annunciati di volta in volta dal presidente del 1922 Committee, il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni, lo stesso che convoca i parlamentari per i voti legati alle mozioni di sfiducia.

Generalmente, comunque, i parlamentari conservatori tengono una serie di voti per ridurre il numero di contendenti per la leadership a due. Nel 2019, quando fu Johnson a vincere, dopo le dimissioni dell’allora primo ministro e leader del Partito Conservatore Theresa May, i candidati erano inizialmente dieci e furono necessari sei voti.

Il primo ministro britannico Boris Johnson

 

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