mercoledì, Dicembre 17, 2025
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Reddito di cittadinanza, flop a Napoli: Troppi assegni e zero contratti

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Il reddito di cittadinanza non crea occupazione a Napoli, è solo una forma di sostegno.

Il reddito di cittadinanza non crea occupazione: quella che fino a poche settimane fa era un’opinione piuttosto comune, si sta trasformando in una certezza, in base anche alle recenti conferme del presidente dell’Inps.

Il caso di Napoli che è la prima città italiana per il numero di beneficiari, è il più emblematico; infatti l’impatto della misura, relativamente al sostegno della povertà, è indiscutibile: sono 107mila i nuclei familiari in città che, secondo i dati Inps aggiornati al 6 dicembre 2019, percepiscono un sussidio medio di 614 euro mensili , contro i 522 della media nazionale. Sul fronte delle politiche attive per il lavoro però, il reddito di cittadinanza ha confermato tutte le perplessità.

A settembre è cominciata la fase 2, quella in cui i beneficiari devono essere assistiti dai centri per l’impiego regionali: in Campania sono stati finora 57.144, di cui circa la metà a Napoli, i convocati che si sono presentati al primo appuntamento e che vengono considerati:

«pronti per il lavoro».

Come spiega il segretario di Fp Cisl, Lorenzo Medici, non ci sono offerte e non c’è lavoro, mentre l’Anpal segnala 3mila persone nella regione che avrebbero ottenuto un contratto, ma si tratta di coloro che avevano già avviato i percorsi formativi che non hanno nulla a che vedere con il reddito di cittadinanza.

Si specifica che i beneficiari rispondano alle convocazioni perché chi non si presenta perde il sussidio e quindi di fatto, la fase 2 a Napoli non è mai partita. Per il presidente Anpal Mimmo Parisi:

«il reddito di cittadinanza sta funzionando su tutto il territorio, compreso il Mezzogiorno».

Di altro avviso il presidente Inps Pasquale Tridico:

«Il reddito di cittadinanza non crea lavoro in senso letterale, aiuta ad allocare il lavoro sul mercato attraverso l’incrocio tra domanda e offerta. Per creare lavoro servono investimenti».

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BussoLaLingua // Da dove viene l’espressione “O ciuccio ‘e Fechella”?

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L’avrete sentito dire almeno una volta:  me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: novantanove chiaje e ‘a coda fraceta! (ovvero: mi sembri l’asino di Fechella, con novantanove piaghe e la coda marcia).

Talvolta lo sfortunato asino di questo detto di piaghe ne ha trentatré, altre novantanove: l’unica cosa certa è che non se la passa mai troppo bene. E, infatti, questa espressione viene utilizzata per parlare di qualcuno che sta spesso male e che per questo si lamenta spesso e tanto, senza riuscire a portare a termine i propri doveri.

Ma sapete che questo povero e malandatissimo asino è esistito davvero, come anche il suo padrone Fichella? E che la dolorante bestiola ha a che fare con la squadra calcistica del Napoli?

Questa settimana, #BussoLaLingua vi svela tutti i segreti di questa celebre espressione.

Chi era Fechella?

Tra il 1920 ed il 1930 divenne assai celebre, a Torre del Greco, un certo don Mimì, all’anagrafe Domenico Ascione, detto da tutti Fechella.

Pare che l’asino del modo di dire appartenesse proprio a lui: Fechella si occupava infatti di trasportare delle merci alimentari all’interno del Rione Luttazzi, e pareva che lo facesse proprio grazie ad un asinello malconcio e malato.

L’asino, costretto a trasportare carichi sempre più pesanti, aveva la schiena ricoperta di piaghe e la coda decisamente malmessa. Fechella era un uomo povero, e non poteva permettersi né di mettere a riposo l’animale né di curarlo: così continuava a farlo lavorare.

Fichella ed il suo povero asino non passavano certo inosservati – tutti conoscevano ormai il trasportatore ed il suo animale. L’asino era così evidentemente malato da essere paragonato a tutti coloro che avevano una salute cagionevole o che per qualche acciacco si lamentavano: tuttavia, a differenza delle persone a cui si faceva riferimento, la povera bestia andava sempre avanti, senza emettere mai un lamento.

