sabato, Maggio 4, 2024
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Antonello Venditti al Palapartenope: un viaggio #Sottoilsegnodeipesci

Dopo aver calcato i palchi di Bologna e Roma, Antonello Venditti arriva, finalmente, a Napoli. Il suo tour “Sotto il segno dei Pesci” celebra non solo l’album, pubblicato nel 1978, ma da spazio anche ai brani del celebre cantautore romano che, troppo spesso, non hanno trovato lo spazio che meritavano.

Il concerto si apre nel ricordo di Aldo Moro che, il 16 marzo del 1978, fu sequestrato dalle Brigate Rosse, a cui Venditti rivolge un pensiero che scatena l’applauso del pubblico. Applauso che si rinnova pochi minuti dopo, quando il cantautore romano dedica il concerto che sta per iniziare ai suoi amici Pino Daniele, Lucio Dalla e Daiana Olano, ragazza di 23 anni che non ha potuto prendere parte al concerto a causa di alcuni problemi di salute che la tormentano da diverso tempo.

Il Palapartenope è finalmente pronto allo spettacolo. Si parte con “Raggio di Luna” e si scatena la magia negli occhi di generazioni diversi che si confrontano e si ritrovano attraverso le parole, le storie e la voce di Antonello Venditti. Ogni brano racconta un pezzo di vita, un pezzo di quei 70 anni festeggiati l’8 marzo scorso. “Giulio Cesare“, “Peppino“, “Stella“, pietre miliari della vita e della discografia del cantautore romano. Arriva il momento di “Non so dirti quando” e sullo schermo appaiono le foto che ritraggono Venditti con Pino Daniele e poi con Lucio Dalla, insieme ad altri fotogrammi celebrativi che commuovono il pubblico partenopeo e lasciano partire applausi scroscianti ed il classico coro “Olè, olè, olè, Pino… Pino…“. “Napoli è una città d’amore, di vita, di musica“, urla a gran voce il cantautore romano.

Il pubblico di Napoli è pronto ad eseguire altri classici come “Notte prima degli esami” e “Lilly“, uno dei brani meno eseguito dall’artista e che  dedica a tutti i giovani della sua generazione, morti a causa dell’eroina. Un inno alla vita e alla speranza. Un viaggio che inizia “Sotto il segno dei pesci” per arrivare a brani storici come “Francesco” dedicata al caro amico De Gregori, con cui Venditti duetterà la settimana prossima al Teatro Garbatella. Ogni brano viene accompagnato da un racconto di vita che emoziona i volti di tutti ospiti accorsi al Palapartenope. Arriva il momento di “Bomba o non bomba” che Venditti definisce “un viaggio nel viaggio” che parte da da Bologna, fino ad arrivare a Roma, passando per Orvieto e Firenze. Quattro storie che s’intrecciano per dare spazio ad una libertà che “nelle mie canzoni non è mai mancata“, tuona il cantautore. “Chen il cinese” narra le vicende di un coltivatore di marijuana. Poi tocca a “Sara“, “Il telegiornale” e “Giulia“, un brano scritto in un momento in cui la società si apriva al femminismo in un momento in cui “gli uomini non capivano e quando non riuscivano a capire, usavano la violenza“, Giulia è la rivincita di quelle donne. “Dimmelo tu cos’è” rappresenta il suo ritorno a Roma dopo aver perso tutto, aiutato dallo storico amico Lucio Dalla. Un simpatico siperietto accompagna l’inizio di “Dalla pelle al cuore” in cui Venditti lascia salire sul palco tutte le donne che in sala sono state tradite e che, dopo aver perdonato, ancora oggi amano il “traditore”. E Venditti ci tiene a dire la sua sulla questione “L’amore vuol dire perdono. Amare un uomo perfetto è troppo facile, imparate a perdonare e convivere con il perdono“.

L’ultima parte del concerto si apre con la storica “Che fantastica storia è la vita” una canzone storica del cantautore romano e che, soprattutto, non è finita nel dimenticatoio come la maggior parte delle canzoni scritte dopo il 2000: “Sono orgoglioso di aver scritto un pezzo in un epoca in cui la musica va e viene e che risuona ancora oggi come la prima volta“.

Antonello Venditti richiama a sè il pubblico che si avvicina al palco per godersi gli ultimi brani e cantare a squarciagola sotto le note di “Amici mai“, “Alta marea“, “Benvenuti in paradiso“, “In questo mondo di ladri” per chiudere in bellezza con “Ricordati di me“, un brano, un concerto, una serata che unisce diverse generazioni, sempre, inevitabilmente, “Sotto il segno dei pesci“.

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