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11 anni fa il disastro ambientale della DeepWater Horizon: 106 giorni di “Marea nera”

Il 20 aprile 2010 nel Golfo del Messico la piattaforma petrolifera DeepWater Horizon, a seguito di un incendio, provoca un danno ambientale enorme nel Golfo del Messico, il più grande della storia americana.

L’agonia del disastro ambientale nel Golfo del Messico inizia il 20 Aprile 2o10, a causa di un massiccio sversamento di petrolio nelle acque dell’Atlantico dovuto ad un incendio a bordo della piattaforma petrolifera DeepWater Horizon, che stava operando sul pozzo Macondo, sito a oltre 1.500 metri di profondità.

I fatti

La piattaforma petrolifera DeepWater Horizon, di proprietà dell’azienda svizzera Transocean ma affittata alla British Petroleum (BP), era una delle piattaforme più importanti, più grandi  e più avanzate al mondo. Il 20 aprile 2010, mentre la piattaforma stava terminando la perforazione sul pozzo Macondo, un’esplosione a bordo crea un devastante incendio che uccide sul colpo 11 uomini e ne ferisce 17. La flotta della BP ha tentato invano di spegnere l’incendio e salvare i superstiti.

La piattaforma, dal valore di 560 milioni di dollari e affittata per 496.000 dollari al giorno, poteva ospitare circa 150 persone.

L’esplosione e l’incendio hanno creato uno sversamento massiccio di petrolio, iniziato lo stesso 20 aprile e terminato solo 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2020. Milioni e milioni di barili di petrolio si sono adagiati sulle acque di fronte alla Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida. Frazioni più pesanti di petrolio hanno formato grossi ammassi sul fondale marino.

Il disastro

Il disastro è il più grave della storia americana. Ha infatti superato di dieci volte per entità quello della petroliera Exxon Valdez, che nel 1989 si incaglio riversando tonnellate di petrolio.

Due giorni dopo la piattaforma si è rovesciata, sprofondando a oltre 400 metri di profondità nelle acque atlantiche. Le valvole di sicurezza del tubo non hanno funzionato a dovere, consentendo al petrolio di continuare a fuoriuscire.

Numerosi i tentativi degli ingeneri della BP per risolvere il problema:

  • veicoli sottomarini operanti in remoto allo scopo di chiudere le valvole di sicurezza sul fondo del mare;
  • spargimento di agenti disperdenti attraverso robot sommergibili, aerei e navi di supporto, allo scopo di legare chimicamente il petrolio e farlo precipitare sul fondo del mare,
  • perforazione adiacente al punto di fuoriuscita del petrolio, allo scopo di raggiungere con un tubo di perforazione il canale di comunicazione fra il giacimento petrolifero e il fondale marino per potervi iniettare del cemento (operazione Top Kill);
  • piattaforme galleggianti aspiranti il petrolio che raggiunge la superficie;
  • camera di contenimento calata al di sopra della perdita primaria del tubo di perforazione danneggiato.

Il 3 agosto 2010 con l’operazione Static Kill, la BP si propone di tappare definitivamente il pozzo mediante un’iniezione di fango e cemento attraverso i pozzi sussidiari, così da deviare il greggio in un bacino sicuro posto a 4 km di profondità. I lavori di cementificazione termineranno il 19 settembre 2010.

Conseguenze sulla salute umana

Il disastro ha avuto numerose conseguenze, anche sul lungo termine, sia in termini di salute umana, che in termini di danno alla flora e alla fauna, che in termini economici.

Il disastro causò nel breve e nel medio periodo malattie respiratorie e patologie della pelle sulla popolazione locale, e un aumento nell’incidenza dei tumori nel lungo termine.

Come conseguenza dell’accaduto anche l’accumulo di idrocarburi nella catena alimentare.

Conseguenze ambientali su fauna e flora

Il primo animale a fare spese del disastro è stato il plancton, di piccole dimensioni e in basso alla catena alimentare. A seguire le specie di dimensioni maggiori, contaminate direttamente dal greggio o indirettamente tramite la catena alimentare.

Fra le specie colpite maggiormente dal disastro troviamo: pesci, tartarughe marine, squali, delfini e capodogli, tonni, granchi e gamberi, ostriche, menhaden, varie specie di uccelli delle rive, molte specie di uccelli migratori, pellicani.

Timori sulle specie già a rischio per le quali l’estinzione potrebbe essere accelerata.

Una verifica biologica compiuta a due anni dal disastro dal dipartimento di biologia marina dell’Università della Florida del Sud, mostra chiari segni di malattie della fauna marina legate all’ingestione di petrolio.

Il danno economico

E’ praticamente impossibile calcolarla il danno economico indotto dal disastro, ma è possibile farne una stima.

Danni diretti:

  • il valore della perdita di 11 vite umane (non stimabile);
  • il valore del danno ambientale procurato (non stimabile);
  • il valore economico della piattaforma pari a circa 560 milioni di dollari, degli investimenti per la perforazione del pozzo, la perdita azionaria della British Petroleum, della Transocean e della Cameron International;
  • il costo dei primi soccorsi, per lo spegnimento dell’incendio, per il salvataggio del personale della piattaforma e per la ricerca dei dispersi;
  • il costo di una cupola da 100 tonnellate e delle operazioni per calarla;
  • il costo delle operazioni per arginare o tappare la fuoriuscita dal pozzo;
  • il costo per il tentativo di arginare l’area sul mare dove si è sparso il petrolio fuoriuscito;
  • il costo per limitare il danno tentando la bonifica delle acque e delle coste e la pulizia degli animali.

Danni indiretti:

  • il danno all’industria locale della pesca;
  • il danno all’industria del turismo;
  • i costi sanitari legati al previsto aumento delle patologie negli abitanti locali;

Risarcimento danni

Dopo il disastro, l’allora presidente Obama, era deciso a far pagare una grossa somma alla BP come risarcimento del disastro, seppur osteggiato dai repubblicani che ritengono abbia gestito male il disastro. Il 28 giugno 2010 la BP annuncia di aver già versato una somma pari a 2,65 miliardi di dollari.

Nel 2012, inoltre, la BP ha raggiunto un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense per il pagamento di una penale di 4,5 miliardi di dollari e dichiarandosi colpevole degli undici capi d’accusa per negligenza o colpa legati alle 11 vittime dell’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon.

Si è inoltre dichiarata colpevole di un capo di imputazione per non aver rispettato il Clean Water Act e di un’altra accusa relativa al Migratory Bird Treaty Act. Inoltre BP si dichiara colpevole del capo d’accusa di ostruzione al Congresso.

Il 2 luglio 2015 gli stati americani colpiti dal disastro e il governo federale di Washington hanno raggiunto un’ipotesi di accordo con la BP riguardo ai danni ambientali provocati dall’incidente del 2010. In base a questo accordo, la BP dovrà risarcire circa 18,7 miliardi di dollari nell’arco di 18 anni.

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