Il simbolo del Napoli

Ma non solo l’asino e il suo padrone sono realmente esistiti: pare che sia proprio lui l’asinello che simboleggia la squadra nel Napoli nell’araldica calcistica.

Inizialmente, in realtà, non era così: quando a Carlin Bergoglio, giornalista e disegnatore, venne in mente di abbinare ad ogni squadra calcistica del campionato un animale, inizialmente sullo stemma del Napoli raffigurò un cavallino nero – lo stesso presente sulla bandiera della città sin dal medioevo.

Tuttavia, al suo primo campionato, nel 1926, la squadra arrivò ultima. Si racconta allora che al “Bar Brasiliano”, luogo di ritrovo per i tifosi, uno di questi abbia gridato, tra l’esasperazione e lo sconforto: ‘Sta squadra nostra me pare ‘o ciuccio ‘e Fechella: trentatré piaghe e ‘a coda fraceta!

L’espressione venne riportata su un giornale, e da allora il ciuccio di Fechella sostituì definitivamente il povero cavallino nero, che purtroppo non aveva fatto bene il suo lavoro e non aveva portato fortuna alla squadra.

Carlin Bergoglio provò a sostituire il cavallino con un altro simbolo, uno “Scugnizzo che suona allegro e chiassoso”, ma non ebbe successo.

Da allora, l’asinello malconcio di Fechella continua a rappresentare la squadra – e di certo le ha portato più fortuna di qualsiasi altro simbolo.

Scopri i segreti di altre parole e modi di dire:

Se vuoi approfondire la tua conoscenza sulla nostra cultura regionale o leggere altre storie della Campania, non perderti le nostre rubriche sulle Leggende e sui Sapori della nostra regione : #BussoLaLeggenda e #BussoLaTavola

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[FOTO] Napoli, rione Sanità: Nel degrado la casa di Totò

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Degrado e incuria per la casa di Totò: Delusi i turisti che scattano foto che fanno il giro del web.

Napoli, Rione Sanità – La casa natale di Totò appare oggi degradata a turisti e non, zero valorizzazione di un posto che potrebbe alimentare e incentivare il turismo partenopeo, volendo pensare solo al valore economico e trascurando il bene storico e culturale che rappresenta.

Circondata da cassonetti della spazzatura, le facciate sono senza intonaco, le pareti imbrattate, i balconi fatiscenti: un degrado segnalato dai turisti sul web con tanto di scatti.

L’appartamento in via Santa Maria Antesaecula apre al pubblico soltanto il 15 febbraio e il 15 aprile di ogni anno, rispettivamente anniversario della nascita e della morte del Principe della risata, ma il palazzo nel quale si trova è sempre evidentemente usurato dal tempo e dall’incuria.

Ne dà notizia Tgcom24 che pubblica anche le foto scattate dai turisti e presenti sul web.

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BussoLaTavola // La Pizza tra realtà e leggende

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La Pizza è probabilmente uno dei piatti napoletani più imitati al mondo. Proprio per questo, sebbene metta tutti d’accordo perché piace a tutti, contemporaneamente divide: c’è a chi piace più soffice, ad altri croccante; ad alcuni alta ed ad altri bassa.

Mangiamo davvero spesso la Pizza, e ne esistono davvero tantissime varianti, oramai – ne esistono persino alcune alla frutta o ai fiori – ma conosciamo davvero questa deliziosa pietanza? Tra leggende, ghiotte regine e degustatori illustri come Dumas, #BussoLaTavola vi racconta la vera storia della Pizza.

La Leggenda: una Pizza per la Regina

La leggenda sulla nascita della pizza margherita è assai nota: era il 1889, e il re e la regina di Savoia soggiornavano nella reggia di Capodimonte.

La Regina aveva sentito da alcuni artisti della sua corte parlare della pizza, che lei non aveva mai assaggiato; così, particolarmente incuriosita da questo alimento, chiese che gliene fosse fatta assaggiare una.

Fu così chiamato alla reggia di Capodimonte Raffaele Esposito, titolare della Pizzeria “Pietro e…basta così“, fondata nel 1780, che ancora oggi esiste sotto il nome di “Brandi”.

Raffaele Esposito giunse alla reggia con la moglie, donna Rosa, definita dalla cronaca dell’epoca come la vera esperta del forno, e preparò per la regina Margherita tre pizze: la prima era alla sugna, formaggio e basilico; la seconda era con aglio, olio e pomodoro; ed infine una terza, con basilico, pomodoro e mozzarella.

