giovedì, Aprile 25, 2024
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Ischia, fallimenti pilotati: sigilli nel Castello Aragonese

Un noto commercialista napoletano, Alessandro Gelormini e tre altrettanto noti imprenditori, Nicola D’Abundo, Domenico Truda e Alfonso Petrillo, sono agli arresti domiciliari per bancarotta ed evasione fiscale. Ad altri due, appartenenti alla Guardia di Finanza, si aggiunge un’indagine per corruzione, con 40 milioni in beni sequestrati. Tra questi figurano anche azioni della società che controlla il Castello Aragonese di Ischia. Progettavano i fallimenti delle società per lucrarvi sopra.

Sono i risultati della vasta operazione delle Fiamme Gialle di Napoli, coordinate dalla Procura di Napoli Nord. Fra i beni sequestrati, oltre al Castello Aragonese ischitano, un immobile sull’isola di Capri, vari stabili situati fra Napoli e Roma, e una lussuosa tenuta nella provincia di Grosseto. Altri 35 sono gli indagati nel mirino degli inquirenti: “Bad Company“, come la famosa band britannica. Così gli agenti delle Fiamme Gialle, agli ordini del Colonnello Domenico Napolitano, hanno ribattezzato l’operazione.

Gli indagati intendevano svuotare i patrimoni di alcune società di pregio attraverso scissioni e fusioni, in modo da renderle “scatole vuote” con l’utilizzo di artifici contabili e rendere inesigibili i debiti contratti con l’Erario e con i creditori, dichiarando i fallimenti delle suddette società. Erano quindi piani studiati con minuzia che vedevano al proprio centro il commercialista 77enne Alessandro Gelormini, famigerato consulente dell’ex-ministro Paolo Cirino Pomicino. Gli imprenditori finiti agli arresti domiciliari sono l’armatore Nicola D’Abundo e gli imprenditori Domenico Truda e Alfonso Petrillo (tra l’altro ischitano). Uomini conosciuti nel mondo della finanza e con relazioni d’amicizia con diversi uomini politici.

Il Castello Aragonese resta aperto al pubblico

La struttura del Castello Aragonese rimane comunque aperta al pubblico: il sequestro riguarda quote di circa 20 milioni di euro della “Eg Holding Srl”, che ha soltanto la partecipazione nella società “Castelli di Ischia” che possiede l’edificio. Oltre questa, altre sei società sono state avocate dallo Stato, fra cui la “Servizi Srl”, un’immobiliare di Roma con un valore di quasi 4 milioni di euro e la “Tragara Srl” alla quale è stato sequestrato un immobile del valore di 3,6 milioni a Capri.

Ingente anche il sequestro per le quote societarie di Castel Porona, hotel di lusso in provincia di Grosseto dal valore di oltre 13 milioni di euro. Il resort, di proprietà di D’Abundo, fu tra l’altro proposto per l’acquisto a Silvio Berlusconi anni fa, che però non volle intavolare alcuna trattativa. D’Abundo fu chiamato a testimoniare nell’inchiesta nei confronti dell’ex Parlamentare del Pdl Alfonso Papa, nell’indagine sulla P4 del 2011. Prima ancora fu indagato nel 1993 per finanziamenti sospetti al Pds napoletano nell’ambito di Tangentopoli, per una mazzetta di 200 milioni di lire. La moglie di D’Abundo, in amicizia con Clemente Mastella, fu candidata con l’Udeur alla Regione Campania.

Un’indagine parallela condotta dal Comandante della Gdf Domenico Napolitano ha portato alla luce un fatto scabroso risalente al 2017 riguardante Gelormini. Il commercialista avrebbe infatti corrotto due agenti della Finanza per 2mila euro per correggere infedelmente il verbale di un proprio cliente, richiedendo poi a quest’ultimo ulteriori 6mila euro per la corruzione. I due finanzieri non sono stati più impiegati per compiti operativi finché non è stata possibile la ricostruzione dell’intero procedimento giudiziario.

L’inchiesta è un filone di un’indagine, poi finita nella competenza della Procura di Roma, che ha riguardato il giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Napoli Nord e di quella di Santa Maria Capua Vetere, Enrico Caria. Il magistrato finì agli arresti lo scorso Aprile con l’accusa di aver veicolato nomine di consulenze in cambio di favori. I pm di Napoli Nord, coordinati dall’aggiunto Domenico Airoma, avevano iniziato a indagare sul supposto giro di affari illecito connesso ai fallimenti societari, scoprendone il business. Quando è emerso il nome di Caria le carte sono passate alla procura di Roma, mentre ad Aversa la Procura di Napoli Nord ha continuato a indagare sul filone locale, risalendo in questo modo a Gelormini.

 

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