Fu proprio quest’ultima pizza, che aveva gli stessi colori della bandiera italiana, a piacere di più alla regina. Così, la monarca chiese come si chiamasse la pizza che aveva appena gustato e Raffaele Esposito rispose: Margherita!, dedicandola così proprio alla regina.

Da allora, ogni volta che la regina Margherita arrivava a Napoli, Raffaele Esposito e sua moglie Rosa venivano chiamati al cospetto di sua maestà per prepararle ancora una volta la tanto amata pizza.

La popolarità di un Re

Alla pizzeria Brandi è esposto, poco lontano dalla targhetta che ricorda la nascita della pizza Margherita, un documento.

Si tratta di una lettera, che porta la data del 1889, firmata da Camillo Galli, capo dei servizi di tavola della corona: nella missiva, indirizzata a Raffaele Esposito, la regina Margherita ringrazia il pizzaiolo per le tre pizze preparate per lei.

Nel corso del tempo sono state avanzate diverse ipotesi: c’è chi crede all’episodio e chi dice che sia solo una leggenda. Un articolo del 2014 di Zachary Nowak – Harvard University, Umbra Institute – titolato “Folklore, Fakelore, History: Invented Tradition and the Origins of the Pizza Margherita”  ha cercato di far luce su questo racconto orale.

La contestualizzazione è fondamentale: l’unità d’Italia era stata portata a termine nel 1860, e non era stata accettata da tutta la popolazione; pochi anni prima dell’episodio che ci viene raccontato riguardo la nascita della pizza Margherita, inoltre, c’era stata a Napoli un’epidemia di colera. 

I Savoia avrebbero dovuto portare a termine delle opere di risanamento urbanistico della città, dovevano ancora essere accettati da parte del popolo come sovrani e dovevano fare i conti con un certo malcontento popolare: indubbiamente, dice Nowak, avrebbero dovuto cercare di raccogliere consensi ed aumentare la loro popolarità.

Raccontare una simile storia, dunque – dove la regina si presta ad assaggiare un cibo povero e popolare che, coincidenza, ha proprio i colori della bandiera d’Italia – avrebbe portato certo popolarità alla corona. 

Si tratta dunque si una storia inventata dai due sovrani? La lettera esposta nella pizzeria sembrerebbe dimostrare il contrario.

Il sigillo reale

Ma la lettera, continua Nowak, sarebbe un falso: non esistono carteggi compatibili negli archivi, la scrittura e la firma di Galli sarebbero completamente diversi da quelli presenti in altri documenti e, infine, il sigillo impresso sulla lettera non corrisponde a quelli utilizzati durante quel periodo storico.

Anche se la lettera fosse davvero falsa, tuttavia, non è detto che la storia lo sia completamente: la regina Margherita era davvero, nella data segnata sulla lettera, a Capodimonte, senza il re. Esisteva davvero un pizzaiolo chiamato Raffaele Esposito, e si sa per certo che nel 1883 possedeva una pizzeria chiamata “Pizzeria della regina d’Italia“.

Sebbene la lettera sia falsa, dunque, non è detto che l’episodio lo sia del tutto: ma non è finita qui.

La Pizza Margherita: una storia molto più antica

Anche se forse qualcosa di vero c’è sul fondo di questa leggenda profumata di basilico, pare non essere affatto vero che la pizza Margherita sia stata inventata allora. Esisteva, infatti già da molto tempo.

Se vogliamo ascoltare già solo le leggende, esistono decine di storie con i Borbone golosi di pizze – mai chiamate “Margherita”, naturalmente, ma che hanno i suoi stessi ingredienti – ma esistono numerosi documenti che provano che questa pizza sarebbe esistita ben prima dell’episodio raccontato dalla leggenda.

Del 1858 è infatti il libro di Francesco de Bourcard, napoletano di origine svizzera, intitolato “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti“, dove viene descritta una pizza con mozzarella e basilico:

Prendete un pezzo di pasta, allargatelo, distendetelo, col mattarello e percuotendolo con le palme delle mani conditelo con olio o strutto, cuocetelo al forno, mangiatelo e saprete cosa è la pizza. […]

Altre pizze sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e vi si pone di sopra qualche foglia di basilico. Si aggiunge delle sottili fette di mozzarella,[…] talora si fa uso del pomodoro, ma come condimento si può usare quel che vi viene in testa.

Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone.

Ben due anni prima dell’unità d’Italia, dunque, la pizza Margherita sarebbe già esistita. 

Nel nome della Pizza

A prescindere dalla Margherita, la storia di tutte le pizze è molto antica. Certo, i primi alimenti da cui questa si sarebbe sviluppata fino a diventare il piatto che tutti amiamo e conosciamo sarebbero stati molto, molto diversi: possiamo infatti leggere di un “piatto di pasta” su cui collocare altri alimenti già nell’Eneide di Virgilio:

Enea, i capi supremi e Iulo si distendono sotto i rami d’un albero altissimo: preparano i cibi, mettendo sull’erba larghe focacce di farro come fossero tavole (consigliati da Giove), e riempiono di frutta i deschi cereali.

Allora, consumati quei poveri cibi, la fame li spinse a addentare le sottili focacce spezzandone l’orlo. “Ahimè – fece Iulo scherzando – noi mangiamo anche le nostre mense.

La prima traccia del nome “pizza”, però, la troviamo 997 d.C. C’è un documento, conservato nell’archivio del duomo di Gaeta, dove si tratta della locazione di un mulino. Qui leggiamo che al proprietario del mulino, oltre all’affitto, il giorno di Natale sarebbero state dovute “dodici pizze“.

Non siamo certi di cosa queste pizze fossero: alcuni studi suggeriscono che fossero ancora ben distanti dalle pizze  che conosciamo oggi, e che fossero semplicemente delle focacce. Sull’origine del termine stesso ci sono due diverse scuole di pensiero: c’è chi sostiene che derivi dalla parola “pita” o “pitta”, di origine greca, che ancora oggi indica un tipo di pane piatto levitato; una piccola minoranza pensa che invece venga da “bizzen”, parola gotico-longobarda che significherebbe “morso”.

L’arrivo della Pizza Napoletana e di un dolce Veneto

Nel 1500, comunque, la pizza è già a Napoli: nel 1535 Benedetto Falco nel suo “Descrizione dei luoghi antichi di Napoli” avrebbe scritto che:

La focaccia, in napoletano, è detta “pizza”.

Nel 1570, invece, Bartolomeo Scappi, cuoco personale di Papa Pio V, nel suo libro “Opera”, parla di una pizza, che però, più che un piatto salato sembra essere un dolce. Infatti per prepararla servivano mandorle, fichi secchi, una passa, pinoli e datteri, che sarebbero poi stati uniti a succo d’uva, rossi d’uovo, cannella e zucchero. Ne sarebbe risultata una sfoglia alta circa tre centimetri. Un dolce simile esiste in Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove viene chiamata “pinza”.

Per arrivare alla pizza salata che tutti conosciamo bisogna andare a Sud, e precisamente a Napoli: nel 1600 nel suo “Cunto de li Cunti Giambattista Basile racconta una favola intitolata “Le due Pizzelle“, dove una donna frigge delle pizze di pasta.

Nel 1773 è invece la testimonianza di Vincenzo Corrado, cuoco, filosofo e letterato, che parla dell’usanza di condire i maccheroni e la pizza con il pomodoro.

Come abbiamo anticipato, anche i re Borbone erano ghiotti di pizza, primo fra tutti Ferdinando I, che fece appassionare anche la moglie Maria Carolina a questa pietanza. Il re cominciò a farla cuocere alla reggia di Capodimonte dal pizzaiolo Antonio Monzù, cercando più volte di introdurla nei menù di eventi e ricevimenti regali.

Persino Alexandre Dumas padre parla della pizza, in una serie di racconti su Napoli, dove visse nel 1835, apparsi su “Le Corricolo“:

La pizza è una specie di schiacciata come se ne fanno a Saint Denis: è di forma rotonda e si lavora come la pasta del pane.

Varia nel diametro secondo il prezzo. Una pizza da due centesimi basta a un uomo, una pizza da due soldi deve satollare un’intera famiglia.

A prima vista la pizza sembra un cibo semplice: sottoposta ad esame, apparirà un cibo complicato. La pizza è: All’olio; Al lardo; Alla sugna; Al formaggio; Al pomodoro; Ai pesciolini.

È il termometro gastronomico del mercato: aumenta o diminuisce il prezzo secondo il corso degli ingredienti suddetti, secondo l’abbondanza o la carestia dell’annata. Quando la pizza ai pesciolini costa mezzo grano, vuol dire che la pesca è stata buona; quando la pizza all’olio costa un grano significa che il raccolto è stato cattivo.

Sua maestà la Pizza

Insomma, la pizza ha una storia lunga, complessa e complicata.

Tutti ne vorrebbero rivendicare la paternità e, sebbene abbia origini antiche e declinazioni persino dolci, l’autentica pizza come oggi la intendiamo è, secondo le fonti, indubbiamente napoletana: ad oggi, esiste anche un disciplinare dell’associazione Verace Pizza Napoletana che descrive tutte le regole per preparare un’autentica pizza Napoletana.

Quale che sia la sua vera età, quale che sia la sua autentica storia, comunque, nulla ci impedirà di godere di sua maestà la Pizza, regina dei piatti napoletani ed italiani.

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Napoli: costretta a prostituirsi, arriva completamente nuda e sotto shock all’ospedale

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Nella notte tra mercoledì e giovedì una donna, completamente nuda, è giunta in pronto soccorso, al Vecchio Pellegrini, con una mano schiacciata e un trauma cranico. 

A condurla nell’ospedale della Pignasecca il team di un’ambulanza del 118 allertata da sconosciuti: i sanitari l’hanno raccolta in strada, al corso Umberto sotto shock.

La donna, dall’apparente età di 34 o 35 anni e di nazionalità ghanese, ancora terrorizzata al pensiero di di essere seguita dal suo aguzzino, è stata accolta nella Chirurgia d’urgenza del Pellegrini.

Secondo quanto dichiarato a Il Mattino da Giuseppe Fedele, chirurgo nell’Ospedale che l’ha presa in cura: la donna era paralizzata dalla paura. Brutalmente picchiata con un corpo contundente, probabilmente un bastone, era dolorante e gonfia alla testa. Aveva un dito completamente fratturato e la mano schiacciata.

«In trent’anni di carriera – afferma il medico – non avevo mai visto nulla di simile. Pian piano ha iniziato a fidarsi e a dire qualcosa rivelando la completa sottomissione a un suo connazionale violento che l’aveva ridotta in quello stato e con cui temeva di doversi nuovamente confrontare all’uscita. Per identificarla ma anche per le gravi lesioni riscontrate, ho chiamato i carabinieri».

Alle 3 di notte, dopo l’allerta al 112, sono arrivati due sottufficiali dell’Arma. «Ho mostrato l’evidenza della situazione – conclude il medico – e di lì a poco i militari gli uomini in divisa, che sembravano conoscere cosa ci fosse dietro, sono riusciti a identificarla. Sul computer ho inserito i suoi dati e ho proseguito con le indagini diagnostiche. A quel punto, con una prognosi di 41 giorni, l’ho dimessa ed è stata accompagnata dai carabinieri in una struttura protetta. Una cosa mi è rimasta impressa, oltre al terrore, di quella povera donna: la presenza, al polso sinistro, di un braccialetto di colore chiaro diverso dai soliti monili. Una specie di marchio di identificazione».

Massimo riserbo da parte dei militari che procedono per far luce su quanto è accaduto e su cosa effettivamente ci sia dietro. Non viene esclusa l’ipotesi di un traffico di donne. Non sarebbe la prima volta che a Napoli emerga, dal tessuto degradato del sottobosco dell’immigrazione clandestina e irregolare, una vera e propria tratta delle schiave, esercitata soprattutto nell’ambito delle comunità nigeriane e ghanesi e di cui si occupano solo alcune onlus e le forze dell’ordine.

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BussoLaLeggenda // Il Fantasma di Porcellana di Capodimonte

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Questa settimana, #BussoLaLeggenda vi racconta la storia una storia di fantasmi e di porcellana…

Una creatura misteriosa ed innamorata

Ci sono fantasmi che vagano su questa terra cercando qualcuno che li ascolti.

Alcuni non accettano la propria dipartita e ripercorrono eternamente i loro ultimi passi come se sperassero in un finale più clemente, altri sanno bene d’esser ormai morti e desiderano solo una vendetta. Certe anime, invece, sono pure, scevre di sentimenti crudeli, e si limitano a versare lacrime per i loro perduti amori.

C’è un fantasma, invero, che si discosta da ognuna di queste categorie. E’ un fantasma silenzioso, della cui storia sappiamo ben poco – e forse nemmeno d’un vero e proprio fantasma si tratta, ma di una creatura fantastica e misteriosa di cui nessun’altra leggenda sembra parlare.

Oggi vi raccontiamo la sua storia, la storia del Fantasma di Porcellana che viveva nel bosco di Capodimonte: la sua è una storia d’amore e purezza, di anime fragili e di vendetta.

Un uomo senza desideri

Tempo fa viveva a Napoli un uomo assai mite. Nella sua vita c’era una fanciulla in carne ed ossa che si struggeva d’amore per lui, che lo desiderava: ma non era ricambiata.

L’uomo non provava per lei né per nessun’altra alcun trasporto; pareva in realtà che non desiderasse assolutamente nulla. L’uomo aveva un temperamento malinconico, e una parte di lui gli ripeteva spesso che non c’era probabilmente nulla e nessuno, su questa terra, che potesse essere oggetto del suo amore.

S’aggirava spesso, di notte, nel verde del bosco di Capodimonte, guardando le stelle e chiedendosi perché fosse fatto proprio in quella maniera e se avrebbe mai incontrato una donna che potesse accendere in lui la fiammella dell’amore.

Bianca come la Porcellana

Fu proprio mentre passeggiava nel bosco che la vide per la prima volta: nella notte, tra gli alberi e gli arbusti, vide una figura luminosa e sfuggente dalle sembianze di fanciulla.

Provò ad inseguirla, ma non riuscì a raggiungerla. Provò a chiamarla, ma lei non rispose. Tuttavia, dal momento in cui lo sguardo di lui s’era posato su quella figura bianca come la porcellana, l’uomo senza desideri s’era ritrovato a struggersi per lei.

Tornò nel bosco la notte successiva, e la vide ancora. Stavolta la fanciulla, pur rimanendo a debita distanza, non fuggì alla vista dell’uomo. Lui la salutò, ma lei non rispose, limitandosi ad accennare un sorriso.

Era chiaro che la fanciulla non fosse di questo mondo: pareva più un fantasma, un’emanazione d’un’altra dimensione. Tuttavia i due continuarono ad incontrarsi: lui le parlava, sperando in una sua risposta, ma il fantasma non gli rispondeva mai; al massimo, gli riservava un tiepido sorriso, simile a quello d’una bambola di porcellana.

Un amore fragile

Gli incontri tra l’uomo e quell’incantevole e candida creatura continuarono. Lui continuava a parlarle, a raccontarle di sé ed a lodare la sua bellezza di porcellana.

Infine, un giorno, lui le chiese: “Io t’amo; e tu, mi ami?

E finalmente il fantasma rispose, senza muovere le labbra: “Sì!”

L’uomo senza desideri, che ora desiderava, preso dall’emozione si avvicinò alla fanciulla e l’abbracciò: quando lo fece, sentì un terribile rumore. Somigliava ad un crepitio, a qualcosa che si stava per rompere, e così in effetti era: la tanto amata ragazza si sbriciolò in mille frammenti di porcellana tra le sue braccia, lasciandolo sconvolto, addolorato ed incredulo.

Il loro amore era impossibile e fragile, e s’era appena infranto.

La vendetta delle Statue

Ma i guai di quel pover’uomo non s’erano esauriti.

Non appena infatti quella candida fanciulla s’infranse in quel fatale abbraccio, le statue che vivevano a Capodimonte, tutte, si animarono, e si diressero di corsa verso l’uomo.

Cavalli e cavalieri, titani, eroi e divinità: tutti si scagliarono contro l’uomo, chi con gli zoccoli e chi con le spade. Lo malmenarono fino a farlo cadere ed infine venne fulminato dalla statua di Giove e sepolto con dei pesanti massi da titani.

Compiuto quello scempio, vendicata la fanciulla di porcellana ed ucciso il malcapitato, le statue tornarono al loro posto, tornando ad essere inanimate.

Il Fantasma di Porcellana

Non sappiamo chi o cosa fosse questo fantasma di porcellana, dalla pelle candida ed il sorriso incantevole; l’unica cosa cera è che, se doveste ritrovarvi per caso a Capodimonte di notte e vedeste un’ombra bianca venirvi incontro, non vi conviene parlarle né avvicinarvi: se le faceste del male, potreste risvegliare le terribili statue…

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“Joda Beach Party” all’Augusteo: Un party estivo arriva a teatro in pieno inverno

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“Jody Beach Party” di Lello Marangio e Peppe Iodice al Teatro Augusteo di Napoli in scena il 23 e il 24 gennaio. Uno spettacolo che porterà a teatro un party estivo, anche se è pieno inverno!

(COMUNICATO STAMPA)

Al teatro Augusteo di Napoli, giovedì 23 e venerdì 24 gennaio alle ore 21:00, Peppe Iodice sarà in scena con lo spettacolo “Jody Beach Party”, di Lello Marangio e Peppe Iodice, prodotto da Claudio Malfi, con la regia di Francesco Mastandrea.

Una festa per ogni giorno di spettacolo:

“La musica, la playa, l’inverno, la notte, la festa, caro Lorenzo Jovanotti è facile fare il party sulla spiaggia in estate, il difficile è fare un party estivo in teatro in inverno”

Ma Peppe Iodice lo sta organizzando e si preannuncia lo spettacolo teatrale meno spettacolo teatrale degli ultimi anni. Fino a ora Gino Paoli era riuscito a far entrare “Il cielo in una stanza”, Peppe farà entrare la spiaggia nel teatro e il clima sarà ‘caliente’ anche in pieno inverno.

“Cosa importa se sognavi Puertorico o San Felice al Circeo, se restiamo insieme sembra un paradiso anche il teatro Augusteo”

E intorno gente che balla con la musica di Decibel Bellini e con i protagonisti in carne e ossa delle migliori estati della nostra vita: i Los Locos. Sul bagnasciuga gli amici di Peppe e coloro che quella sera coroneranno il proprio ‘sogno d’amore’, celebrando le nozze officiate da Peppe Iodice sul palcoscenico del teatro, ma questa è un’altra storia, che scoprirete solo venendo…

Nota del regista Francesco Mastandrea

L’idea di una collaborazione tra me e Peppe Iodice per dirigere il Jody Beach Party è nata in un luogo altamente professionale e di grande caratura teatrale: una festa di compleanno di Peppe all’interno di un villaggio turistico, dove eravamo in vacanza. Complice il clima festoso e qualche bicchiere in più, dopo 30 minuti eravamo in piedi sulle sedie a cantare e ballare i successi di Los Locos, che guarda caso sono coinvolti anche in questa follia! Quello che cercheremo di fare in questo spettacolo è ricostruire esattamente quel clima di festa: conviviale, divertente, irriverente. Per dirigere un artista imprevedibile come Peppe Iodice, a mio parere, non bisogna preoccuparsi di un taglio registico per delineare la sua recitazione, bisogna piuttosto costruire una macchina intorno al suo estro, capace di innescarlo quante più volte possibile, e generare quella dote innata che neanche lui riesce a controllare completamente e che lo rende un artista strepitoso.

Per fortuna non sono solo in questa pazzia, a darmi una mano nel contenimento di questo vulcano c’è Lello Marangio, co-autore preziosissimo di questo, come di tutti gli altri spettacoli di Iodice, e unica persona che riesca a mettere un minimo di ordine in quel caos totale che è il talento di Peppe. Che Jody Beach Party sia, e che Lorenzo Jovanotti ci perdoni!

Prezzi: platea € 30,00 – galleria € 20,00

Informazioni sono disponibili al sito del teatro Augusteo o telefonando al botteghino: 081414243 – 405660, dal lunedì al sabato tra le ore 10:30 e le 19:30. La domenica dalle ore 10:30 alle 13:30.

Ufficio stampa e comunicazione

Per la produzione: Francesca Scognamiglio

Per il teatro Augusteo: Marco Calafiore 3926075948

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“La resa dei conti” in scena al Piccolo Bellini

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“La resa dei conti”, in scena al Piccolo Bellini dal 21 al 26 gennaio di Michele Santeramo con Daniele Russo e Andrea Di Casa.

(COMUNICATO STAMPA)

Piccolo Bellini
dal 21 al 26 gennaio

LA RESA DEI CONTI

di Michele Santeramo

con Daniele Russo e Andrea Di Casa

scene e costumi Lino Fiorito
luci Cesare Accetta

regia Peppino Mazzotta

coproduzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini – Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia

Peppino Mazzotta cura la regia de La resa dei conti atto unico di Michele Santeramo. La pièce tocca questioni universali: di che pasta sono fatti gli uomini? Possono avere fiducia gli uni negli altri? Interrogativi senza risposta e senza tempo, nel dialogo tra due uomini sulla propria condizione, alla ricerca di una possibilità altra, un’occasione di salvezza. Entrambi sono in cerca di una forma di fede, che renda possibile credere che l’uomo può guarire l’uomo.

Michele Santeramo spiega a proposito del testo:

«Ci devono essere momenti in cui quel che si è fatto non deve bastare a raccontare quel che si è diventati. Normalmente, il mondo nel quale viviamo, quello fatto di relazioni reali e virtuali, non ammette cambiamenti (…) Dovremmo poterci prendere tutti una rivincita sul passato, su quel che siamo stati, inventarci un personaggio, crederci prima noi e poi aspettare che qualcuno ci creda insieme a noi. Cambiare la vita se la vita non funziona. Per evitare che diventi una condanna».

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Anm annuncia la riapertura della tratta metro Garibaldi-Colli Aminei

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Sono trascorsi tre giorni dall’incidente in metro a Piscinola. L’Anm (Azienda napoletana mobilità) ha giudicato sostenibile la tratta con 7 treni con una frequenza in ogni stazione di 12 minuti in media. Sarà perciò ripristinato il servizio della metro da Colli Aminei fino a Garibaldi, a partire da domani.

L’Azienda sta lavorando al momento per rimettere in circolazione due ulteriori convogli, per raggiungere lo stesso numero di mezzi in circolazione di prima. Il trasporto su bus fra Piscinola, Chiaiano, Frullone, Colli Aminei e viceversa (le tratte al momento non servite dalla metropolitana) sarà gratuito per i passeggeri.

Oggi l’Anm ha diramato, infatti, una circolare interna che dichiara la possibilità di usare un unico biglietto per prendere i bus di interscambio nella zona di Piscinola e utilizzarlo anche per entrare nella Linea 1 a Colli Aminei, a partire da domani.

Per la straordinaria attività e presenza messa in campo subito dopo l’incidente sulla linea 1, che continua senza indugio tutt’ora e che consente all’azienda di affrontare al meglio una fase difficile e alla città di apprezzare l’impegno dei lavoratori – si legge in una nota dell’azienda – L’Anm ringrazia tutti i dipendenti: autisti, macchinisti, manutentori, personale di stazione, verificatori, personale della sala operativa, addetti alle relazioni con il pubblico, dirigenti“.

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Oscurati 15 siti pirati che trasmettevano partite di Serie A

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La Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma ha disposto il sequestro preventivo, mediante oscuramento, di 15 siti web che offrivano e consentivano illegalmente la visione, a pagamento, degli eventi sportivi relativi, principalmente, al campionato di calcio di Serie A ad un numero indeterminato di utenti finali.

Tale provvedimento è stato richiesto dalla Procura della Repubblica, molto attenta al contrasto di questo nuovo fenomeno che alimenta circuiti economici illeciti in violazione delle norme che tutelano il diritto d’autore, sulla base degli accertamenti svolti dal Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di Finanza e che hanno preso spunto da una denuncia/querela presentata dalla Lega Nazionale Professionisti di Serie A, contitolare, unitamente alle singole squadre organizzatrici delle partite di calcio, dei diritti audiovisivi relativi a tutti gli eventi disputati nelle competizioni di cui la stessa è organizzatrice (campionato di Serie A Tim, Coppa Italia, Supercoppa e competizioni Primavera).

Le indagini in corso hanno come scopo principale, oltre che l’individuazione dei fornitori di questi servizi illegali, quello di individuare i fruitori di tali servizi i quali, tramite la sottoscrizione di abbonamenti illeciti, non solo usufruiscono illegalmente della visione di eventi sportivi e palinsesti televisivi “Pay-per-view”, ma finiscono per alimentare il circuito criminale. A questo proposito, infatti, non sono da sottovalutare le responsabilità dei predetti fruitori nei confronti dei quali il Nucleo Speciale ha provveduto in attività analoghe a contestare le relative violazioni di natura penale, in particolare riferibili alla normativa che tutela il diritto d’autore.

 

 

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